La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 8 - ottobre 1995

Questa metodologia democratica e partecipativa ci ha permesso di intervenire tempestivamente e correggere o prevenirrre ulteriori problemi. Non solo: seguendo anche la metodologia della formazione in situazione e la creazione di setting formativi in situazione reale, i partecipanti hanno potuto sviluppare: prima di tutto la stima di sé anche doro esperienze che ne avevano minato le basi; i lavoro di gruppo difficile per chi è stato da sempre imbevuto da una cultura meridionale individualista e poco cooperativista; l'autonomia e la responsabilizzaz10ne di compiti divisi e specifici; l'acquisizione di abilità specifiche sia sul versante della progettazione che su quello della realizzazione. Dobbiamo dire, con tutta onestà, che tutto questo era nelle nostre speranze fin dall'inizio, ma, inolto sinceramente, siamo rimasti per primi stupiti dai lusinghieri risultati raggiunti. In altri termini, la formazione al lavoro e alla imprenditività (non all'imprenditorialità) ha da una parte strumentalmente puntato alla rivitalizzazione di aree abbandonate o degradate; dall'altra ha assicqrato l'alta visibilità sociale dello sforzo individuale e collettivo e la dimostrazione che i fondi comunitari possono avere un uso immediatamente produttivo e visibile, cosa decisamente poco riscontrata in passato. Un esempio concreto di questa visibilità è oggi il Parco giochi Lilliput frequentato non solo dalla gente del quartiere ma da tutta la popolazione, essendo l'unico in città attrezzato in modo adeguato alle diverse esigenze e, soprattutto, animato e custodito da un gruppo stabile di persone. · A distanza di circa sei mesi dall'apertura il Parco giochi Lilliput mostra una vitalità davvero sorprendente, non solo per la presenza costante di tanti bambini, ma anche come spazio vitale di incontro tra giovani, adulti, anziani. Constatiamo quotidianamente come uno dei quartieri finora rimasti ai margini della vita cittadina oggi sia diventato un crocevia significativo per le fami~lie che lo frequentano e che hanno la possibilità di scambiare esperienze, pratiche, culture anche molto diverse tra loro. Alcuni di questi adulti ci chiedono continuamente di progettare e realizzare almeno altri due parchi attrezzati in altre zone della città o di fare pressione affinché l'amministrazione comunale faccia tesoro di questa esperienza e rilanci una politica della "convivialità". Noi ammicchiamo, sorridiamo soddisfatti, ma li incititamo a essere anche loro rrotagonisti da veri cittadini che riscoprono i ,piaceredi ritrovarsi con altri in ~p_azie. luoghi sereni e soprattutto non cementificati. Ma questo non è che uno degli "effetti cascata" del corso Lilliput; un altro altrettanto importante riguarda nello specifico prof rio i ragazzi stessi: alcuni di loro alla fine de percorso formativo hanno trovato un'occupazione proprio tra gli artigiano-docenti che avevano avuto modo di seguirli; altri si sono coinvolti nella gestione del parco e un gruppo sta perfino "tramando" su un'idea di impresa da costruire passo passo facendo fruttare il patrimonio acquisito durante l'avventura Lilliput. Sinceramente e con orgoglio non crediamo che sia poco, al di là della riuscita futura, aver contribuito a formare dei giovani meridionali all'idea imprenditiva e non fatalista della loro vita e soprattutto averlo fatto con giovani non garantiti anziché con chi ha la possibilità di acSUOLEDI VENTO c.,edereai master della Bocconi. Tutto questo e anche altro è diventato per noi motivo di profonda riflessione e di studio, ecco perché stiamo allestendo una guida di indirizzi utili per giovani disoccupati in Calabria e un rapporto di valutazione dell'intera esperienza che intende approfondire e raccogliere i risultati di questo percorso, affinché possa diventare non solo riproducibile, ma anche spunto, a fianco di altre esperienze vitali e similari, di un dibattito _piùapprofondito intorno al tema delle fasce deboli. Eppure essere giovane e vivere nel Mezzogiorno è una condizione a rischio.di esclusione. Non si vuole dire che l'esclusione è meccanica, ma che nelle periferie delle città meridionali la condizione di inoccupazione può essere preludio a circuiti di povertà ed emarginazione maggiori rispetto ad altre aree del paese. Crisi dello stato sociale, riduzione dei finanziamenti pubblici, disoccupazione di massa, sono ingredienti di un problema "maligno". Nel dibattito corrente alcuni stuaiosi ricordano come alle basi del Welfare State ci fosse l'idea della spesa sociale come investimento e che successivamente questa matrice originaria si sia appannata a vantaggio di un approccio più assistenziale/ consumeristico. Negli ultimi anni si sono affermate in Italia e in Europa esperienze e saperi che hanno provato a invertire questa tendenza. Basti ricordare le imprese sociali come tentativo di trasformare la spesa sociale da consumo di risorse in investimento. Chi scrive ritiene che questi saperi e queste pratiche possano dare un contributo al dibattito co.rrente. Possono, cioè, parlare della disoccupazione da uno dei tanti margini e soprattutto possano coniugare in maniera più compiuta il significato di lavoro socialmente utile. Il problema rimane nella marginalità di questi saperi, quasi che occuparsi di soggetti e aree ai margini della società, assegni la patente di "marginalità" a quanto di sperimentazione sociale e di sapere nasce e si sviluppa. L'esperienza che qui è stata presentata ha consentito a chi vi ha preso parte di interloquire, con pari dignità, nel dibattito locale con saperi politici ed economici. Quello che si è appreso è che le esperienze ai margini se non risolvono la loro contraddittorietà, difficilmentte riescono a interloquire con il dibattito e questo è un limite per chi queste innovazioni produce e per il dibattito stesso. Quello che questa esperienza ci dice è che può essere possibile risolvere questa contraddittorietà uscendo da una pratica e una riflessione episodica e collegando esperienze e risorse, che pur crediamo fermamente esistere all'interno della nostra società, anche in Calabria. ♦

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