Lo Stato Moderno - anno II - n.5-6 - marzo-aprile 1945

lità nella sterilità pratica della loro fatica. Non che si rimproveri alla teoria èi esser tale e che s'invochi una scienza meno scientifica e « più pratica », come si sente dire da coloro che di scienza non conoscono nulla, e che di pratica non conoscono ·che la cattiva. Al contrario: si rimprovera alla scienza di ·aver ristretto la sua sfera d'azione, rinunciando all'indagine sulla materia viva, di avere considerata come pratica, indegna della scienza, una sostanza c.hrt:r scienza è essenziale. a nostra scienza del diritto è stata unilaterale, ha sviluppato solo il la o sistematico, e non quello politico. E per politico intendo dire quella costante relazione che il diritto deve mantenere con la realtà con'tingente della società in cui opera. Esemplifichiamo: elaborare una teoria giuridica della testimonianza significa trovare e precisare i concetti che la inseriscono nel sistema delle prove, che ne chiariscono la funzione nell'ambito del processo,, che svolgono i difficili problemi dei rapporti tra la prova ed il diritto sostan– ziale, tutta una materia immensa sulla quale si lavorerà all'infinito e che pone. le premesse per ordinamenti concreti chiari e fecondi. Nei giuristi del buon tempo antico tutti questi nessi e problemi teorici erano più intuiti che sviluppati, o erano trattati con insufficiente rigore di metddo. In compenso vi era una maggiore sensibilità verso i problemi. politici della testimonianza, cioè verso la teoria della prova orale in quel determi– nato sl:adio della civiltà e della vita sociale. I giuristi contemporanei hanno tralasciato questa branca dei loro studi. Nessuna parte, o una parte trascurabile, essi hanno dedicato allo studio po– litico del problema. A leggerli, si ha l'impressione che ~ia perfettamente in– differente _che in una nazione il dovere della testimonianza sia gravoso e pe– ricoloso, cosi da essere evitato da tutti. Essi considerano come estraneo al diritto studiare quale credito si possa concedere ai testimoni nel paese delle clientele, delle camorre, delle indulgenze, delle pressioni e delle raccoman– dazioni, non si curano di esaminare come si possano creare ordinamenti che rendano giustizia con quegli uomini e malgrado quegli uÒmini, come questi: ordinamenti possano correggere e migliorare una società fiacca e corrotta. · Altro esempio: nel diritto amministrativo la scienza ha egregiamen · elaborato il concetto dell'autarchia. Questa teoria apparentemente astratta, serve in pratica per avere idee chiare sulla organizzazione degli enti 1ocali. Ma, presa nell'aire dell'astrazione, la scienza ha rincorso inutilmente il mi– raggio di una teoria del decentramento, analoga a quella dell'autarchia, teo– ria che non potrà mai raggiungere. Il decentramento infatti non è un istituto o un rapporto, e quindi non è suscettibile di una sua teoria giuridica astratta. È un concetto dinamico, mutevole, il portato di una valutazione tecnica o ideologica dell'amministrazione, è, per sua natura, un concetto espresso in termini di relatività. Inserire il decentramento nel sistema delle teorie degli istituti sarebbe come per la fisica cercare la definizione del caldo e del freddo, che non esistono. Nella realtà esiste solo il calore, ed esistono temperature concrete, mentre caldo e freddo sono valutazioni soggettive. Il decentra– mento è precisamente materia di diritto politico, cioè di diritto che non ri– cerca la costruzione sistematica, la simmetria concettuale, le risultanze della logica formale, il rigore architettonico. Qui la teoria è stata sterile astrazione. La teoria del decentramento ap– partiene al diritto politico, cioè all'esame dei risultati pratici degli ordina– menti amministrativi. -17-

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