Lo Stato Moderno - anno II - n.7 - 1 maggio 1945

LO STATO MODERNO, 1° MAGGIO 1945 7 RESPONSABILITÀDELLA GUERRA E RESPO-NSABILIT À DELLA PACE Non ancora erano spente le polemiche sulla responsabi– lità della guerra del 1914 quando scoppiava, nel settembre 1939, la nuova conflagrazione: e i principali be:ligeranti si affrettavano, attraverso la pubblicazione di tutta una serie di libri bianchi ed azzurri, a stabilire la responsabilità del– !' altra parte. E' evidente, poiché torto e ragione non sono mai nettamente divisibili e poiché in sede storica le respon– sabilità sono molteplici, che entrambe le parti avranno in simili controversie i loro buoni argomenti da sfoderare: sen– za contare tutti i falsi argomenti suggeriti dall'interesse di parte. Tuttavia è giusto stabilire una gerarchia di deme– riti tra responsabilità dirette e indirette, immediate e me– diate, determinanti e concomitanti: e da questo punto di vista il giudizio non pare questa volta dubbio. Rifacciamoci per un momento a Versailles. Quella di Versailles non fu certo la pace democratica che le genti aspettavano e che avrebbe potuto per sua intrinseca virtù por fine per sempre - o almeno per lungo tempo - alle guerre: ma non si può negare che, fino ad un certo punto, essa aveva tenuto conto dei diritti dei vinti, e si era sfor– zata di instaurare nuovi più equi rapporti internazionali, cosa tanto più notevole se si pensa che la Germania era stata posta dalla sconfitta nella necessità di accettare qualsiasi condizione di pace. Non era l'ideale, certo, come accade, ahimè, a tutte le cose di questo mondo; ma tra le realtà possibili in queHa situazione, non era neppure delle peggiori, e basta, per convincersene, pensare alla pace di Brest Litovsk, e alle dichiarazioni ripetute, nella prima fase di questa guerra, pur non ancor vinta, da fonti tedesche autorizzate, che Polonia e Cecoslovacchia non avrebbero riavuto l'indi– pendenza, e che la Norvegia doveva ormai considerarsi parte della comunità germanica nordica. Poi, gradualmente, le condizioni migliorarono. La Rena– nia fu sgombrata anzi tempo (e non perché la Germania avesse fatto troppo celermente fronte ai suoi impegni); le ri– parazioni furono cancellate (1932); il bacino della Saar fu puntualmente restituito il -1' marzo 1935 (la Germania ri– spose a quest'atto di lealtà ristabilendo quindici giorni dopo, in ispregio al trattato di pace, la coscrizione obbligatoria); e il 18 giugno 1935 Londra, accentuando le divergenze tra i partecipanti al fronte di Stresa, concordò con Berlino un aumento delle forze navali tedesche. Se Versailles aveva fatto dei torti alla Germania, la revisione a suo favore era nrmai in atto, col beneplacito - più o meno spontaneo - dei vincitori. C'era bensì voluto, ed è umano, il dinamismo di Hitler per riportare il Reich alla parità di diritti negatagli - ciò che era inevitabile, almeno come condizione transitoria - a Versailles; ma su questo terreno non si era venuti alla guerra. A Stresa, il 14 aprile 1935, le tre Potenze occiden– tali - allora c'era anche l'Italia - si erano infatti limitate a dichiarare di voler per l'avvenire « opporsi con tutti i mez– zi idonei ad ogni ripudio unilaterale di trattalì suscettibile di mettere in pericolo la pace in Europa». Poi erano cominciate le revisioni territoriali reclamate in nome del princ'.;Jio di nazionalità: l'annessione dcli' Austria (marzo 1938), <;he spostava sensibilmente a favore della Ger– mania l'equilib'rio centroeuropeo, e quella dei Sudeti, che la– sciava In Cecoslovacchia indifesa. Da notare che tra l'una e l'altra, al Governo cecoslovacco, legittimamente preoccupato · dei possibili sviluppi dell'Anschluss, Ribbentrop aveva assicu- I. r.ito che ìa Cecoslovacchia non aveva nulla da temere. An– cora- una volta, a l\fonaco (30 settembre 1038), Inghilterra e Francia avevano sub:to l'iniziativa tedesca pur ùi evitare la rottura: il Governo inglese non aveva creduto di dover fare la guerra per impedire che dei Tedeschi si unissero alla ma– dre patria, e la Francia aveva consentito al sacrificio della sua fedc>lealleata orientale. A questo punto, richiamarsi ancora al Diktat di Versai11es come alla causa essenziale dell.i seconda guerra mondiale è palesemente assurdo. Versailles non esiste più; esiste una Germania più forte di quella ciel lbl4, che Inghilterra e Francia, sia pure a malincuore, h::umo lasciato ridiventare po– tente. Hitler ha dichiarato solennemente che il terw Reich non mira ad annettere cittadini di altra nazionalità (e Musso– lini se ne fa garante nella « Lettera a Runciman » del 15 set– tembre 1938: « Se Hitler pretendesse di annettere tre milioni " mezzo di Cechi, l'Europa avrebbe ragione di comm.,!loversi e muoversi. Ma Hitler non pensa ciò. Chi vi scrive questa lettera è in grado di dirvi confidenzialmente che, qualora gli rnnissero offerti tre milioni e mezzo di Cechi, Hitler decline– rebbe garbatamente, ma risolutamente, tanto regalo>), e che nessuna rivendicazione sarà perseguita con la guerra. Per que– sto gli ex-Alleati a Monaco hanno ceduto. Quali si fossero le colpe degli autori del Diktat di Versailles, essi hanno ormai accettato il fatto compiuto in tutti i casi in cui la Germania aveva preteso di sollevarsi dalla sua condizione di minorità; e a Monaco hanno addirittura contribuito essi stessi a creare il fatto compiuto a danno della Cecoslovacchia, lasciandola inerme, con la perdita della corona di monti e delle connesse fortificazioni, alla mercé del vicino. Ne hanno però, nelle nuo– ve frontiere, garantito l'integrità, garanzia che viene fornita da tutti e quattro i firmatari di Monaco, quindi anche dalla Ger– mania e dall'Italia, che la subordinano al regolamento delle questioni delle minoranze polacca e ungherese, realizzatosi fra l'ottobre e il novembre. Quegli Europei che non hanno capito il giuoco di Hitler respirano. Una grande prova è stata superata: il terzo Reich ha raggiunto pacificamente i suoi confini nazionali, e la mi– naccia di guerra che incombeva sull'Europa è stata così eli– minata. Ora sarà veramente la pace. Invece, meno di un anno dopo è la guerra. Di chi la colpa? Le responsabilità dirette, determinanti, necessarie sono da ricercarsi qui, negli undici mesi intercorsi tra il patto di Monaco e l'attacco tedesco alla Polonia. E' vero che quegli altri Europei che hanno capito Hitler (egli si vestirà da agnello per prendere con le buone tutto quello che l'Europa sarà disposta a concedergli pacificamente, " si prenderà poi con la guerra quant'altro gli farà comodo) ~ridano contro Monaco, affermando a ragione che Cham- - h.,rJain e Daladier si son fatti giocare; è vero che la Germa– nia rivendica ancora le colonie strappatele nel corso dell'altra guerra, e qualcuno potrebbe far rientrare anche questa riven– dicazione tra quelle attinenti al conseguimento della parità di diritti. Ma il nuovo colpo di forza, la nuova sfida alla san– tità dei trattati e alla pace d'Europa non è opera degli avver– sari anglo-francesi di Monaco, e neppure i!! in funzione dclii' rivendicazioni coloniali. E' ancora Hitler che, dopo avere assicurato di non voler ehe Tedeschi nel terzo Reich, dopo avere a Monaco garan– tito l'integrità della nuova Cecoslovacchia, dopo aver dichia- · rato di non -nutrire altre rivendicazioni territoriali in Europa,

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