Lo Stato Moderno - anno II - n.13 - 5 agosto 1945

130 LO STATO MODERNO esprimersi intervenissero le bocche dei mitra, la democrazia sarebbe compromessa per sempre e i termini della lotta si sposterebbero sul piano inter– nazionale con nuovi incalcolabili lutti per il paese. Ma è altrettanto chiaro che la politica di Stalin è ~ggi assai lontana da questo tipo d'avventure, e chi non l'ha capito lo capirà a proprie spese. Al co– spetto di questo ambiguo democraticismo che na– sconde (e la nasconde male) una velleità dittatoriale (non importa se dluomini, di partiti o di classi), ci torna alla mente un brano ineffabile di un discorso pronunciato da Hitler 1'8 novembre 1938. « Ai no– stri occhi - diceva il despota nazista - la demo– crazia è un regime fondato sulla volontà della massa. (E pensate all'equivoco significato di massa!) Così, per volontà di questa democrazia, io sono, da cin– que anni, diventato Cancelliere del popolo tedesco. Quest"anno io non ho soppresso due democrazie, ma io, il primo democratico del mondo, ho soppresso due dittature: quella di Schuschnigg e quella di Be– nes ». Dove si vede quale insidia atroce si nasconda dietro la candida ed umana parola « democrazia ». Il fatto è - come è già stato abbondantemente di– mostrato - che lo stato liberale sorto nel 1789 non ha distrutto le velleità aggre~sive dell'assolutismo: tant'è che nella sola Francia, da quella data, si sono ripresentati alla ribalta della storia tre esperimenti autocratici. L'assolutismo statale ne è risultato am– mansito, addomesticato, gli sono state tolte le un– ghie, non tanto, però, da impedire che esso si ripre– senti con nuove energie dovunque gli si offra l'oc– c~sione. Ora, dalla nuova guerra mondiale - se si vorrà dare un significato all'immensa tragedia - non dovrà uscire un compromesso, ma la distru– zione totale e definitiva dei regimi dittatoriali. ·sul significato di democrazia in senso moderno ci si deve ancora intendere. Molti la immaginano sullo schema di ciò che fu in Italia tra il 1920 e il 1921, fonte di disordini, di anemia statale, di incom– prensioni reciproche. La immaginano, insomma, co– me guella democrazia che dette luogo alle violenti critiche antidemocratiche di fervidissimi assertori di libertà che avevano gli occhi aperti sui pericoli che tenacemente l'insidiavano. Una democrazia di vecchio stile è del resto im– possibile, oggi. Troppi elementi nuovi si sono inse– riti nel corpo sociale, elementi psicologici e morali che alterando la classica configurazione classista le– gano tra loro ceti e gruppi, creano rapporti prima d'ora insospettabili e pongono in crisi la tradizionale funzione d'uno stato liberale, mediatore di conflitti ed ispiratore di quel « giusto mezzo» nel cui rag– giungimento esso esauriva in sostanza la propria funzione. Siamo tutti convinti che la crisi del re– gime parlamentare e, con essa, la crisi della demo– ci;;i,zia, chiedono oggi una riproposizione del proble- ma in termini nuovi per stabilire i quali non si può non tenere nel debito conto gli ammaestramenti che derivano dalle più recenti esperienze europee. L'Italia, d'altra parte, non ha ancora conosciuto una vera democrazia in senso moderno. Ed infatti una democrazia, come quella che vi fu in Italia, pronta, di fronte alle insopprimibili correnti evolu– tive che salgono dal basso, a cedere le armi, per in– sufficienza o per paura, ad una tirannia, non è una democrazia ma un sistema instabile di"'partiti senza vera risonanza negli strati profondi della società. Una vera democrazia - moderna, progressiva - è uno Stato umano, dove il vecchio assolutismo non sia soltanto addomesticato ma debellato attraverso una radicale trasformazione degli istituti. Umanità di uno Stato siffatto vuol dire coincidenza con la volontà generale, vuol dire accettazione di un prin– cipio, quello della « giustizia sociale •• convivente con quello della libertà, sentito prevalentemente nel suo significato morale. Libertà non di classi privile– giate, non libertà di conservare ciò che si possiede più o meno lecitamente, ma, come avverte De Rug– giero, « libertà universalmente umana che pertanto implica il riscatto delle masse diseredate ». Vuol dire uno Stato col quale il cittadino possa familiarizzare, col quale si senta intimamente partecipe. Non tanto si tratta, perciò, di estendere il suffragio a tutte le classi per permetterne l'accesso allo Stato, quanto di creare una istituzione popolare alla quale il po– polo veramente partecipi. Si tratta, ancora, di di– sancorare la democrazia dai residui del vecchio si– stema, attraverso il quale il popolo non riesciva a sentirsi tutt'uno con lo Stato ed in definitiva rima– neva estraneo al giuoco delle classi dominanti; si tratta di ricostruire dal basso, liberi da ogni precon– cetto e da ogni paura, poichè le dP.mocrazie che han– no paura sono destinate a sco1nparire per lasciare il posto alle dittature. Una nuova democrazia, infi– ne, deve spingere l'interesse dello Stato fin dove i classici governi democratici pensavano di non poter giungere mai; non deve sottrarsi alla necessità di organizzare la società, che ha ormai nuove esigenze, irrazionali quanto si vuole, ma non per questo me– no reali. Solo a questo patto di rinnovamento, d'impegno, di serietà. di totale trasformazione, la democrazia può vive;e. Essa deve tener conto della psicologia popolare, profondamente mutata per molteplici ra– gioni, e non lasciare che essa possa essere abilmente sfruttata da coloro che sono interessati allo stabili– mento di una nuova dittatura. GAETANO BALDACCI Nel p1ossimo numero pubblicheremo un articolo di A. Omodeo sulle vicende politiche napoletane b:a l'ottobre 1943 e il giugno 1944.

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