Terza Generazione - anno I - n. 1 - ottobre 1953

la polemica l'intellettuale rimane un iso– lato. La protesta individuale è ancora nel– la crisi, perchè individuale e perchè pro– testa. Che fare di fronte a tutto questo? Rinnovare, anzi, ritrovare la cultura. D'accordo. E' sentita ormai, in particolar'e, la necessità tli strumenti che diano la pos– sibilità tli interpretare la società nazionale in cui viviamo., di stutli che permettano di rivedere le posizioni dei maestri alla luce delle nuove esigenze del paese, tli formule cEe « sensibilizzino alla cultura> il mag– gior numero possibile di giovani. E' necessario però procedere con ordine, abbandonando l'illusione di avere già in noi i termini risolutivi di tutti questi pro– blemi. Oggi ci troviamo di fronte a giovani che per fattori ambientali e per l'inesistenza tli una rete organizzativa sono, nella migliore delle ipotesi, costretti a mediare tra la cul– tura accademica e la realtà del loro p11ese. In termini concreti esiste una generazione che non può essere un « momento > della espansione della società nazionale, se non prende coscienza della propria ricchezza in– teriore e della propria missione storica ini– ziando un'opera di qualificazione il cui pri– mo momento è dato dalla scoperta e dalla messa a disposizione di tutte le possibilità umane. E' chiaro che sotto questo aspetto, costituendo l'isolato un tlisponibile e solo potenzialmente un produttore, è necessa– ria per mi-gliorare l'economia degli sforzi, una tensione comune tli tutti coloro che, giunti a coscienza delle necessità del mo– mento, vogliono dare un contenuto positi– vo a questa loro scoperta. Ciò ha un signi– ficato non solo in termini tli constatazio– ne (abbiamo visto le conseguenze dell'iso– lamento provinciale) ma anche prendendo coscienza delle necessità nel mondo moder– no: oggi non è più possibile far progredi– re la società limitandosi ad operare sul pia– no individuale. Esistono dei condizionamen– ti nuovi per cui le energie dei singoli pos– sono valorizzarsi soltanto se legate fra lo– ro. L'azione degli uomini di cultura deve dimostrare che le persone normali, sapien– temente organizzate, hanno la capacità di risolvere da sole i loro problemi. Se tutto quello che siamo venuti espo– nendo, sia pure in modo confuso e im– preciso, è vero, balza evidente qual è la necessità del momento: dare la possibilità a tutti colo1·0 che hanno le stesse esigenze, che sentono gli stessi problemi, di incon– trarsi, al di fuori delle cristallizzazioni esi– stenti, sì che si possa avere uno 'scambio di idee e di esperienze nel modo più aperto e completo possibile. Il fati.o della conoscenza, eliminando lo scoramento dell' « isolato >, accrescerà le speranze, e, in un momento successivo, le potenzialità di lavoro. L'organizzazione poi, assicurando il dialogo darà la possibilità di. sistema1·e in un quadro organico gli inte– ressi individuali variamente localizzati. Un foglio scritto serve già a qualcos11: proponendo ai giovani una problematica reale, impostando tutte le questioni secon– do una certa linea, permette di emulsiona– re i migliori, mettendoli in condizioni di disponibilità. Non basta però ritrovarsi: per svolgere opera di costruzione bisogna fare di più. Un organismo che coordini la ricerca, che solleciti delle ipotesi di lavoro, che comu– nichi i risultati, che impegni, in una paro– la, i giovani secondo criteri comuni ma aperti è forse quel che ci vuole per ini– ziare concretamente un'attività di, stud,io. Nella lettera d,i Scassellati, pubblicata nella «Presentazione» di Terza Genera– zione, ci sono già delle ipotesi concrete di lavoro, altri pit't avveduto di me e con dif– ferenti interessi di studio ne avrà trovate in punti diversi della discussione: quel che importa ormai è mettersi sotto per offrire a tutti coloro che si riconoscono in ciò che avete scritto un modello d'azione. Storica– mente, nel settembre 1953, mi sembra che questo sia un atto dovuto. AGOSTINO PACI Speriamo che non siano sfuggiti al lettore attento i temi so– stanziali e le proposte che nascono dall'esperienza esposta in queste due lettere. Non ci troviamo di fronte nè alla « solita musica» nazio– nalistica, nè di fronte alla scoraggiata « lagna » dell 'intellettua– le di provincia. (Forse il linguaggio può in qualche punto trarre in inganno, ma bisogna cercare di capire e di leggere in un discorso che è agli inizi, se occorre, anche oltre le pa– role. E' una cosa difficile e qualcuno penserà pericolosà, ma anche questo fa parte dei rischi dell'impresa comune. Ciascuno di noi « si arrangia» come può e con quello che può: l'im– portante è che la serietà dell'impegno sia via via confermata nei fatti con il migliorare del rigore e dell'efficacia degli scritti pubblicati). cerità della propria tensione spirituale. Per questo essi sono sog– getti oggi all'incomprensione e alla reazione di tutti coloro che dall'insufficienza passata dell'azione nazionale, sul piano politico e non politico, sono stati finora in vario modo feriti. Purchè si vinca la sfiducia, si faccia il primo passo di dispo– nibilità e si offra sinceramente il frutto meditato dell'esperienza, ecco, dal « livello zero», emergere questioni assolutamente vi– tali e centrali. Come quella del giovane « nazionale » che pone la richiesta di una nuova coscienza della nazione italiana, adeguata alla vocazione della realtà umana ·totale del nostro popolo, perchè si abbia un criterio di future azioni nazionali sul piano interno ---- per garantire la sostanziale e sistematica unità di tutto il popolo - e su quello esterno - per stabilire rapporti d'int~– grazione e non solo di scambio con gli altri popoli. L'importanza anche immediata di questa ricerca risulta tanto più evidente se si pensa ai moltissimi che, pur possedendo un vivo senso della nazione, non hanno mai peraltro trovato la possibilità di esprimersi in termini culturalmente validi e ri– gorosi. Costretti a manifestarsi con esplosione di sentimento e furor attivistico, non sono mai riusc1t1 a impostare un'azione omogenea alla profondità delle proprie intuizioni e alla sin- 101otecaGino 1anco Nell'altra lettera il giovane «provinciale» dall'insufficienza del suo ambiente - borghese e proletario: la lettera viene da un capoluogo altamente industrializzato dell'Italia centrale e non da un borgo semifeudale - ha con grande energia e ma– turità ricavato la necessità di un'« organizzazione della cultu– ra» adeguata alla situazione, alle forze e alle capacità dei gio– vani, per concretare l'autoeducazione di coloro che aspirano a essere in futuro degli intellettuali. E giustamente Paci sottolinea l'urgenza di un collegamento tra la ricerca e i problemi nazionali nuovamente definiti e successivamente la necessità di un'organizzazione che sia di ricerca e non di consumo. Perchè il vero problema dello svi~ luppo della cultura nazionale oggi è quello di produrre cul– tura, e non solo di diffondere illuministicamente l'acquisito tra le masse. Ora, il problema di questa produzione deve diven– tare il problema collettivo dei giovani intellettuali: più eh~ n1ai infatti occorrono nuove tesi, occorre riaffrontare « grosse questioni» e non problemi particolari e sezionistici. E per questo occorrono nuove ipotesi che nascano da un effettivo con– tatto tra i giovani ricercatori e la realtà umana del nostro paese. Entran1bi i problemi posti da Incisa e da Paci « Terza Ge– nerazione » li fa suoi, per impegnarsi a risolverli, con la cer– tezza di poter avere l'aiuto della riflessione, oltre che della sua redazione... oggi 1n formazione, soprattutto dei moltissimi altri delle cui capacità, forse insostituibili, tutti noi abbiamo desiderio e necessità. · E non solo su questi problen1i. 35

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