Lo Stato Moderno - anno II - n.3-4 - 1-16 febbraio 1945

Il tentativo riusci solo in parte, concretandosi nella partecipazione del par– tito d'azione mazziniano all'impresa garibaldina nelle Due Sicilie e ai moti - I dell'Italia centrale, conseguenti alla guerra del 1859. Grazie a quel tentativo l'Italia unita riusci un po' più democratica di come l'avrebbe desiderata Vit– torio Emanuele II, risoltosi a profittare delle iniziative garibaldine. Un peso, maggiore di quello che ebbero grazie al partito d'azione, i democratici italiani avrebbero potuto averlo solo se le enormi masse popolari ancora apatiche o esitanti delle campagne si fossero mosse in una loro rivoluzione. Mazzini ed il .partito d'azione non potevano creare questa e; in fondo, neppure avevano consapevolezza dei veri termini del problema sociale del contado italiano. Bisogna anche dire titie lo stesso Mazzini e tanto più Bertani ed altri del par– tito d'azione non sempre seppero rimanere coerenti col primitivo intento di politicizzare, ossia di rendere concreto e realiuabile, il moto democratico e repubblicano; spesso ricaddero nella genericità di chi ·critica il corso delle cose, invece di immergervisi fino al collo e di modificarlo. Ma, pur con questi difetti e con quelle limitazioni, il partito d'azione mazziniano fu, nell'insieme, un grande apporto positivo alla creazione di una democrazia italiana. Diverso nel punto di partenza storico, diverso per gli obbiettivi che si prefigge, ma analogo nel metodo al suo predecessore mazziniano, è l'odierno partito d'azione. Nel suo nucleo centrale, nel movimento rivoluzionario di « Giustizia e Libertà», esso sorse come l'antagonista più intransigente del fascismo e di tutta quell'Italia e di quell'Europa reazionarie che al fascismo avevano fatto il letto. Negli anni in cui la socialdemocrazia, col pretesto della legalità o del non-intervento, capitolava davanti al fascismo, il liberalismo e la Chiesa cattolica sostenevano addirittura il fascismo in odio al bolscevismo, e il comunismo ricambiava tale odio con la dichiarazione di non voler cavare le castagne dal fuoco per altri ma solo per sé stesso, mentre il socialismo massi– ma.lista se ne stava sul suo Aventino particolare, « Giustizia e Libertà» incarnò l'esigenza della lotta primordiale, ad oltranza, al di sopra di ogni altra con– siderazione, contro la dittatura fascista. Però poco a poco, col progredire del fascismo e del nazismo verso la gnerra mondiale, quell'esigenza di far fronte al nemico fu accolta da tutti i movi[Jlenti democratici, anche dai più tradizio– nalisti. Nella misura in cui i fatti davano ragione a « Giustizia e Libertà», questa rischiava di, vedere esaurita la sua ragion d'essere particolare. Superò tale prova portando l'accento dal negativo al positivo, chiedendosi, più spre– giudicatamente di qualsiasi altro partito o movimento, quale regime sociale o politico avrebbe potuto e dovuto succedere durevolmente a quello fascista. Che il nuovo regime dovesse essere il frutto di una rivoluzione sociale, era chiaro per chi aveva identificato nel grande capitalismo monopolistico il ceto che più di ogni altro del fascismo aveva profittato; che dovesse significare r~me di libertà politica, era evidente per chi aveva profondamente sofferto l'umiliazione e la vergogna della dittatura totalitaria. -Ma non si poteva di– menticare che la rivoluzione sociale e democratica, la vittoria sul capitalismo e sulla reazione politica, erano già state vagheggiate, nel passato, dalla mag– gior parte dei partiti o movimenti radicali, socialisti, libertari d'Italia e d'Europa e che, tuttavia, giunti al culmine della loro potenza, al govenno o alle soglie della presa del potere, quei partiti si erano screditati tutti, con l'unica eccezione del bolscevismo russo che peraltro, per affermarsi, dovette cambiare di fisionomia e romperla coi suoi primitivi ideali ultra-democratici ed egalitari. - 22 -

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