Lo Stato Moderno - anno II - n.5-6 - marzo-aprile 1945

PRIME LINEE SUL DECENTRAMENTO Non vi è crisi bellica di primaria importanza alla quale non faccia seguito un nuovo modo di pensare lo Stato e, in forma riformistica o rivoluzionaria, una effettiva trasformazione di esso. Ad una guerra, fortunata o sfortunata che sia, segue quasi sempre un mutamento nelle istituzioni, come riflesso sia dei movimenti delle classi e della ricchezza, sia dell'intimo e perpetuo con– flitto tra l'individuo e lo Stato, che mai diviene tanto drammatico quanto nei periodi in cui sofferenza, privazioni e morte sono il retaggio dell'uomo-citta– dino. E anche quando l'assetto statale non viene modificato, ciò è solo perché le tendenze rinnovatrici difettano della forza politica necessaria per prevalere, e non perché non si manifestino in seno al popolo. Un profondo anelito di perfezionamento è insito nei moti di riforma isti_– tnzionale come in quelli <;liriforma sociale, cercandosi con essi di dare forma giuridica ad un bisogno di maggiore libertà o di maggiore efficienza nell'orga– nizzazione dello Stato, attraverso una determinazione di rapporti che consenta ai singoli cittadini o ai gruppi sociali di non sentirsi impacciati nella loro azione e nel loro sviluppo da istituzioni divenute una vera camicia di Nesso, non rispondendo più alle nuove realtà sociali. La varietà di situazioni determinate dalla crisi bellica, porta a trasfor– mazioni dello Stato improntate talora ad uno spirito di maggiore libertà, talora ad uno spirito di maggiore autorità, ma sempre in funzione di una maggiore efficienza dello Stato. Non è conforme ad una realistica visione della storia concepire l'antitesi fra principio di libertà e principio di autorità come una lotta fra Calibano e Ariele. Entrambi sono posizioni legittime del pensiero e della prassi politica, inscindibili l'una dall'altra. Tutto il problema si risolve nella ricerca di un giusto equilibrio fra i due dati: e questo problema ogni generazione politica lo risolve a suo modo, secondo una valutazione affattQ contingente delle situazioni reali e deUe proprie aspirazioni più· o meno sensate e coscienti. Se quanto precede significa che non può darsi ricetta unica ed immutabile per la soluzione delle crisi costituzionali dello Stato, significa anche che noi ammettiamo che gli uomini usciti dalla seconda guerra mondiale non diano soluzioni uniformi al problema istituzionale dei loro Stati. Non diciamo dun– que, come è troppo consueto sentire, che « il mondo va verso » qualche cosa, · che nel nostro caso sarebbe un generale aumento di libertà. Mà n9n scrive– remmo su questa rivista se non credessimo, e con convinzione profonda, che in molti paesi debba attuarsi una notevole mutazione nei rapporti fra il citta– dino e lo Stato, ~el senso di ricondurre il secondo entro limiti meno esiziali alla personalità e alla libertà dell'uomo di quanto non fossero quelli segnati dai regimi della guerra alla potenza e prepotenza dello Stato. Ciò non riguarda solo il lato strettamente politico del problema, come contrapposizione di libertà e. democrazia ad autorità e dittatura o oligarchia; riguarda anche un'aspetto più tecnico e limitato, ma di vitale importanza tanto per l'individuo quanto per la società. Accentramento e decentramento sono i termini nei quali ~i sostanzia il conflitto politico fra autorità e libertà trasportato sul piano dell'amministra– zione. Col primo, tutta quella complessa e multiforme attività che si chiama amministrazione (e non nel sènso più ristretto del termine) è diretta da un -20-

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