La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 1 - febbraio 1995

modo migliore per allargare la base, l'unico contatto con l'esterno finisce per essere l'assemblea per decidere se occupare o disoccupare ". Sulle assemblee, sulle forme di lotta e, in generale, sulla gestione del movimento si fronteggiano, in ogni facoltà, due schieramenti contrapposti; ogni tanto si scontrano ma più spesso si ignorano e agiscono su piani differenti. Da una parte i politici, che gestiscono {e assemblee e tengono i rapporti con l'esterno, cioè stampa, tv e interlocutori istituzionali; dall'altra una folla molto varia, dagli intellettuali marxisti in erba ai musici ambulanti, a tanti altri che approfittano dell'occupazione per costruire qualcosa. Gigi è uno di questi, lo incontriamo nella presidenza occupata di Geologia che ha appena finito di litigare sulle parole da mettere in uno striscione: "Io ho comprato un mare di colori - dice - e proponevo di colorare tutti insieme lo striscione e di trovare una frase nuova che desse l'idea della trasformazione. Loro volevano chef osse subito chiaro il no al decreto e quindi insistevano per una delle solite parole d'ordine". Gigi ci prova, cerca le parole, sperimenta, sa che c'è bisogno di fantasia e di leggerezza, ma non ostenta le certezze dei "politici". "Le forme classiche della lotta - continua - ormai mi stanno strette, in molti sentiamo la necessità di nuovi metodi e linguaggi, però non mi sento di dire che abbiamo trovato le forme alternative. Posso dirti che ci stiamo pensando, questo di sicuro, e momenti come questo sono utilissimi per fare esperimenti". Giovanni, terzo anno di Filosofia, ha lo stesso sguardo di chi non si prende troppo sul serio ma è abituato a ragionare su quello che lo circonda: "L'occupazione.- dice - sta andando bene, sono state fatte delle buone iniziative. Purtroppo ci sono tante cose che si ripetono: non si vogliono sentire le parole manovalanza e verticis!'Yloeppure esistono. I opoi non sopporto quel gruppo di logorroici che si esprime solo attraverso le assemblee, l'unico momento in cui, secondo loro, si fa politica. Per me, invece, si lotta vivendo insieme, cercando di aiutare la gente a capire e questo non si fa solo in U1'!._'assemblea. Bisogna riuscire a fare iniziative anche in modo scherzoso, non sempre in modo serioso, duro; i tempi delle mitraglie sono finiti, perché dobbiamo farci il sangue amaro? Ad esempio, è molto positivo che durante le mani- ! estazioni si faccia musica. I o mi diletto con le percussioni e la chitarra, in questo periodo sto imparando a suonare il sassofono. Mi piace tutta la musica ma adoro Paco de Lucia e David Byrne". Anche Carmine, capelli lunghi e pizzetto, fuoricorso di Architettura, suona e ascolta molta musica."Di tutto - dice - dal rock al reggae, alle posse ". E anche lui ha le idee chiare sul movimento. "La cosa migliore sarebbe stata bloccare tutta l'attività didattica, esami compresi. Ad Architettura ci sono dodicimila iscritti, ma le persone coinvolte nell'occupazione non arrivano a duecento. Molti restano a casa a studiare e quando vengono è più per le feste cheper le assemblee. Quello che manca è la socializzazione. I ragazzi invece di parlare passano le ore giocando al computer e l'unico contatto resta l'assemblea. Per coinvolgere più gente abbiamo pensato al cineforum e, con il ricavato delle feste, stiamo preparando una camera oscura autogestita, una struttura fondamentale per la facoltà di Architettura, che da noi non c'è mai stata". Accanto a Carmine è BibliotecaGinoBianco seduto Matteo. "Bisogna scendere in piazza - dice - non chiudersi dentro quattro mura afare gli stalinisti. Ci vogliono anche le assemblee, certo, ma vi si devono discutere anche punti non politici, la costruzione di iniziative interne e esterne. Le feste sifermano in superficie, vanno bene soloperché ci consentono buone entrate da investire in una serie di progetti stabili, concreti". In fondo è la stessa insofferenza di Sergio, secondo anno di Lettere, per un movimento solo politico, che "si esaurisce in una sequenza di azioni ad effetto per stampa e tv, nella ricerca della visibilità a tutti i costi per portare avanti i punti politici, le vertenze. Da noi - continua Sergio - a un certopunto è stata istituita anche una commissione "notiziabile ", che doveva occuparsiproprio di questo. D'altra parte però se non ci preoccupassimo della nostra visibilità saremmo disarmati: i nostri interlocutori potrebbero tranquillamente ignorarci e per quelli che ci circondano, già disinformati sul nostro conto, non esisteremmo per nulla. Così perdiamo un sacco di tempo per i rapporti con stampa e tv, che poi nel migliore dei casi ci ripagano con una informazione pigra e sciatta e nel peggiore ci ridicolizzano, come è avvenuto quando all'Università è sbarcato Chiambretti con tutto il suo baraccone. In qu,ei giorni l'infbrmazione-spettacolo, · o meglio, lo spet_ta~~loal post~ dell'informazione_ ha_preso_ definitivamente il sopravvento. Sui giornali Chiambretti è diventato il mediatore tra il movimento e il mondo esterno; ha fatto passare un incontro di calcetto tra studenti e poliziotti come la partita della pace e tutti quelli che per mesi ci avevano ignorato si sono precipitati a riprendere l'evento, sono arrivate persino le telecamere di Canale 5 ". Andrea invece è uno dei "politici". "Il movimento - dice - nasce dall'esigenza di confrontarsi con tutto il resto per trasfarmarlo, per modificarlo. E per fare questo esprime delle idee. E un momento altissimo di produzione di idee all'interno della nostra vita civile. La grande maggioranza delle persone che sono qui ti avrà risposto che loro hanno fatto attività politica solo in situazioni di movimento, mai al di fuori di questa realtà. Anche per me è così. Per questo bisogna dare la massima importanza a momenti come, questi che forse per molti non si ripeteranno". La domanda sulla politica l'abbiamo fatta un po' a tutti. Abbiamo immaginato questo movimento come una comunità ancora inconsapevole, che ha bisogno di mettere molte azioni in comune per diventare una cosa concreta, reale. Così la prima curiosità è quella sull'impegno politico nella vita normale, quando in giro non c'è nessun movimento. La risposta, sicuramente una semplificazione, ma comune a moltissimi, è quella che ci dà Claudio, fuoricorso di Lettere: "Faccio politica quando mi alzo la mattina, quando leggo il g_i~rnale,qu_andomi facci~ la_b~;ba, faccio politicaperche campo, perche vivo . ♦ ...

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