Lo Stato Moderno - anno I - n.6 - dicembre 1944

Certo nessuno contesta che ognuna delle correntì abbia i suoi santi e i suoi diavoli; gli eretici e gli ortodossi, i destri e i sinistri; nessuno pretende che i singoli accettino supinamente la tirannia del partito con la rinunzia totale alla propria personalità; ma è anche-certo che nessuno deve pretendere di trovare nel program– ma di un partito politico la fotografia delle proprie idealità e delle proprie aspi– razioni, senza nulla voler sacrificare alle esigenze della realtà. È pur necessario quindi che l'uomo politico inquadri la sua personalità in una delle tre grandi cor– renti di cui sopra; nelle quali egli sarà pur sempre l'arbitro_ dei suoi destini e con– serverà intatta la sua libertà di critica e di opposizione perché, come dice Rous– seau, la volontà generale è il risultato d'un grande numero di divergenz;e personali. Tale necessità di inquadramento è fortemente sentita dagli ambienti con– servatori, accomunati da interessi precostituiti di privilegio e di eredità; è altret– tanto sentita e realizzata con severa disciplina dagli elementi rivoluzionari che al compimento della rivoluzione guardano come alla meta finale della lotta poli– tica; non è né sentita né praticata dai democratici i quali, rappresentando l'uomo nel suo continuo divenire, difendono fino allo spasimo la propria personalità con– tro l'uniformità del partito e finiscono col credere, molte volte in perfetta buona fede, che ognuno - e quindi tutti - possa egli snlo essere guida e misura degli in– teressi della collettività. E cosl una delle tre grandi correnti, e precisamente quella <remocratica, re– stando spezzettata in tanti particolarismi che si osteggiano e si cambattono come le baronie di un tempo nello stesso territorio, può essere facilmente stritolata da una delle altre due correnti le quali, pur differendo nella finalità, hanno in comune il metodo illiberale e tendono inesorabilmente alla tirannia. Democrazia e libertà sono termini dello stesso binomio; ne deriva quindi che ogni qual volta i partiti democratici si lasciano sopraffare per mancanza di unità e di coesione, anche le idee di libertà e di giustizia perdono la loro suggestione e finiscono per intristire. ( · La storia dell'Europa in questi ultimi venti anni è la conferma delle nostre osser– vazioni. Il pe1sonalismo dei partiti politici in Italia, dove non esisteva una tradizione veramente democratica, portò allo sfacelo della nostra vita politica e furinò le catene della nuova tirannia; l'esempio italiano operò sotto differenti stimoli in Spagna e in Germania, per non citare che i grandi paesi, e infine, ultimo anello della fatale catena, colpl la stessa Francia che cadde con impressioJante rovina sotto i primi colpi della seconda guerra mondiale. Né valgono a salva.re la libertà i rimedi delle coalizioni di partito, e quelle formazioni, nei casi di emergenza, note sotto il nome di fronti popolari. Si tratta sempre di mezzi termini e di rabberciamenti che non risolvono, anzi aggravano le situazioni, perché il pubblico accoglie sempre con diffidenza tali coalizioni e arriva a considerare ciò che è una necessità come un'asc;enza di carattere e come una rinunzia ad un programma o ad un'idea. Quei politici che invece si procla- · mano democratici, di qualunque tendenza es~i siano, se veramente hanno a cuore e democrazia e libertà, debbono decidersi a far dono dei loro personalismi, dei loro egoismi e anche delle loro virtù all'idea di un grande partito democratico, sull'esempio degli -Stati Uniti e dell'Inghilterra. Ché, diversamente, si ripeterà in Europa, con tutte lejue tragiche conseguenze, il paradosso dei democratici senza democrazia. ' '---- PIL... lUS o '

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