Il Socialismo - Anno II - n. 3 - 25 marzo 1903

ANNO li. ROMA,25 MARZOI903 N. 3· IL SOCIALISMO ~ Rivista qaioòicinaleòiretta da ENRICO FERRI ~ ....SBONA.MENTL • lTA.l.lA.: Anno L. 5 - Semestre L. ~,501 SI PUBBLICA I Per la Direzione e Redaz:ione rivolgersi all'on, prof. ENtlCO &snao: A~:o 0: ;: :e~;;:0 L. S-25- il 10 ed il 25 d'ogni mese ~::~;~;7~;~:,:::c~~li:~-~:::~ ~ :;_m~ ! 05~• ATTUALITÀ POLITICA RIFORMISTI E RIVOLUZIONARI Millerand e Jaurès. Non è mai tanto come nel contraddittorio che la espressione delle idee assume precisione di con– torni, specie quando ci si trova dinanzi, portato alle ultime conseguenze, un ordine di idee verso il quale si è proclivi, e da queste ultime , onseguenze si rivela a noi la nccessit:\ di porre a sè ed agli altri un limite, per evitare il pericolo di quella degenerazione che si vede rappresentata nel contraddittore. Cosi è avvenuto a Jaurès, dinanzi alla pubblica– zione di Le Socialismeriformistefrançais ' fatta da Millerand. Ed è veramente di sommo interesse seguire nei suoi tratti caratteristici la nobile agitazione di idee sorta dalla pubblicazione dell'ex ministro socialista francese. Dei quattro articoli pubblicati da Jaurés nella Petite République solo del primo la Critica Sociale ha po– tuto dare nel numero del 16 marzo la riproduzione completa, e non completa, di quel solo, la dette l' Ava11ti del 9 marzo. . •• Assai insiste, e giustamente, Jaurés nel dimostrare la continuità del pensiero di Millerand, dal discorso di Saint-Mandé (30 maggio 1896), sino ad oggi. Vediamo il primo punto sostanziale del suo arti– colo primo, pubblicato il 7 marzo dalla PetiteRép11- bliq11e, col titolo di Socialismo: « Millerand è oggi quel che fu ieri: un moderato del Socialismo. Giammai, dacchè egli evolvette dal radica– lismo estremo a un socialismo evoluzionista e prudente, egli varcò la linea che oggi disegna davanti a sè. Giam– mai si ristette dal ripudiare i mezzi violenti. Sempre egli consigliò al Partito socialista di evitare tutto ciò che può inutilmente allarmare. « Temiamo di intimo– rire », fu costa11temente la sua formala. E come quel discorso di St. Mandè, di cui talora gli si rimprovera di aver attenuato le tinte, era misurato e discreto! No, \lillerand è rimasto il medesimo ; e se si può dolersi con lui, non è eh' egli abbia mutato, ma è che egli 1 PAris, Soci~té nouvelle dc librairic, 1903 1 pag. 121, CCD\. 50. non tenga conto abbastanza degli altri elementi, delle altre tendenze, delle altre forze, che si muovono nel grande Partito socialista. « lo non amo molto gli epiteti coi quali ciascuno . caratterizza e restringe il Socialismo. Il Socialismo ri– voluzionario è destinato a diventare una setta. Il Socia– lismo riformista è destinato a divenire una setta. li movimento socialista e opèraio, nella sua larga cre– scenT.a, sfugge a tutte le formule anguste. lo com– prendo bene che conviene essere esatti. I vecchi mezzi rivoluzionari - la barricata, il fucile, il cannone - hanno senza dubbio fatto il loro tempo. Con la demo– crazia, col suffragio universale, coll'organinazione po– Jitica ed economica, il proletariato non ha più bisogno di ricorre;e ai rischiosi colpi di forza, che possono bensì modificare le parvenze del potere, ma che non possono cambiare il fondo di una società. Conviene, dunque, non prestarsi ai malintesi, e non propagare l'equivoco. Trop1>0 spesso, quando i propagandisti del Socialismo adoperano la parola «rivoluzionario», il popolo intendC che essi ripudino l'uso pa1.icnte e vi– goroso dei mezzi legali. E quando essi aggiungono che vogliono solamente « rivoluzionare i cervelli», sembra che ciò non sia se non un gioco di parole alquanto puerile e indegno di un partito serio. « Millerand ha ragione, sotto questo aspetto, di dire che bisogna sbarazzarsi da questa sonagliera rivoluzio– naria. ~la se è pericoloso far sonare questa p3rola ad ogni proposito, io non credo tullavin c!,e sin possibile ripudiare il grande senso rivoluzionario del so• cialismo. « lo non voglio punto parlare di quelle ipotesi incerte che ciascuno può permettersi di configurare. E' pos– sibile che l'avvenimento del· proletariato si compia un giorno per vie extralegali, e nessuno di noi rinserra nella sua mano i segreti dell'avvenire. Ma questa pos– sibilità vaga, che il movimento stesso della democrazi3 organinata rende ogni giorno più improbabile, non basterebbe a giustificare la parola « rivoluzione ». E' in un senso più profondo che il Socialismo è e rimane rivoluzionario. Cli è elle esso 110H n'co11osccil diritlo della società esistente. La socie là dcli' og,g-i,foudaln. sufla scpnra::ione de/Le classi, sullo sfrullamcnto del la– voro salarialo da parie del capitale, è agli occ/11: 11oslri la negazione del di-rillo. li diritto fonclamentnlc degli uomini - il diritto alla vita, il diritto al lavoro e ai prodotti del lavoro - è violato da essa. Certo, è pos– sibile che noi stimiamo più umano e più savio di ve– nire a qualche intesa con la societ..'\capitalista. La pru– der11..apolitica e la umana generosità ci consigliano di addolcire il più possibile le transizioni, e di tener qualche conto degli interessi e delle abitudini. « E' per questo che Kaustsky, dopo Marx ed En– gels, ammette, come principio, la convenienza di una indennità, per lo meno temporanea, nella grande opera di socializ1.azione e di espropriazione che tmsmetted la proprietà degli strumenti di lavoro nelle mani dei lavomtori organiz.1.ati. Ma se questo è l'avviso della politica e della saviezza, non è però la formula irnpc-

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