Il Socialismo - Anno III - n. 9 - 25 giugno 1904

130 IL SOCIALISMO c'è « nelle minoranze l'obbligo di rispettare i deli– berati delle maggioranze ». li che non esclude che poi, nell'azione quoti– diana di studio, di propaganda, di iniziative prati– che, i compagni riformisti o rivoluzionari, si riuni– scano per affinità di opinioni e di criteri e libera– mente operino ogni giorno conformemente a questa o a quella parte del programma negativo o posi– tivo del nostro partito . • • • -E la Direzione del partito non ha accolta la mia proposta conciliativa, che faceva una eccezione per Milano (dove purtroppo l'esperienza di questi ultimi anni ha rivelato una condizione dolorosa– mente an_ormale nella vita del partito) la Direzione stessa nel fissare le norme pratiche per l'esecuzione del suo deliberato, ha dimostrato di non volere una scissione del partito. Essa infatti - accordato il termine del 30 settern– bre per la fusione dei circoli secessionisti - ha sta– bilito che i soci di questi sianc 1 di pien diritto, cioè senza sottostare a nessuna condizione, inscritti nelle sezioni ufficiali, ed ha consigliato « per le moda– lità della fusione » la nomina di una Commissione composta in parti t.!guali di rappresentanti dei cir– coli autonomi e delle sezioni ufficiali e presieduta da un rappresentante scelto di comune accordo fra le parti, oppure delegato dalla Direzione. Il che significa che ne' luoghi dove la fusione non sia facile - specie per la maledetta influenza dei dissidi e rancori personali • si potrebbero tro– vare degli accornodamenti pratici, che lascino ai compagni dissidenti una relativa autonomia nella loro opera quotidiana. Se così stanno le cose, io non comprendo come e perchè - a meno non si tratti di un proposito precedente e irremovibile - non si debba ora, in ogni parte d'ftalia, realizzare quella unità del par– tito che è così fortemente voluta dal proletariato tutto, il quale poco s'interessa e intende di que– stioni sulle t~nclenze e comprende invece una sola cosa : che alla causa della sua redenzione tutti sono utili e necessari - così i riformisti come i rivo– luzionari - purchè inspirati dal medesimo ideale socialisrn. Tanto più in questo momento della vita poli– tica italiana, in cui tutti i socialisti sono d ·accordo nella opposizione contro il governo giolittiano e tutti i socialisti sentono la necessità dell'unione per le imminenti elezioni generali politiche. L'esempio del Consiglio provinciale di Niantova dovrebbe insegnare qualche cosa. Deliberata l'in– transigenza nelle elezioni provinciali per la grande prevalenza dei compagni rivoluzionari nel Con– gresso provinciale mantovano, i compagni riformi– sti di là accettarono il deliberato della maggioranza. Candidati furono dei rivoluzionari come dei rifor• misti e sopra 40 consiglieri, ne riuscirono 22 so– cialisti, conquistando il Consiglio provinciale. Ed ora, a Mantova, nella deputazione e nel Consiglio provinciale cooperano riformisti e rivoluzionari e l'unità del partito vi si afferma cordialmente ed energicamente, con vantaggio di tutti. Perchè non deve essere possibile la stessa cosa a Milano ed altrove? Provocare adesso una sc1ss1one - piccola o grande poco importa, di compagni modesti o illu– stri, fa lo stesso - significherebbe assumersi una grave responsabilità di fronte al partito socialista ed all'intero proletariato. Ed io auguro e spero ancora che ciò non succeda. ENRICO FERRJ. PROBLEMI SOCIALI Forme e sistemi di lavoro Sommario: /t possessod~I mpitale - IA-wrafori. equipossùimti, ~ttpi,,. /trii.sii, lawralori. mmofH)ssi((mti e 11111/almmti - L'uomo e I' imprtsù, I' UOIIIO e il lavoro. V. Il possesso del capitale. Il possesso tlel capitale in genere, epperò anche quello del capitale da impresa, può essere individuale, associa– tivo o collettivo. Individuale è il possesso, se il capi– tale appartiene frazionatamentc a ciascun singolo di co– loro che ne hanno il possesso, così che ciascuno ne abbia la libera, indipendente ed immediata disposizione ~ capitale individuale. Il possesso è associativo, se il capitale formato dalla riunione di capitali individuali ap– paniene associnlamenle, come un tutto, come un complesso alla comunità dei rispettivi possessori, alla quale spetta la disposizione del capitale, mentre i singoli « soci , non conservano che delle facoltà subordinate e più o meno limitate sulla quota (divisa o indivisa) di capitale loro appartenente; ed ecco il capitale associativo. Dalla riu– nione· di capitali associati di comunità minori si forma poi capitale associativo di una comunità maggiore, sino ad arrivare a quella che avesse il possesso deli' intero capitale sociale. 11 possesso del capitale è infine collet– tivo, se, costituendo il capitale a priori un tutto coe– rente, che non può essere spartito fra i singoli individui, appartiene collettivamente ad enti collettivi pilt o meno vasti, i quali sono pure comunità umane, ma aventi esistenza ed individualità propria, non confuse in quelle di determinate persone (comunità territoriali, politiche, religiose, professionali, scientifiche, artistiche, ec<·.); quivi il possesso e la dii:;posizione del capitale li ha la comu– nità, che li esercita a mezzo de' suoi organi, e i singoli che fanno parte della comunità, non hanno individual– mente nessuna facoltà sul capitale o su una qualunque quota del medesimo, se non quelle per avventura ad essi attribuite dalla comunità stessa: e questo è il capi– tale collellivo ( 16). (16) Una distesa di terreni, suddivisa in dieci campi, di çui cia– -.cuno app.·utcncntc ad un singolo individuo, è oggetto di possesso individuale. Se i dieci indi"idui si uniscono in società conferendo ciascuno il proprio campo, e disponendo quindi della intera distcs., e risp. del singolo pezzo secondo le norme cssen:dali dell'associa– zione, si :wrà capitale associativo. Se il territorio in discorso app.,r– tiene alla ,-omunità degli agricoltori che lo colti,·ano o al Comune o allo Stato, si che il singolo partecipa del possesso solo pcrchè ed in <1uanto è membro delrentc collettivo (comunità professionale, Co– mune, Stato), il possesso sarà collettivo.

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