Lo Stato Moderno - anno II - n.9 - 20 giugno 1945

LO 8TATO MODERNO - 20 GIUGNO 1945 E!cilenell'Italialibera comunicare con gli scrittori sparsi e coi lettori: chiuse o lontane le biblioteche, quando non furono' selvaggtarnente distrutte dai tedeschi: difficile procurarsi i · libri itailiani o stranieri. Ma noi a cui è pur dato di riprendere contatto col mondo civile e riproporre con liberi spiriti quei temi in cui si manifesti la nostra partecipazione alla civiltà delle genti, accanto alle Nazioni che combattono per salvare la libertà dei popoli, noi sappiamo che non è lecito immergersi nel sentimento òegli affanni e occorre invece virilmente oltrepassarli nell'opera e nel pensiero e nell' art'e, per ridare aHa vita il desiderio e il gusto delle sne opere positive, che sono OJ:lllredi pace; per chiarire i termini di quella nostra necessaria collaborazione alla civiltà e i particolari terni per i quali può un'Italia cre– dere in se stessa e risorgere. Tocca a noi raccogliere ed ela– borare. e talvolta, se non è ambizione, precorrere o promuo~ vere i motivi delb nuova figura mentale e rnoraie che oggi si delinea: di un'Italia percossa e pure alacre, prostrata e pur fiòuciosa, pronta a scuotere òalle sue abitudini ogni residuo di quel fascismo che non fu soltanto un fatto locàle, ma la dolorosa e precoce manifestazione di un male che minaccia tutta la terra, ieri eò oggi: il mito della dittatma contro la libertà. Poichè nel mondo, chi ben guardi. è questa ln lotta che si combatte. Da una parte òittatura òi razza, di impero, di danaro e •di strnmenti della ricchezza. di massa umana, ove un uomo diventa un numero cli una specie, di una classe, dP un partito; ove la dittatura pretende imporre una sna dottrina o verità unica che è poi una fondamentale paura della verità e sbocca nella morale •poliziesca della spia; dall'a.Jtra parte la libertà che. in una armonia di limiti, vuol conferire a ciascun uomo il diritto di creare originalm.,ente la propria vita, nei pensieri e negli affetti, svolf!:endflla propria "singolare», ir– repetibile vocazione. Conquistare la libertà dell'uomo dalla materia, anche da rmella terrestre e ferina dE'l nroprio corpo: oltrepassare l'irrigi– dimento formale della civiltà in una semnre inventiva schiet– tezza morale. fu pernnne aspirazione ,dello spirito umano. e spiega i mondi di fantasia e i sopramondi -di preghiera in cui eludeva il presente. Quando .più consapevolmPnte l'uomo rico– nobbe alla mente il suo valore nel ritmo dell'universo ~ non si sentl piì1 affidato alle sole forze trascendenti, un equilibrio fu rotto. La realtà tutta terrena parve una trascendenza che esercitasse una nuova e più cnna tirannia: or che si passava da quella divina, contro •c11i follemente si arrovellò il prome– teismo e il titanismo, a quella materiale di una forza cieca della natura matrigna, a quella di una originaria rnalva_gità umana che avrebbe fondato religione e idee e classi a danno dei pre~enti e dei futuri: a quella di 11ncieco potere inconscio. che occupa finanche il sonno dei mortali. L'Ottocento acul quel disqnilihrio sino all'avventura. Parve necessario liberarsi dal peso della 'civiltà: alla quale, per un e(]uivoco nominale, si attribuivano tutte ae colpe che sono invece 1n sna negazione, e consistono in qmmto di ferino e incivile perdura nella condizione dell'uomo e nella -lotta della sua tragica esisten7À'l:tragica in Quanto urto necessnrio di forze contrastanti, il cui grado estremo vien detto del bene e del male. Avvenne invece che alla civiltà. che è appunto ragione e mente umana, quella che ispirò le are, le leggi, le tombe. le arti. e insomma tutti i desideri in cui l'uomo si disselva dalla- foresta primigenia e diventa niù uomo, si con– trapponesse il cos·iddetto stato di natura, che è soltanto una pii; imperfetta e impura civiltà, quel che perpetuamente a1?isce a turbare e invelenire l'umanità col richiamo feroce delle origi-ni. Il tentativo di Diogene o di Rousseau per un ritorno allo stato di natura, non ebbe ripresa -più violenta di quella che osarono gli estremi rom~ntici sino a quel turgido e innocente Nietzsche che non s'accorgeva di voler liberare l'uomo da ae stesso, per ritrovare in sè, sotto nome di anticristo o di supe– ruomo, la bestia a cui s'addice il mito delle razze -e la politica di chi perseguita non le azioni dell'uomo ma il delitto di essere nati. La morale· de! superuomo, schiava <lei puri istinl:i, pretese infatti ribellarsi alla morale cristiana, dichiarandola morale di schiavi, mentre è quella che libera l'uomo dalla servitù verso la bestia. Così, movendo da un'esigenza che· pareva di pura e ra– dicale libertà, la culh1ra fini coll'esaltare e promuovere proprio le forze servili e ferine dell'uomo; assunse più o meno consa– pevolmente un compito in se stesso scellerato: quello di mo– strare la nullità della ragione e della morale, l'inesistenza della coscienza, da considerare corrie un fatto zoologico, vege– tale, minerale: la vanità della storia, la necessità òella tabula · rnsa, o il determinismo e fato della sessualità, òella volòntà di potenza, giungendo al disprezzo· della pe~ona ~umana di fronte ai diritti della specie. Altre dottrine o pseudo-dottrine furono letali: le teorie disperate che esaltarono l'azione per !',azione e la rivolta per la rivolta: teorie ·come quella òell'atto puro che annulla in una serie di indistinti fenomeni la reale storia umana o come quelle dell'esistenzialismo, subito prone ai regimi tirannici; le teorie che si affidano al caso di un ineffabile inconscio per trovare l'essenza della· realtà, di là dalla vita e dalla morte; le teorie che esaltarono con ingenuità o con odio la morale della violenza. della pura forza, del puro materialismo storico; le teorie demografiche del numero, atte a ,creare tutto al più una zoocrazia; le teorie razziste modellate sulle culture e gli allevamenti degli •animali: gli annunzi profetici sulla fine della civiltà occidentale; le tesi economiche delle varie autarchie: i gretti e angusti e c-himi nnzionali~mi; quei moti letterari che pretesero cancellare il passato o affidarsi all'oscuro piacere delle parole come a una magia; l'umorismo astratto e ipocrita che aderiva -al fondo torbido cli tante vili dottrine ed era privo d'ogni principio etico che lo giustificasse come riso e come gioco. E noi abbiamo già sostenuto che quanto di queste teo– rie si apprese per oualche istante ai nostri pensieri o sensi, in quel che aveva di morho~o, fn una collaborazione all'av– vento della ~ierra. La cultura deve anch'essa fare il suo esame di coscienza: riconoscere che le guerre son preparate òal tradimento del– l'uomo a se stesso: e l'uomo si tradisce innanzi tutto neHa parola. La sfiducia aperta e indifferente contro l'uomo fu tra le pm fosche preparazioni della guerra: la cn1tura rinnegava e diffamava in quell'(mpegno contraddittorio la sua stessa ori– i:rine vitale. provocando il gioco dell'azione per l'azione, la rivolta .per la rivolta, la /!Uerra per la guerra. Ma è anche 'vero che l'Italia. colpevole' di aver t'radito la civiltà mediante il fascismo. fu tra i popoli meno responsabili clii quelle -sahnnic dottrine che prepararono il tradimento del- 1'.uomo a se stesso, culminato nella guerra. E il fascismo. nella sna essenza. non è nottrina italiana, anzi nna bastarda miscela di dottrine barbariche. E mentre in Italia trionfava il regime littorio, secondato da quanti nel mondo ·ammiravano le teorie e le bravate della forza contro le democrazie smarrite e i narlamenti scettici, e creavano il mito internazionale del fasci– smo ner cÒntrapnorlo al bolscevismo. il pensiero italiano più autor~vole difendeva per noi e per gli altri il concetto uma– nistico dPlla realtà e della persona umana, contro la rifl~ssa harharie che cla tutti i Inti nremeva. Per questa parte l'Italia vera, che si sta rivelando dopo la cacciata della tirannia, è ancora uno dei paesi più sani della terra. eò uscirà quasi gua- • rita dalla sua tragica esperienza. Tutta la nostra cultura migliore. nella filosofia e nella storia e nella critica ha sentito· questo compito di difesa della

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