Il Socialismo - Anno III - n. 24 - 10 febbraio 1905

IL SOCIALISMO Comunque lo stringimento dei freni, oltrechè, pcl caso di coscenza :ma, deve essergli stato im– posto da quel rispetto costituzionalè ai voleri del paese recentemente e con tanto clamore interrogato. Ma, dice il proverbio: « altro è dir quattro, altro averli nel sacco» e il buon Giolitti non ha avuto miglior fortuna atteggiandosi a reazionario di quanta n'abbia avuta nei suoi tentativi riformistico-liberali. [I proletariato ferroviario che domandava da anni la soddisfazione di diritti acquisiti, vedendosi giungere per tutta risposta la minaccia concreta di esser posto fuori della legge, ha reagito magnifi– carncntc coi regolamenti alla mano alla pretesa, dimo– strando una volta di pili, se ne fosse bisogno, che per certe strade non si ritorna e che così oggi come nell'antichità, gli oracoli si prestano a diverse inter– pretazioni, e non basta saperli fare parlare in un dato modo, come ha fatto Giolitti nel novembre, pcrchè essi dicono la verità, tutta la verità. Alle corte: come Saracco, nel 1900, dopo lo sciopero di Genova, Giolitti cade - è la parola - nel 1905 dopo l'ostruzionismo, cd i ferrovieri possono vantare oggi di aver vinto da sol i una prima battag_lia politica, contro, ben certo, il volere di quella genuina rappresentanza del paese che siede dal novembre a Montecitorio col mandato evidente di farla finita col sovversivismo pili o meno piaz• 1.aiuolo e colle agitazioni operaie. Noi per conto nostro non possiamo che ralle• grarci del fatto che il dissidio fra la volo6tà uffi– cialmente espressa e le aspirazioni realmente sentite dalla grande massa della popolazione italiana si palesi e si accentui sia pure con delle manifesta- 7.ioni che i ben pensanti chiamano sovversive cd anti-patriottiche. Si è voluta, si è preparata una Camera reazio– naria; ebbene, il proletariato all'audacia dei mani• polatori elèttorali e della volontà del paese risponde audacernente protestando ed affermando se stesso come partito politico punto disposto a subire le violenze delle classi ora dirigenti, e trova modo cl' imporre il suo diritto anche a quella Camera che proprio fu innalzata col preciso intento di concul- carlo e deprimerlo. • Noi possiamo rallegrarci di ciò, ma i governi ccl i dirigenti - ove fossero capaci di capire qualche ,:osa - dovrebbero meditare molto seriarncnte su quc5ti fatti, che hanno una portata assai maggiore di quanto possa scaturire di bene o di male all'una od all'altra parte dal conflitto immediato. Penetra infatti a poco a poco nella mente del popolo il concetto che i Parlamenti così come son formati, cd il parlamentarismo perciò, non possano rispecchiare il pensiero del paese nè rispondere alle esigenze ed ai bisogni della grande maggioranza, per cui la necessità di un'azione diretta cd imme– diata in tutte le questioni almeno di alto interesse proletario da farsi valere come una pressione cd una minaccia contro i poteri costituiti. Ci pensi il governo che fa passare a modo suo la volontà del paese! Pensi, da buon conservatore, alle conseguenze della sua politica e di una politica rea1.ionaria, ricordando che il proletariato d'oggi non è pili quello di 50 anni sono, e che esso ora già comincia a sapersi aprire la strada anche a traverso gli artificiali e legali sbarramenti. Ci pensi! Noi socialisti abbiamo troppe volte ammonito e siamo troppo convinti del pericolo di certi atteg-– giamenti - pericolo per tutti s' intende - che pur– troppo vengono imposti dalla stessa cocciuta pro– tervia e dalla profonda ignoranza delle classi di– rigenti. Il proletariato ha finora camminato per la sua strada, la strada maestra delle sue conquiste; non lo si obblighi a pigliare le scorciatoie! Per esso e per la società intera sarebbe forse in questo momento male grande, per ciò meditino borghesia e governo prima di ripigliare la via per tanto tempo inefficacemente battuta, meditino se nel loro interesse stesso convenga distruggere nella coscienza del proletariato la fiducia eh 'esso ancora conserva nel sistema rappresentativo come via maestra per la conquista dei suoi diritti. GIOVANNI LERDA. HIVIS'l'A DEl,U 1uv1sn~ SOCIAl,ISn Riviste olandesi. I II Mugick,,: la salvezza dello czar. Sotto questo titolo il compagno von der Veer tratta nella 1\lieuwe Tijd del febbraio delle condizioni del contadino russo. L' A. esordisce citando. le parole, che il principe Uchtomski, già amico intimo dello czar, disse ad un giornalista tedesco: cc Non illudetevi. Non avremo una rivoluzione. Il nostro paese è troppo scarsamente popolato. Mettiamo che 10, o 20, o magari 100 mila intellettuali entusiasti sieno pronti a sacrificare la loro vita, se potessero così redimere il paese dalle attuali condizioni. Quanti co– sacchi e quanti gendarmi resterebberc:;> per ogni rivolu– zionario, dato che si spendono centinaia di milioni per mantenere 1111 esercito contro la uazione ! Vi è una sola rivoluzione che può essere pericolosa, ed io non oso dire che essa non sia possibile, qualora la guerra avesse un esito disastroso per il paese. E sarebbe la insurre– zione dei contadini, non già contro l'autocrazia, ma bensì contro tutti i proprietari e tutta la gente colta. Tale insurrezione comincierebbe colla strage di tutti quanti cadessero in mano dei contadini. E vi sono cento probabilità contro una che la polizia non com– batterebbe energicamente tale rivoluzione, ma la soster– rebbe anzi di nascosto come il miglior mezzo di libe– rarsi in fretta e senza disturbo dei suoi veri nemici: gli intellettuali. Qui è possibile ogni giorno organizzare una Kiscineff, non solo contro gli ebrei, ma contro tutti con cui la polizia cre'de di avere dei conti da rego– lare ». L' A. non si associa a questo apprezzamento, spe– cialmente per quanto riguarda la fiducia assoluta nella sconfitta di ogni movimento rivoluzionario nella Russia attuale. Egli ritiene però che vi è un fondamento di verità e che in Europa si tende ad attribuire troppo poca importanza al contadino russo. Tralasciamo gli apprezzamenti del von der Veer sul proletariato indu• striale e la sua forza rivoluzionaria, apprezzamento glo– riosamente smentito dagli ultimi avvenimenti, e pas– siamo ai dati cli fatto, interessantissimi, che l'A. comu– nica sul ceto che costituisce il sostegno principale della autocrazia. Secondo il censimento del 1897 (i risultati dell'_ul– timo censimento non sono ancora del lutto publ>lica.tD

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