Terza Generazione - anno I - n. 1 - ottobre 1953

scuno rappresenti a un tempo la pienezza dell'agire personale e la c?ndizion~ della pienezza dell'agire cli ogni altro: 11 « c~– munismo ». La dottrina che ha posto 11 problema della realiz~azione . ~ell'ideale operaio, cioè il marx1s1no-len1n1smo, ha aperta1nente distinto tra l'o~g~tto d:11~ speranza, il comunismo, e gli 1mmed1a~1 n1etodi e obietti\·i d'azione del mov1- 1nento proletario, che si riferiscono all'in– staurazione del socialismo: non la società senza classi 1na la dittatura del proleta– riato, non l'abolizione dello Stato come apparato di forza ma la conquista del po– tere. E' solo dalla graduale mutazione delle condizioni materiali che nascerà una un1anità capace di muoversi secondo l'i- .<leale umano. Sicchè nel marxismo-lenini– sn10 finisce per esserci (e contro le sue stesse intenzioni) la teorizzazione più esplicita e rigorosa della frattura tra idea– le e possibile, tra ide~le e n1etodo di azione. Dobbiamo ora esaminare più attenta– mente quale sia la struttura generale del- 1 'attuale modo dell'agire umano. Prece– dentemente, abbiamo affermato che esso consiste nel considerare l'altro uomo come una cosa e il rapporto tra il soggetto e gli altri come un rapporto uomo-cose. Sicchè il rapporto tra uomo e uomo sa– rebbe analogo a q~ello di dominio che caratterizza appunto il rapporto tra uo1no e cose, con un'integrale subordinazione della cosa all'uomo. Affermazione grave, la cui verità si può peraltro sostenere, considerando che un uo1no domina gli altri ogni qualvolta si comporta come se proponesse semplice– mente la sua azione come un n1odello a cui gli altri uomini non hanno che da conformarsi. Potremo chiamare questo n1odo di agi– re comportamento di autosufficienza indi– viduale o, più semplicemente, individua– listico. Tonostante le affermazioni ,astrat– te e le ( sortazioni morali antiindivi<luali– stiche, il comportamento di autosufficien– za individuale è sostanzialmente l'unico modo di agire di cui l'umanità 1noderna dispone. Non rappresentano un supera,nento nè il fatto che oggi esistano cc organizzazio– ni di massa » nè che si parli di « civiltà di massa ». La « massa >> non è altro che una giustapposizione di individui, tenuti insi~me dalla comune volontà <li confor– mare m3terialmente la loro operazione a dei contenuti operativi generali co1nuni. T_,amassa· è sen1plicen1ente l'oggetto del rapporto di dominio. Milioni di uomini §ibliotecaGino Bia-nco sono così esclusi dalla pienezza dell'agire, cioè dall' «invenzione» della loro azione, dalla pienezza insostituibile cli umanità dell'azione autenticamente personale. Essi rirnangono quindi costituzionalmente se– parati da se stessi, tra un mondo di de– sideri, Ji tensioni di vita, che non si esprin1e in azioni, e delle operazioni che sono nate dall'umantà di altri anni, di secoli prima, e che sono ormai solo sche– n1a astratto, privo di vera aderenza alla realtà umana. Perchè è stato possibile questo? A nostro avviso la ragione di fondo è la s_guente: ogni qualvolta si pone in– nanzi agli uon1ini il problema di un'azio– ne nuova, gli uomini hanno bisogno di dirigenti, cioè di persone capaci di solleci– tare e guidare la ricerca· e l'iniziativa co– m une. Se questi non sanno dirigere il lavoro inventivo di tutti e di ciascuno, se non sanno sollecitare ciò che di unico e di indeterminabile vi è in ogni uomo, non potranno che proporre degli schemi gene– rici di contenuti operat,ivi, suscettibili sol– tanto, da parte degli altri, di mera con– forn1azione ed esecuzione materiale. Si avrà così la falsificazione del rapporto di dirigenza e la sua sostituzione con un rapporto di dominio: è grazie a tale so– stituzione che ogni iniziativa dirigente, e ogni progresso sociale a questa necessaria– n1ente correlativo, hanno sistematicamente determinato una ~ostanziale depressione delle effettive possibilità degli altri sog- .gett1. A tale rapporto si ricollega il carattere necessaria1nente utopistico della moderna dirigenza dell'un1anità e la sua conseguen– te incapacità a dirigere effettivamente la storia. Posto infatti il modello individualisti– co, il dirigente, massimamente quello di· tipo più creativo e sintetico, è indotto a ritenersi capace di fare uscire dal suo cer– vello, con1e Minerva armata, il piano di aziohe dell'umanità intera e può illudersi così di aver esaurito in sè, per -un t(:mpo indeterminato l'autocoscienza storica del– l'umanità. Ed è possibile, come di fatto è accaduto, che, per la ricchezza di verità e novità incluse come contenvti nell'in– tuizione dell'utopista, altri uomini ne ac– cetti no, per accettarne la verità, l'erronea pretesa di possedere la totalità della ve– rità. In questo caso, il «consenso» non significa che l'utopista abbia veran1 ~ nte diretto l'azione degli altri uomini: essere « accettati » non è la stessa cosa che « es– sere dirigenti ». La tensione della vita de– gli uomini, la crescita di umanità della storia, si attuano al di sopra del falso rap– porto di dirigenza e lo travolgono, usando magari delle medesime parole per espri– mere realtà nuove, per marciare su stra de diverse. · Qual'è l'insufficienza teoretica e la ra- ,, dice dell'errore implicito nel modell-o del- l'autosufficienza individuale? Tale errore può essere così indicato, in base alle in– dicazioni precedenti: ritenere che una persona possa racchiudere in sè la pienez– za dell'umanità in un qualsiasi determi– nato momento storico e che gli altri non abbiano altra funzione che quella di uni– forn1arsi come copie alla persona modello. L'individualismo è teoreticamente il co– rollario di ogni concezione dell'uomo che intenda l'animalità come « il genere» a çui I 'uomo appartiene, qualunque sia la • diff:.,renza specifica che all'uomo venga at- tr ~buita. Il ridurre la massima parte de– gli uomini a copie e strumenti di altri è neces~ariamente conseguente al fatto di intendere il rapporto tra umanità e per– sona n~i medesimi termini in cui pone, in tutta la natura infnlumana, quella delle scienze naturali, il rapporto specie-indivi- d uo. Infatti, l'individuo infraumano non ha altro essere che quello della specie a cui appartiene e di cui rappresenta sol– tanto una determinazione quantitativa: ogni individuo quindi è sostanzialmente fungibile di qualunque altro. Se si ac– cetta la possibilità di una concezione del– la persona con1e copia, si accetta necessa– rian1ente la tesi che la persona umana non abbia di per sè un valore originario. e quindi unico e insostituibile per tutta la umanità, n1a che lo riceva· solo da un fat– to non inerente al suo essere persona, per esen1pio il fatto della « genialità ». Non re– sta, dunque, in tal caso, altro che soste– nere che la persona non rappresenta di per sè che una determinazione quantita– tiva della specie umana. Non vogliamo in questa sede condurre lcl ricerc~ fino a mettere in discussione la definizione dçl concetto di uomo: ci basta far notare come il superamento del- 1 'individualismo ponga, su un piano teo– retico, il problema di una nuova defini– zione dell'uomo tale da poter fondare il rapporto persona-umanità. Non è necessario, però, giungere sino a questo punto per poter rilevare la totale· arbitrarietà dell'individualismo, una vol– ta che sia stata esplicitata la teoria che esso presuppone. La tesi di un rapporto uomo-modello, uomo-copia è apertamen– te contraddittoria alla coscienza che l 'u-

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=