La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 1 - febbraio 1995

... possibili strade che aveva di fronte. All'inizio di ottobre, prima Lettere e Filosofia,poi Giurisprudenza e, una dietro l'altra, tutte le altre facoltà sono entrate in occupazione. Doveva essere, tra l'altro, un buon esempio anche per gli altri atenei, il segnale della mobilitazione nazionale. In realtà, dopo qualche settimana di frenetici contatti con il resto. d'Italia, il movimento napoletano si è rassegnato ad andare avanti da solo, si è immesso con le proprie parole d'ordine nel grande flusso della protesta antigovernativa, si è ingrossato con l'agitazione delfe scuole superiori e poi, ottenute anche parzia[.i vittorie, è andato a sbattere C(!ntroi manganelli e le volanti della polizia. E stato comunque il movimento più serio, concreto e combattivo nato negli ultimi mesi in Italia; ha coinvolto centinaia di studenti, che magari saranno anche una minoranza rispetto alla grande massa grigia di passaggio nell'Università napoletana, ma ne sono anche la parte più viva e consapevole, l'unica da cui potersi attendere qualcosa; ed è stato a Napoli. . ~Per cercare di capirci qualcosa si possono utilizzare due punti di vista diversi. Uno è quello di considerare il movimento come un insieme di scadenze, trattati-qe, decisioni da prendere al volo, azioni dimostrative e comunicati stampa, assemblee di gestione e interfacoltà, ristrette e allargate... Insomma, mettere in rilievo _lq, gestione politica della lotta e i suoi pochi protagonisti. Allora può interessare che a Lettere sia più forte la presenza dei centri sociali, mentre a Giurisprudenza ci stanno quelli di Rifondazione e Pds, che nella presidenza di Geologia circolano parecchi fogli anarchici o che a Chimica sono così asettici che se parli di politica al loroportavoce quasi si offende: "Cosa vuol dire politicizzati ? Vuoi sapere se siamo . di sinistra ? ". Questo è un punto di vista, ma ha il difetto di lasciarfuori tutti gli altri, quelli che hanno fatto il movimento senza mai intervenire in assemblea e quelli che alle assemblee non ci andavano neanche, quelli che suonavano e quelli che facevano il servizio d'ordine, quelli che facevano numero e quelli che ne hanno approfittato per prendersi uno spazio e costruire qualcosaal di fuori delle scadenze di lotta..Un altro punto di vista allora potrebbe essere questo: il vero movimento, quello in cui credere e su cui ragionare, è fatto da queste poche centinaia di ragazzi, fino a ieri uniti dentro le facoltit e poi di nuovo estranei, tutte le volte che torneranno a incrociarsi e a riconoscersi in una piazza del centro o sotto i portici della facoltà, in un tea-- tro dei quartieri spagnoli o all'entrata di un centro sociale in peri/ eria. Il vero rriovimento è questa comunità diffusa, senza testa, inconsa- . pevole rJiapermanente, che condivide, con molte sfumature, gusti, luo~hi, idee, '!7-araramente azioni. E l'obiettivo forse è proprio questo: cominciare a mettere in comune azioni e progetti anche quando non ci sono situazioni di emergenza, fare il movimento ogni giorno_ma senza doversi preoccupare di apparire la mattina dopo sui giornali o in tv. All'inizio di novembre, periodo di assestamento dopo le occupazioni e i cortei, ci siamo messi a girare le facoltà occupate con la videocamera in spalla. Era un modo come un altro per verificare questo punto di vista, questa possibile interpretazione. In dieci giorni abbiamo raccolto una cinquantina di interviste, cercando soprattutto le facce meno note, quelli che in BibliotecaGinoBianco assemblea non parlano ma si capisce che ci stanno pensando sopra. , Una mattina qualsiasi a Lettere occupata. E più facile ritrovarsi a parlare con quelli delle altre facoltà occupate che con quelli del posto. Gli occupanti di Lettere salgono alla spicciolata verso l'aula magna al primo piano, dove si tiene la prima assemblea della giornata. Sotto i portici restano quelli venuti da fuori a vedere che aria tira, a scambiare informazioni o semplicemente a leggere un libro all'aperto. Sergio si iscriverà quest'anno a Chimica. "Occupiamo dodici ore al giorno - dice - non dormiamo in facoltà, rr,tastiamo lavorando bene lo stesso. L'iniziativa migliore è stata Chimica porte aper.te:per un 'intera mattinata abbiamo aperto al pubblico i laboratori della facoltà; quelli dei primi anni facevano da guida, i laur~andi illustravano le attrezzature ai visitatori. E stato an.r;heun modo per reagire all'indifferenza che ci circonda. Ho visto molta gente povera di idee, spenta. Sia i ragazzi che gli adulti, passano davanti al portone della facoltà e quasi nessuno si ferma a chiederci che cosa.sta accadendo". Concetta deve iscriversi al secondo anno di Psicologia, che ha sede a S. Maria Cq,puaVetere, in provincia ~diCaserta. "Passomolto tempo a Lettere - dice rigirando tra le mani un ciondolo con i colori della bandiera giamaicana - perché a S, Mçir.i.asiamo in pochi. I ragazzi non si renddno conto che vengono prese decisioni che li riguardano, le subiscono passivamente. Preferisconofare un sacrificio,pa~ano e tirano avanti. E poi Psicologia è una facoltà quasi inesistente: non abbiamo una sede vera e propria, né una biblioteca o un 'aula dove riunirci. Diciamo pure che alla mancanza di spazi, non solo dentro l'Università, ormai ci siamo abituati e da un po' di tempo ci stiamo organizzando. Io, per esempio, quando c'è qualche iniziativa interessante vado ad Officina 99 o al Tien a ment; i cer_itrisociali sono l'unico, forse l'ultimo posto dove puoi esprimerti, comunica_- re, fare ciò che ti pare, andare a un concerto o fare politica con gli altri". Mario abita in provincia, a Portici, ma studia Architettura e passà gran parte d~l suo tempo in città. "I centri sociali - dice ::-li f~equento più da turista che da militante. Ci vado quando c'è un concerto, una proiezione, una serata interessante. Del resto se continuano a. darti la discoteca, il pub, Ambra di Non è la· Rai e tu stai cercando qualcosa di diverso ... Non sarà la Kultura con la K maiuscola ma pet adesso va bene". Sulla necessità di allargare la partecipazione non tutti la pensano allo stessomodo. "Penso che sia inevitabile - dice Barbara, prossima alla laurea in Filosofia - che un'occupazione riguardi solo una minoranza. Molti si autoescludono per timidezza, altri per disinformazione, altri ancora sono solidali a parole ma invece di lottare rimangono a casa. Comunque non ci possiamo lamentare, ai tempi della Pantera ve-: nivano in facoltà intenzionati a picchiarci". "E un problema di comunicazione. - continua Andrea, fuoricorso di Filosofia - bisogna dividere a metà le responsabilità. Chi sta fuori ha dei serif regiudizi: venire qui dentro, per loro, vuo dire stare in mano agli autonomi; noi, d'altra parte, ancora non abbiamo trovato il modo per dialogare. I o, per esempio, dopo una settimana sono passato all'opposizione interna. Continuare l'occupazione non mi sembrava il

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