Lo Stato Moderno - anno II - n.5-6 - marzo-aprile 1945

alla vita quasi totalmente digiune di cultura politica; che, per lo meno, debbono colmare una frattura comprendente gli anni dal '22 ad oggi. Gli organ:smi della vita italiana - i giornali, particolarmente - vanno considerati con occhio spregiudicato : per troppe vie essi sono stati inquinati e corrotti, e non è con un ritorno puro e semplice al pas– sato che si può tentarne la ponifica. Né c'è stato tempo, nel nostro Paese, d'introdurre quei correttivi che - si chiàmino tradizione, costu– me, senso di opportunità, coscienza della cosa pubblica, riflesso spon; taneo all'essenziale e all'accessorio, al permanente e al transitorio, ecc. ecc. - tutti insieme levigano, smussano, impoveriscono o addirittura neu– tralizzano il particolarismo dei clan privilegiati. Il fascismo, nella sua contraddittoria dialettica, ha ipertrofizzato le loro molteplici possibilità d'influenzare la vita sociale. Il capitale, non come funzione sana (se ancora ne ha una, nella sua vecchia postulazione) ma come corruttrice sollecitazione, ha potuto _far valere i suoi interessi meno puliti per due vie: direttamente, nei modi consueti; indirettamente, attraverso le ma– glie dello stato stesso, che di esso fu asservitore e servitore ad un tempo. Peraltro, una critica al mio articolo non può solidamente appog– giarsi su criteri astratti di libertà. Né Stuart Mill, né Rousseau ci pos– sono interessare davvero; né il proclamato diritto a-Ila stampa come con– trapposizione dell'individuo allo stato, secondo la vecchia formulazione. Qui ci debbono interessare i limiti di una realtà tangibile, quali ci sono proposti dalla vita italiana nella somma dei suoi fallimenti, delle sue esigenze, delle sue prospettive immediate; ci deve interessare soprattutto la realtà rivoluzionaria che sta per nascere, che infine de-ve nascere dal dramma: e per rivoluzione intendo la compiuta trasformazione- della so– cietà operata giorno per giorno e non l'atto violento ché la contraddi,.. stingue; atto non assolutamente necessario e che spesso lasc:a dietro di sé soltanto miserie e rovine. Per intenderci, ci deve interessare: · a) la realtà del nuovo stato, quale esso sarà per configurarsi negli anni di travaglio che ci attendono; b) lo stabilimento d'una democrazia forte, efficiente, in condiz:one di difendersi mediante strumenti idonei; ~) l'opposizione al formarsi di correnti reazionarie e illiberali in nome della libertà: della libertà di esser liberi, di viver liberi e non della libertà di recarci di nuovo in schiavitù. Ci si offre una irripetibile occa– sione di risolvere alcune antinomie classiche del liberalismo sul terreno della concretezza politica. Non dunque paura della libertà dobbiamo avere (sono d'accordo), ma neppure paura di difenderla a tutti i costi, anche se c:ò implichi l'uso di mezzi che, astrattamente considerati, saran detti contrari a quel çon- . cetto di libertà spesso vago, nebuloso, lacrimevole che molti nutrono o ' affettano di nutrire nel loro petto. Ciò detto, ci si domanda se, accettati che siano· questi punti, ricono– sciuta l'esigenza di limitare in qualche modo il numero dei partiti poli– tici - poiché è bene, lo ripeto, che essi siano partiti d'idee (e pertanto non possono essere infiniti: sogniamo due soli partiti politici, in Italia) -39.~

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