Studi Sociali - anno IV - n. 23 - 20 marzo 1933

Ma "Pardaillan", non persuaso, ha insistito con altri due articoli, uno ne Il Martello cli New York (n. 12 del 19 marzo 1932) e l'altro ne La Realta di Marsiglia (n. 2, di decembre), di cui purtroppo JVa– Jatesta non 1ioteva 1>iù occuparsi. Io cercher6 qui di esaminarne qualche argomento, che mi sembra più neceEsario ribattere nell'interesse delle nostre idee, -cioé nell'Interesse della rivoluzione liberatrice ed emancipatrire ch'é nei nostri voti, - trascuranclo più che aara pogsibile le superflue e sempre più av– velenate punzecchiature polemiche con cui 11 Parclai– lla11" si compiace condire le sue trattazioni. Egli si meraviglia e fa dell'Ironia sul fatto che per gli anarchici "questo benedetto governo eia odio– so non solo per la cosa 1n sé, ma anche come vo– cabolo". Eppure é tanto naturale! Come si la a se– parare la cosa in sé dal vocabolo che la significa/ Anarchia signilica prima di tutto "societa senza go– ,re1 no"; e anarchici sono tutti coloro che, nemici del governo, lottano contro cli esso per distruggerlo o perché non se ne ricostituisca pili. alcuno. Come .si pu6 pretendere che essi digeriscano, e magari faccian proprio, il nome del loro nemico? Sarebbe peggio del volere che i repubblicani diano il nome di "re·• al presidente della loro repubblica; o tentar di persuadere gli antifascisti sinceri a dare il nome cli "fascismo" al modmento con cui vogliono ab– battere il fascismo vero. Non si pu6 dare ad una. cosa il nome del suo contrario, senza produrre con– fusione e finire col non capirsi più; senza generare i! sospetto che, chi dice di voier la parola e non la cosa, voglia poi anche la cosa; e senza sopratutto aprire la via al pericolo che la gente, accettato un brutto nome, finisca con l'accettare o adattarsi alla cosa ancor pili brutta che gli corrisponde nel lin– guaggio stabililo e generalmente accettato. li significato delle parole, del resto, non é il !rut– to cli un èecreto governativo che una rivoluzione qualsiasi possa all'improvviso abolire. Esso si é for– mato nella sua secolare evoluzione attraverso il li– ,bero uso clel popolo: ed il vocabolario non la che registrarlo, prendendo atto man mano dei muta– menti che lentamente e spontaneamente, possiamo dire anarchicamente, il costume gli fa subire. Non tenerne .conto, per sostituirgli il proprio capriccio, ea– rebbe una stravaganza con cui ci si porrebbe delibe– ratamente fuori della vita sociale, fuori della realtà più elementare. "Pardaillan·• non arriva a tanto, poi– -ehé capovolge il signiricato d'una sola parola, e gli re~tano tutte le altre per intendersi coi suoi simili. Ma per tutte le questioni che quella parola "governo'' implica, specialmente sul terreno della rivoluzione, condannandosi a priori a non tarsi capire, si separa di ratto proprio cla quella realtà che più dovrebbe stargli a cuore. Gi8, com'egli vede, han cominciato a non capirlo i suoi compagni anarchici; figurarsi gli altri! Egli dice che in proposito non vuole pensare con la testa degli altri, ma con la sua. Ha. tutte le ragioni. Per6 qui non si tratta solo di pensare, m::t di parlarp: e bjsogna bene ch'egli parli, per esprimere il suo pensiero, specialmente su di una cosa tanto impor– tante, adoperando le parole che usano tutti. Se no, ripeto, quel che clini risultera una Torre di Babele, - ;e gli avver~ari potrebbero con una certa apparenza cli veritA scorgervi una manifestazione cli "anarchia", non nel senso giu~to e nostro di armonia e di ordine, ma in quello falso di disordine dei vecchi dizionari borghesi. " Ma, poiché "Pardaillan"' nòn vuol essere uno stra– vagante che muta a capriccio il senso delle parole, vediamo perché egli nonostante vi s'induce, che cosa ·sarebbe poi cli fatto quel mo "governo libertario" e -ehe cosa questo sarebbe destinato a rare, per lo meno nell'intenzione del proponente. 11 ..governo" di "Pardaillan.. dovrebbe sembrare governo senza esserlo di fatto, poiché "non costrin– gerà nessuno". Tutti sarebbero "liberi cli agire come credono e sperimentare i loro aisteml". Il "governo libertario" non dovrebbe "im1>icciarsi di cl6 che é pertinenza dei comitati locali". (A questo 1rnnto mi permetto due domande: clii stabilirebbe che cosa é ·di pertinenza di questi comitati, e che cosa no come .sorgerebbe e chi nominerebbe quel "governo liber– Jario"?) Ma insomma, sarebbe "Governo che non go• verna, che lascia liberi gl'individui e i gruppi di go• vernarsl da sé, Governo senza potere nelle mani, senza ~armi a sua disposizione" - le parole precise son cli ..Pardaillan", ma io le sottolineo perché sono della .massima importanza, - "che lascia piena autono– mia ai comitati locali rivoluzionari sorti in 2eno al popolo in 1·ivolta". Indubbiamente, a parte la questione di parola gia ·esaminata, - che pure, come s'é visto, ha la sua Importanza, non losse che dal punto cli vista della .serieta, - un governo che foss8 davvero come dice "Pardaillan" non sarebbe governo, sarebbe l'anar– chia. Sarebbe una 2pecie di anarchia mascherata, e perci6 ci piacerebbe poco; ma insom1na, passi pu– re! "Pardaillan" stesso per6 clice che uu tal go– verno "non conterebbe, e la gente farebbe il pro– •Prio comodo"; ma allora a che cosa servirebbe mai? o come farebbe a disimpegnare gli stessi compiti innocui od utili che "Pardaillan" gli assegna? Vediamo quali sarebbero questi compiti. "Di[en– '<lere la libertà propria e degli altri"' imponendone .a chiunque il rispetto: ecl impedire "che individui o gruppi costringano con la forza la gente a fare quello che non vuol fare' 1 in modo che "nessuno, individuo o gruppo, riesca ad es· ere governo". Ot- S'l'l"Dl SOCIALI timo fine! E· quello che si propongono tutti gli anarchici. Ma allora, pérché "Parclaillan·• se la pi– glia con la "solita vecchia opinione" di Malatesta che gli anarchici non han cla ~governare nessuno e che non si pu6 arrivare alla libert{t che per mezzo della libertà, se lui non fa che dire con altre parole le medesime cose e volerne l'applicazione pratica medesima che Malatesta (e tutti gli anarchici con lui) ha prospettato cento rnila volte. spesso con le identiche pal'Ole cli "Parclaillan", meno, naturalmente, la parola governo che c·entra come i cavoli a me– r~nda? Una parentesi: Un altro compagno, "revisioni– sta·• come "Pardaillan•· e forse prima di lui, Zavat– tero, - il quale sulla questione ... filologica del go– verno pruclenternente non ai é jH"onunciato ancora. ma nella sostanza mi pare dicesse più di Pardail– lan" - tre anni fa sosteneva che, quando il periodo rivoluzionario san'i aperto, gli anarchici non potreb– bero sottrarsi alla necessità, in via transitoria, del– l'esercizio dell'autorita per un periodo di educazio– ne anarchica, durante il quale bisognera adoperare la coi.trizione, e ci6 fino a quando esistera un ri– belle insofferente del regime anarchico (sic) sia per domarlo, sia per eliminarlo (1). A Zavattero [eci le obiezioni che 1>iù mi parvero necessarie a suo tempo: egli prospettava le funzioni caratteristiche di un governo di fatto vero e proprio dei più auto– ritari, che educl1erebbe con la forza la gente alla foggezione e non alla libera condotta anarch1ca1 e rarebbe quindi la negazione d'ogni anarchismo. "Pardaillan·· invece vuole che il suo governo non coEtringa nessuno e lasci che la gente faccia il pr~– prio comodo, meno che violare, naturalrnente, la Il– berta degli altri. Pure, ~nella parola "governo" e la comunitA in "revisionismo·· mette un filo cli con– giunzione tra i due assai evidente. E una spiega– zione suppletoria da parte di "Pardaillan" non sa– rebbe supernua, perché il problema, più importante assai del significato della parola "governo", é pro– prio questo: quale :sara l'atteggiamento degli anar– chici, 0 meglio, qual'é ratteggiamento che veramente salverA la causa della rivoluzione e farà l'mt~resee del proletariato e della liberta, qualora (com'é pre– vedibile )un governo si costituisca per la prevalen– za d'una disposizione e volontà autoritaria delle mag– gioranze; quello che sostengono gli anarchici dt re– stare all'opposizione contro qualsiasi governo. o quel– lo cli formare un governo e cli parteciparvi? Ma chiudo la parentesi, anche perché "Parda 1 llau·• ci avverte che la idea del governo apparente é t..utta sua entra nel "revisionismo,., ma non é il "ravi– sio~ismo·• di tutti. Per6 il "revisionismo" nel suo insieme é tanto poco e ha detto fin qui cosi poco, anzi nulla, fuori degli attacchi all"'anarchi•mo tra– dizionale" e fuori di questi due concetti del g-overuo -parola cli "Pardaillan·• e del governo-ifatto di Za– vattero, che non potevo non accennare anche al se• condo se non altro per domandarmi che rapporto ci pu6 essere fra l'uno e !"altro. Debbo inoltre av: vertire che Zavattero, a quanto mi risulta, non e tornato t)iù da tre anni su quella sua opinione ~-i allora, che potrebbe forse nel 1930 aver espresso_ p1u come ipotesi O problema da di•cutersi che come idea già formata e definitiva; e l'opinione stessa potreb– be anche nel frattempo essere stata modificata o abbandonata. Ma su ci6 la parola spetta ai "revisionisti"'. Ve-– tendo esaminare il "revisionismo 11 io non potevo tener conto che cli quello che é alalo detto e non ancora sm.entito o rettificato da alcuno. • " . Ma torniamo al "governo libertario' 1 di "Pardal!- ~~ ' Egli vuole, s'é visto, - come vogliamo noi,_ -_- difendere la libertà di tutti e imporne a tutti 11 rispetto, impedire che si usi costrizione a chiccl_1e3- sia e rar si che non si formi alcun governo ertetttvn. M; per riuscirvi (e qui si distac·ca cla noi) crecte necessario qualche cosa che "sembri governo" e ne pigli il nome. "E' possibìle (si domand~) im: porre questo rispetto alla libertà nostra e eh tutti senza. . . sembrare governo? - cioé senza sottrarre li governo alle mani degli altri?" . ,Si, rispondiamo. E' pos-sibile, ben inteso, se gli anarchici saranno in numero sufficiente, armati eù organizzati; e meglio ancora se avranno altre forze alleate in tale dilesa della libertà e intorno a sé una certa simpatia delle masse. E ci6 sara poss:ibHe anche se tutte queste forze insieme fossero ancor& minoranza. Ma é evidente che se le forze anar– chiche, affini e simpatizzanti compresi, costituissero una minoranza troppo esigua, troppo debole o in– capace della difesa e dell'esercizio del 1iroprio di– ritto, nessun governo potrebbe supplire alla loro de-– ficienza, ed esse stesse 2arebbero ancor più hnpo– tenti e nell'impossibilità di costituire qualsiasi go– verno, anche soltanto di nome. Se lo facessero, Il meno che potrebbe loro capitare sarebbe .. cli rar ridere la gente. >Non solo é possibile difendere la libertà senza go– verno, apparente o reale che si voglia; ma é pos– sibile "soltanto" senza li governo, o fuori del go– verno, o contro il governo, qualunque esso sia. In realtà la libertà non pu6 <>zsere difesa che dall'azio– ne diretta degli interessati. I quali naturalmente, almeno trattandosi cli anarchici, non essendo &egli egoisti, la difendono non solo 1>er sé ma per tutti; (1) Vedi articolo ';L'Anarhismo nella Realta·•, <11 Zavattero, nel n. 4-5 (aprile-maggio 1930) ùella rivista Vogliamo I di Biasca (Svizzern). 7 ma é una difesa che ha poca efficacia nei confronti di coloro che non se ne curano e sono pili disposti a ·ervire che ad essere uomini liberi. Che ci pu6 rare il governo"! Se il governo é forte, se pll6 fi– dare ~ull'esercito e la polizia, essendo autorita e per sua natura limite alla liberta altrui 1 stara sem– pre dalla parte dei nemici della liberta, contro i suoi fautori. Supposto poi il caso stravagante, fuori d'ogni realta possibile, d'un governo che solo sem• Uri tale, senza potere e senza armi a sua disposi– zione, esso non conterebbe nulla e sarebbe impo– tente ,a respingere la prepotenza altrui che gli inte– ressati non sapessero o non volessero difendere da ié, e più ancora sarebbe impotente "a sottrarre il governo al1e mani degli altri"', come vorrebbe "Par– daillan". La difesa della liberta non consiste nel "sottrar– re·· agli altri il governo, bensi nel combatterlo, cer– cando di spezzarlo e distruggerlo, o per lo meno d"inùebolirlo e limitarne i poteri: il che non si pu6 tare che attaccandolo dal cli fuori come nemico e organizzando indipendentemente da lui la propria vita collettiva. E questo lo diciamo non in omaggio a quella non so quale "filosofia" o "dottrina" che ci altribuiil-ce "Pardaillan'\ rna iu base alla pratica ed alla realtù più evidenti in tutta l'espe– rienza storica passata e recente e in tutti i fatti J)iccoli e grandi della vita sociale e politica contem- poranea. (La fine al prossimo numero) LUIGI FABBRI. BIBLIOGRAFiA Armuudo Uorg·lti: iUL'SSOLT~I E~ {'HE– ~HSE. - Préface de Han Ryner. Edit. "Les Editions Riecler", 7, Piace Saint-Sul– plce, Parls. 1932. - (Un volume, pp. 241)-Prezzo: fr. 15. I lettori italiani conoscono gia quelìlto libro di Ar– mando Borghi, che si pubblic6 negli Stati Uniti quando ' 1 Studi Sociali" non usciva ancora. Cogliamo l'occasione di parlarne per la prima volta ora, che nC"é uscita una bella e accurata edizione nella tra– duzione francese, a Parigi, per cura della notissima casa editrice Rieder, una delle più importanti ditte eòitoriali francesi, anzi la più importante di tutte tra quelle che non sono pure e semplici specula– zioni industriali e commerciali, 1na ~eguono un de– terminalo indirizzo di idee di progresso e d'indipei,– clenza spirituale. Anche il traduttore, come l'autore, é un nostro amico che ha posto nel suo lavoro per i lettori l.'rancesi non solo la più scrupolosa fede!Ui, ma altresi la finezza del letterato e la passione di uno degli •crittori più competenti di cose Italiane e più vicini al nostro cuore per l"affLnit{t coi nostri sentimenti di avversione alla tirannide fascista e di amore pel !>Oi>Olo italiano che n'é vittima. Del resto questa traduzione si pu6 considera,·e, In certo senso, quaQi come un libro nuovo, che an– che i lettori italiani rileggeranno con prolitto e piacere, - come !"abbiamo riletto noi, - poicb~ p_er !"occasione l'autore vi ha apportato notevoli migho– ramenti e aggiunte, con qualche capitolo in più e più ricca documentazione. Inoltre esso é arricchito da una prefazione di Han Ryuer, scritta apposita– mente per l'edizione francese. Ed i nostri lettori conoscono troppo bene Han Ryner come artista della penna e come filosofo originalissimo, per non comi>rendere quanto quello cl1'egll ha scritto per il libro di Borghi, aggiunga a questo di valore intrin– seco e di attrazione. Il libro é una battaglia di 1>iù contro il fascismo: e si pu6 dire una battaglia vittoriosa, non fosse che pel ratto di uscire dall'ambito delle pubblicaziopi di propaganda, purtroppo destinate a restare quasi soltanto nel campo dei già con,vinli, entrando invece nel gran pubblico francese ecl internazionale, come tutte le edizioni Rieder cozl apprezzate per la loro serieta e pel loro spirito novatore. Inutile dire, per6, che il lavoro di Borghi merita lostesso la migllore accoglienza e il più largo successo, indipendente– mente dalle circostanze esteriori suaccennate, per il valore intrinseco dell'opera che i lettori italiani già conoscono: valore cli un buon colpo di mazza asf.estalo all'odioso nemico della libertà italiana, e nel inedesimo tempo valore che onora le idee per le quali il compag110 Borghi combatte. Il che non significa che il libro sia opera di par· tlto. Al contr11.rio. Le idee politiche e sociali dell'au– tore restano ben-sf le sue ispiratrici, e a queste il lavoro resta completamente fedele; ma esso ne su– pera i limiti, per raggiungerne di più vasti e univer– sali. Inoltre, malgrado la passione sincera che lo a– nima, - e un libro cli battaglia non potrebbe non essere un libro cli passione, - esso resta un libro sereno, non settario: resta cioé, Eopratutto, un libro che lo rara considerare come un documento storico di prim'ordine per chiunque voglia spassionata– mente studiare il fenomeno tutto speciale, doloroso e vergognozo per l'Italia e per rumanita, del fasci– smo italiano. Politicamente poi, almeno secondo noi, esso ha un altro pregio: quello di mettere in guardia Il gran pubblico contro l'inganno con cui In certi ambienti, specialmente all'estero (e più specialmente in A.-

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