Lo Stato Moderno - anno II - n.1 - 1 gennaio 1945

Tali deliberazioni impegnano il Centro solo se ratificate all'unanimità dal Comi– tato Esecutivo. . Sui problemi tecnici sui quali non sia stato possibile ottenere una unanimità di vedute, verranno stese una relazione di maggioranza e una di minoranza che verranno trasmesse alle Direzioni dei partiti in conformità al successivo articolo nove. • ART. 9 - Le deliberazioni del Centro sono trasmesse alle Direzioni dei par– titi aderenti, ma non sono per esse vincolanti. LE CLASSI E LA STORIA Una delle constatazioni meno confortanti di questi tempi premonitori df:lla liberta è quella di ritrovare le vecchie formazioni politiche ancora incrosta'.te su posi– zioni dott.-inali ormai superai issime dalle migliori intelligenze europee. E se questo è un segno consolante di quanto sia ricca la intuizione da cui prese le mosse il Par– tito d'Azione, è anche un sintomo di un male contro il quale occorre combattere subifo, per evitare che nuove e gravi conseguenze ne derivino. Una delle formule più dure a cedere e che, pur essendo il cavai di battaglia di uno dei vecchi partiti italiani, ha pure dei fedeli in quasi tutte le altre formazioni politiche, è quella che vuole che la storia si costruisca tutta su i binari degli interessi economici delle classi sociali. Già prima del I 914 questa dottrina, nota sotto il nome di teoria mate– rialistica o economicistica della storia; era ormai dimostrata inconsistente dal mi– glior pensiero politico internazionale, e ad una nuova più .\.Ì\'a intelligenza della storia gli Italiani - basti citare tra tutti il Croce - avevano dato opere fondamen– tali. Poi vennero il fascismo e il nazionalsocialismo a dare la prova spP.rimentale della inadeguatezza della mera spiegazione classista, poiché tutti videro accor– rere sotto le bandiere dittatoriali uomini delle più diverse varietà sociali; né sarebbe azzardato affermare che il maggior apporto fu dato proprio da quelle classi che, secondo la dottrina materialistica, avrebbero dovuto maggiormente ripugnarne. È questa una verità che fa piacere vedere riconosciuta da uno dei maggiori spi– riti dell'Europa contemporanea, il Ropke, elle nella sua opera ormai classica " Die Gese/lschaftskrisis der Gegenwart » (La crisi della società contemporanea, pag. 14) tenta cosl di trarre profitto dalle dure lezioni dell'ultima s1'oria: "Per quel tanto cfte abbiamo dovuto dimenticare sotto l'influenza di una falsissima dottrina so– ciologica del sec. X IX, noi dobbiamo tornare a imparare anche questo, che gli uo– mini non sono solo e nemmeno in maniera preponderante influenzati dai loro interessi di classe, ma per lo meno altrettanto da concezioni di valori e da sentimenti gene– rali ed elementari che li uniscono al di là di tutte le separazioni di classi e di in– teressi, i quali soltanto si può dire rendono possibili lo stato e la società e che basta proclamare perché trovino un 'eco: schietto senso della giustizia, desiderio di pace, ordine e aiuto reciproco, amor di patria e attaccamento alle tradizioni di civiltà e di storia nazionale, senso di sacrificio e prontezza nel soccorso, cavalleria e correttezza. È cosi che noi rispondiamo, se ci si chiede su quali classi di interessi noi intendiamo infine appoggiarci nel mondo per propagare un programma d'azione che pare deb-. ba mettersi di traverso a tutti gli interessi, e condurre contro di noi in guerra ora i monopoli industriali, ora i sindacali, ora questo ora quel raggruppamento. Noi replichiamo anzi alla malizia di questa domanda aggiungendo che essa ci sembra provenire da una sociologia che è stata ribattuta in modo schiacciante proprio dalle esperienze dei tempi più recenti. Chi trova ancora da ridire su questo punto non ha semplicemente capito un segreto capitale del successo del fascismo e del nazionalsocialismo. Ma non si sarebbe potuto imparare almeno questo da loro? » Purtroppo noi, in Italia, dove più abbiamo sofferto, molti, troppi, nemmeno questo hanno imparato dal fascismo, come mostra - nonostante le contraddizioni e i co,1- torcimenti - il recente manifesto del Partito Socialista che ancora ingenuamen1e vede nel fascismo una semplice manifestazione sociologica, impedendosi cosi di fissare lo sguardo più a fondo e di accorgersi che il male è assai più grave. Noi vor– remmo che queste parole del R6pke fos~ero meditate da quanti non vogliono farsi giocare dal fascismo anche l'ultima beffa: quella di non capirlo e di non essere quindi in_ grado di apprestare i mezzi per un suo definitivo superame1_1to. MOMUS - 16 -

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