Lo Stato Moderno - anno II - n.16 - 20 settembre 1945

202 LO STATO MODERNO politici-costruttivi e coloro che - ancora impaniati nel fatalismo deterministico e nell'equivoco del plus– valore - vogliono inchiodare il partitQ in una para– dossale situazione di stasi rivoluzionaria,• dove il bisticcio - a chi ben lo intenda - non è nelle pa– role, ma nella dialettica stessa del partito socialista italiano.. · Anche il partito democratico-cristiano rifugge p!;!r ora da prese di posizione precise; ma qui agiscono fenomeni di ordine diverso da quelli sopra esami– nati. La democrazia cristiana, pur apparendo - si direbbe per definizione - un partito « ideologico »; che pretende cioè derivare la propria azione pratica da un complesso preformato di dottrine filosofiche e morali, in realtà o non lo è o lo è assai poco; per– chè il suo corpus theoreticum è di tale vetustà che i suoi valori o sono ormai patrimonio di tutti, o sòno talmente iogori e consunti che si .Jlrestano ad ogni agilità politica. I motivi ideologici si può dire che qui agiscono in modo massiccio in uno· solo, - se pure essenziale - settore della vita nazio– nale, e cioè quello scolastico, mentre su tutti gli al– tri campi domina sovrano il possibilismo, a sua volta temperato e guidato dalla cautela e dalla vigilanza normali negli ambienti sensibili al magistero della Chiesa cattolica.. · Il partito liberale è quello che, in un certo senso, appare il più precisamente orientato nei confronti della attualità originale, e il motivo è ben chiaro: esso sta gradatamente assumendo la fisionomia e le funzioni ,del partito conservatore che occhieggia, forse non ancora in modo aperto, ma certo con tono ormai apprezzabile, verso una restaurazione ante 1922, restaurazione che non sarebbe del tutt, osta– colata dalla democrazia del lavoro che sta tentando - in varie guise, aleune delle quali meritano atten– ta osservazione - di trasformare le sue antiche "po– sizioni personalistiche in piattaf~rme più vaste e po– liticamente più rappresentative. Per tornare al partito liberale 1i va facendo sem– pre più chiaro il fallimento di innestare sul vecchio tronco un po' di linfa gobettiana. Anche qui il nomi– nalismo che pesa sulla politica italiana ha agito in modo nefasto illudendo taluno che tra la « Rivolu– zione liberale » e il Partito liberale ci potessero es– sere -altre analogie oltre quelle puramente nomina- listiche. · Il partito repubblicano non sembra che, nemmeno questa volta, intenda sottrarsi alla fascinosa attra– zione dell'astensionismo. Le sue note polemiche, che vanno da una infiacchita diatriba antimonarchica ad una acidula disputa col C.L.N., di cui non è in grado di apprezzare la pratica - anche se talvolta debole e malcerta - corrosione di ogni struttura monar– chica, non sembrano tali da consentire una fiduciosa attesa in un suo vigoroso apporto alla soluzione dei nostri problemi. · Che cosa manca a questo quadro? Manca una for– mazione politica la quale, puntando su un vigoroso blocco di interessi omogenei, interdipendenti e tra loro· collegati come quelli che vanno dai ceti medi cittadini e provinciali ai lavoratori - impiegati e operai dell'industria e qel commercio -, dai colti– vatori diretti ai salariati che aspirano e diventare tali attraverso l'esproprio senza indennità del lkti– fondo non coltivato e con indennità della grande • . proprietà coltivata, sia in grado di svolgere una effet. tiva opera costruttiva e realizzatrice sui due piani nei quali ormai sempre più si va ramificando l'antico . unitario concetto di democrazia: una democrazia p0- litica. e una democ,razia sociale, l'una- presupposto dell'altra, l'una palladio dell'altra, l'una garanzia deJ. l'altra:Il Partito d'Azione, che nacque con la coscien– za critica della fatalità di questa dissociazione dei due moti democratici e della necessità umana e ci– vile della loro unità, non può che essere questa for– mazione politica. ~ chiaro che con questo non si pre– tende al monopolio di un solo partito nella esattezza della impostazione della vita italiana .attuale; nes– suno contesta al partito comunista il difitto di porsi come difensore degli interessi della classe media 0 come tutore dei diritti di libertà individuale; dicia– mo soltanto che così facendo il partito comunista cessa dall'essere quella formazione politica che la storia e la tradizione. ci avevano consegnato, per di– ventare un'altra formazione, per fare un'altra poli– tica e precisamente quella da noi assegnata a un t?nitario partito democratico; nessuno nega al par– tito liberale il diritto di definirsi repubblicano e di chiedere che alla massa l.avoratrice venga ricono– sciuta una facoltà consultiva e di controllo sulla pro– duzione; anche qui osserviamo che siamo fuori dalle linee classiche di un partito che va da Depretis a Giolitti, e che può naturalmente fare una nuova poli– tica, avendo però ben chiara la coscienza che si tratta di un nuovo partito, e che il vecchio nome non è che un antico trucco dalle tristi conseguenze. E que– sto nuovo partito che sarebbe mai anch'esso se non appunto quel grande partito democratico di cui si va discorrendo? Ma la verità è che queste sono soltanto piacevo– lezze, perchè il peso degli interessi che si coalizzano intorno a loro condurrà il pax;tito comunista e il par– tito liberale (e lo stesso è naturalmente da dirsi di tutti gli altri, essendo stato il ragionamento sin qui fatto di natura esemplificativa) verso gli orienta– menti classici. Tocca dunque ad un partito radicalmente nuovo - non compromesso da vecchie ideologie e da vec– chi intei;:essi con i quali - checchè si dica in contra– rio e qualunque sia la buona fede dei singoli - biso– gna pur fare i conti - operare con energico sforzo per svellere definitivamente la vita politica italiana dall'insabbiamento della conservazione e dalla va– nità di astrattezze e genericità verbali. Noi non diciamo che soltanto il Partito d'Azione sarà in gra!io di svolgere una politica capace di su– perare i vecchi contrasti italiani (centralismo, muni· dpalismo; laicismo, confessionalismo; autoritarismo, anarchismo; protezionismo e fame di plebi agricole), affermiamo soltanto chEl chiunque voglia provarsi a compiere tale impres~ dovrà fare una politica che non sarà né vecchio-socialista, né vecchio-liberale, né vecchio-democristiana; dovrà essere una politica democratica nuova, dovrà essere la politica del Par· tito d'Azione. Un solo dubbio è possibile; quello sulla volontà di tale partito di adempiere alla sua missione, che è di far politica e non di seguire immaginose fantasie che i semplici scambiano per filosofie. MARIO PAGGI

RkJQdWJsaXNoZXIy