Il Socialismo - Anno I - n. 22 - 10 gennaio 1903

IL SOCIALISMO fìcacissimo di deprimere i salari e colpire l'intiera massa della popolazione.. I possessori della terra e i possessori del capitale si trO\·ano d'accordo nell'in– vocare quelle forme di tassazione, che gravando princi– palmente sulla classe l::n·oratricc giovano ad un tempo a promuovere l'incremento della rendita e del profitto.»~ E cosi abbiamo visto in Sicilia intensificarsi le im– poste indirette di consumo, che unite ai dazi d'impor– tazione, ai monopoli industriali e alle restrizioni com– merciali, han servito alla depressione dei sala1·i, elevando il prezzo delle cose necessarie alla sussistenza e co– stringendo i lavon:mti a più lungo ed intenso lm·oro. Di qui la miseria acuta dei lavoratori e la diflicoltà della vita nelle classi medie. Di c1ui le ri\·olte dei con– tadini e l'esodo spavente\·ole della minuta borghesia artigiana verso le lontane Americhe. Pochi si arricchi– scono e arrotondano le loro proprietà, perchè molti sof– frono e vendono per poche centinaia di lire le loro case, le loro terre, i loro capi cli bestiame, i loro strumenti di la\·oro. * * * Hanno i socialisti siciliani intuita questa situazione, ed hanno essi pensato che fuori della propaganda evan– gelica e della campagna contro le spese improduttive e il fiscalismo dello Stato, delle provincie e dei comuni, non resta ad essi altro mezzo per concorrere alla so– luzione ciel grave problema siciliano? Enrico Loncao. 2 RICCA SAU'.RNO. La teoria dd st1!11rio, t):'lg. 34i• PROBLEMI SOCIALI Sulle ggi protettive delavoro I. Si è promossa in questi ultimi tempi una grande agi– tazione intorno alla legisla7.iOne del lavoro, per limitare le ore cli lavoro, per assicurare i riposi festivi e do– menicali, la cubatura di aria cli luce necessaria, per gra– duare la fatica a seconda del sesso e dell'età, ecc. Questa agita7.ione ha trovato eco nella stampa cli tutti i partiti e ha provocato innumerevoli pubblica7.ioni: si sono de– scritti a foschi colori i danni personali e sociali che dal lavoro sono prodotti, si è molto insistito a dimostrare con statistiche e con osservazioni di tecnici che certi lavori predispongono a date malattie pericolose per l' in– dividuo e per la specie, a una mortalità precoce, alla degenera7.ione della raz7,a; e citando gli esempi dei paesi industrialmente più progrediti, si è concluso al– l'urgenza, per eludere tutti questi pericoli, di provve– dere a una legislazione di prote7.ionismo operaio, come già si è fatto una legislazione di protezionismo capi– talista per proteggere l'industria e l'agricoltura. Ma come il protezionismo industriale ccl agricolo, questo prote7.ionismo operaio, utile forse a qualche in– dividuo isolato, non mi pare lo sia altrettanto per la massa, per la nazione. Certo è che tutti i lavori, e non solo quelli considerati come pericolosi, non solo i not– turni e minerari, non solo quelli delle donne e dei fan– ciulli, predispongono l'organismo a qualche malattia. I lavori intellettuali predispongono alle malattie ner– vose, a_ miopie, esaurimenti, neurastenie, dispepsie; i mestieri sedentari come quelli di orefice, di sarto, cli cal7.olaio, alle Stipsi. alle dispepsie, alle varici, alle emorroidi, alle deformità corporee. al rachitismo; i mestieri che obbligano a respirar aria polverosa, come quelli di tessitore, filatore, tagliapietre, minatore, car– bonaio, marmista, cardatore, fabbro, predispongono alle ancracosi, siderosi, calicosi, pneumonconiosi e di riflesso alle bronchiti e alla tubercolosi; i mestieri che obbli– gano a passar rapidamente dalle più basse alle più alte temperature, come quelli cli fuochista, cli macchinista, cli gazista, di fornaio, cli fabbro, alle polmoniti e al mal di cuore; i mestieri in cui si deve usare molta forza muscolare, come quello di facchino e di cavatore, all'enfisema, al cuore bovino, alle nefriti: i mestieri che si devono esercitare in luoghi umidi, come quello di muratore, di contadino, di risaiolo, ai reumatismi ar– ticolari, alla malaria; i mestieri in cui si debba restar a lungo in piedi. come quelli cli camerieri, tessitori, fornai alle scoliosi, lordosi, varici, piedi valgo e varo: i mestieri in cui si deve usare continuamente un dato gruppo cli muscoli, come quelli di scrivano e di suo– natore, a crampi specifici. mogigrafie; perfino i mestieri in cui si è obbligati a mangiare, come i saggiatori, i vinai, i cuochi predispongono alle nefriti e alle di– spepsie, ecc. A malattie più terribili e specifiche ancora sono esposti altri mestieri: alla peste, al carbonchio il con– ciatore cli pelli; al noma, al tetano, al moccio quelli che curano ì cavalli; a dermatosi, a erosioni orribili quelli che lavorano nel piombo, nel fosforo, nel mer– curio, e così all'infinito. Nessuna professione insomma è immune da peri– coli. Ma pur desiderando che questi pericoli sicno di– minuiti quanto più è possiblc, nessuno osa ancora pro– porre delle leggi per limitare agli uomini l'esercizio cli tutte queste arti e mestieri. Gli è che il lavoro, pur presentando tutti i pericoli che abbiam citato, è neces~ sario a mantenere all'attuale livello di civiltà gli uomini che ne sono nello stesso tempo gli sfruttatori e gli sfrut– tati. Se il lavoro invecchia prima del tempo, se predi– spone ad alcune malattie, esso dà ali' uomo i mezzi ne– cessari ad alle\·are una famiglia, a vivere a godere qualche poco, a mantenere e migliorare la propria posizione so– ciale; il danno che l'individuo subisce dal lavoro è com– pensato da altri vantaggi che ne ricava. Ora questo sarebbe necessario sapere, prima cli ac– cingersi a fare una legge che limiti l'età e le ore cli fatica agli operai, si tratti pure cli do11ne o bambini: se cioè i danni che da questa limitazione deriverebbero non saranno maggiori cli quelli dovuti al lavoro stesso. Anche il Quaglino, segretario della Federa7.ione gene– rale delle ani edilizie, in una splendida lettera diretta allo Schiavi e pubblicata nella Crilica sociale, r 1 lu– glio 1902, arriva alla stessa conclusione parlando degli scioperi : « Attuai mete sarebbe un grave errore basarsi « esclusivamente sulle condizioni misere dei lavoratori « per domandare miglioramenti; ciò ci porterebbe a do– « lorosc conscguen7.C per l'avvenire; tanto pili ci si clevt « pensare quando si tratta cli leggi sociali la cui por– « tata è tanto maggiore». !\è basta, per risolvere questo quesito, citare ciò che avvenne negli altri paesi. Gli altri paesi si trovano in condizioni climatiche, sociali e sopratutto economiche, molto differenti, nè ci si può basare su una equa7.ione risolta già, quando tante delle incognite sono differenti. i\leglio a!'.-sai è di vedere come si comportino sotto que– sto rapporto le provincie italiane a seconda ciel numero del sesso e dell'età degli operai occupati, cli confron– tare le condizioni di salute morale e materiale in cui le une e le altre si trovano. Questo è quanto ho cer– cato di fare e ricorrendo, in mancanza cli altre statistiche in proposito, alle statistiche industriali delle singole pro– vincie, pubblicate dagli annali di statistica; e racco– gliendo il numero degli uomini delle donne e dei bam• bini impiegati nelle varie industrie meccaniche, tessili, chimiche, alimentari, tipografiche, ccc., tralasciando solo e industrie di cui non era specificato il sesso e l'età dci– llavoranti: e cioè tutte le manifatture dei tabacchi qual– che altra industria differente secondo i vari paesi, ma cli poca importa_nza.

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