Lo Stato Moderno - anno II - n.5-6 - marzo-aprile 1945

centro - e cioè dal Governo - nel quale la volontà si forma e poi si irradia, come in un sistema solare, verso tutti i punti dell'organismo statale, lasciando nessuna o pochissima indipendenza d'azione ad altri enti aventi raggio più limitato, anche se questi, proprio per tale loro qualità, sarebbero meglio indi– cati ad affrontare, e risolvere problemi particolari o locali. Col secondo, invece, la competenza amministrativa è ripartita fra il centro ed altri subcen1.Ti, cioè fra il Governo e altri enti, aventi diversa hatura e posizione nello Stato, i quali possono svolgere autonomamente la loro funzione. La questione, come si vede, non è di democrazia o di autoritarismo. Ciò riguarda il modo di formazione della volontà statuale, non il modo della sua applicazione. Vi può e~sere uno Stato democratico ma accentrato. L'organizza– zione di uno Stato su base accentrata o decentrata è ad un tempo problema di r,olitica e di tecnica della pubblica amministrazione. Esso comporta una deter-. mina one dello Stato e delle sue funzioni, e del modo migliore per attuarle. Non intendiamo aprire qui una discussione sui relativi vantaggi e svantaggi de decentramento o dell'accentJ:amento. Ci si risolve per l'uno o per l'altro sistema in base ad una quantità di considerazioni politiche ~- he, che variano da Stato a Stato e da periodo storico a periodo storico basti ricor- dare come sia generalmente riconosciuto, anche da chi non h a posizione politica come la nostra, che in un paese vasto, etnicamente e socialmente dif– ferenziato, economicamente complesso, il decentramento risponde meglio del sistema accentrato ai bisogni della società. Ciò è particolarmente vero in un paese, come è l'Italia, nel quale, alle condizioni dianzi ricordate, si accompagni la sensazione nettissima, derivante da esperienze disastrose, che il sistema del– !" accentramento è completamente fallito. :a fallito, sostituendo alla attività vi– gile e interessata dei cittadini quella lenta e trascurata della burocrazia, soffo– cando il vivo spirito regionale e locale in nome di una unità nazionale impossi– bile a formarsi sulle rovine della vita. locale, facilitando l'affermarsi del dispotismo che, conquistato il centro, non trovò più ostacoli alla periferia. Dalla sensazione di questo triplice fallimento, amministrativo, morale e .politico, deriva la spinta a riformare lo Stato in sen·so decentrato. Ecco quindi riaprirsi per l'ennesima volta la discussione sul decentramento, sempre viva e sempre inconctusa da quando, oltre un secolo fa, si cominciò a parlare di unità d'Italia.JTutti parlano oggi di decentramento; tutti i partiti, sorti o risorti sull~ine dello Stato fascista, accentratore sino allo strangolamento, comprendono fra i loro punti programmatici il decentramento amministrativo. E anche il Partito d'Azione pone al centro della visione del nuovo Stato il riconoscimento delle autono,mie locali ed istituzionali. La situazione politica gt:,nerale si presenta forse favorevole alla riforma come non mai in passato. Ma perchè questo generico consenso di tutte le forze politiche intorno al nostro problema non generi illusioni ed equivoci sulla facilità e sul modo. della sua soluzione, conviene esaminare un poco il concetto di decentramento, per essere almeno_ sicuri di quel che si intende usando certe espressioni; che possono avere per alcuni significato diverso che per altri; e per poter dare per conosciute· certe nozioni necessarie per 'procedere oltre, quando ritorneremo sul problema àel decentramento in Italia. Per far comprendere quanto sia necessario un chiarimento, basti ricordare che si parla di decentramento politico e di decentramento amministrativo e che quest'ultimo si suddivide comunemente in decentramento burocratico o gerarchico, autarchico territoriale e autarchico non territoriale o istitu– zionale. A ciascuna di queste partizioni della nostra materia corrispon- - 21 - e

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