Il Socialismo - Anno I - n. 14-15 - 25 settembre 1902

216 IL SOCIALISMO 6. - li vero riformismo. In fondo al cosidctto riformismo giace una grande illusione. Pensano alcuni che, coperto il paese di una fitta rete di Sindacati operai, di Leghe e Camere del lavoro, si potrà avere una solida organizzazione da adoperar cot)le strumento nelle lotte politiche contro il Governo. t\la si rifletta: è possibile credere che alla testa di un certo numero di Camere del lavoro mezze fallite, di sindacati anemici ogni mese in guerra non tanto con i capitalisti come con le legioni dc' soci mo– ro~i, di Leghe contadinesche necessariamente povere, si possa affrontar tutta la formidabile organizzazione di interessi che impera: la ~ 1 lonarchia con il suo prestigfo secolare, la Chiesa con la sua gerarchia complicata, lo Stato con la sua infinita potenza economica e politica 1 il Capitale con tutti i segreti accorgimenti di cui di– spone? In Italia si passa sempre da una soverchia dispe– razione a una soverchia fiducia. Se si vuole ottenere qualche cosa, bisogna oggi determinare forti correnti cli opinione pubblica, agitando i grandi problemi po– litici ed economici, specialmente nelle classi medie e nel popolo. Si creino pure Sindacati, Leghe, Camere del lavoro, belle istituzioni che sono come il segno del . progresso morale ed economico <lei popolo; ma si tenga ben presente che noi per molto tempo potremo vedere solo simili tentativi cli queste istituzioni, le quali pos– sono fiorire soltanto là dove già esiste una certa agiatezza e cultura, e quindi solo accelerare e compire un per– fezionamento ìncominciato con altri mezzi; ma non si dimentichi mai che queste istituzioni proletarie solo a poco a poco si perfezioneranno, se le condizioni gene– rati de! paese migliorano; che quindi esse così fragili ancora non possono essere strumento alla lotta ardente e faticosa, necessaria a procurare condizioni migliori di vita al proletariato; ma la loro prosperità sarà uno dei tanti premi, che il proletariato otterrà dalla vittoria contro gli abusi peggiori del sistema presente. Occorre sopratutto insistere perchè il Partito socia– lista non entri, sviandosi dietro le vane speranze di una organizzazione economica potente e solida, nelle idee e nei metodi ciel partito conservatore e non tenti cli applicare a vantaggio di una piccola parte del prole– tariato quella politica di clientela che da quaranta anni fanno i partiti che si sono seguiti al Governo 1 ai danni delle classi popolari. Qualcuno potrà forse meravigliarsi di questa racco– mandazione, che può sembrare a molti superflua e anche strana. Ebbene, leggete questo singolare commento di Claudio Treves, a una mia osservazione nella quale aveva creduto scorgere una allusione ai ferrovieri: Perchè i fe:-rovieri si sarebbero do-..uto far scrupolo di servirsi un po' dello Stalo a favor proprio, polendolo, mentre questo Stato ha sempre servito i c:i.pitalisli? Lo Stato è di chi se lo piglia. Concezione un po' barbarica, ma esatta. Finora se lo son preso tutto i proprietari·; adesso i lavoratori cominciano a pigliarsene un miccino per sè. Sono cosl in colpa da meritare tante scomuniche? ... li significato oscuro di queste imprudenti parole può essere illustrato cosi : esiste in Italia una potente coalizione di interessi che, padroni dello Stato, oppri– mono le classi popolari disperse e disorganizzate, im– ponendo loro, a proprio vantaggio 1 un carico immane di tributi. S'è formata, in antagonismo a questa coa– lizione, una piccola organizzazione di gruppi proletari, tra le Parti pitl evolute del popolo. Muover questi contro quello è impresa troppo ardua; e siccome pure in qual– che modo bisogna pur contentar questi, non sarebbe opportuno di intendersi con i dominatori e far loro concedere una parte sulla preda? Certo, se lo Stato fosse una cosa fuori della nazione, un territorio straniero, non sarebbe male che dopo i proprietari, anche i lavoratori cercassero di prenderne ra ( 1rt parte; ma il Treves dimentica che quello che egli chiama lo Stato, è in verità una somma immensa di ricchezza, per la maggior parte estorta con vari artifici alle classi popolari e ripartita poi con un complicato raggiro, tra una piccola minoranza. Sarebbe una politica proletaria quella che aiutasse piccoli gruppi di operai a conqui– stare un posticino in questa minoranza, e a migliorare la propria condizione a danno non dello Stato, che è una parola, ma delle moltitudini proletarie meno orga– nizzate e potenti? Il Treves protesterà che questo non è il suo pen– siero; ed io lo credo. Ma simile a questa che io dico, potrebbe essere la conclusione di una politica, che schi– vando i cimenti faticosi contro le vere potenze maligne e nocive alle plebi, si lusingasse di riuscire nell' im– possibile c6mpito di migliorare le condizioni del pro– letariato con una organizzazione economica 1 il cui suc– cesso è quasi impossibile per le condizioni generali del nostro paese. Guglielmo Ferrero. DABERRA CANDELA Votammo, la prima volta, per il Ministero liberale perchè << assicurava lo svolgersi normale della lotta di classe. » Una settimana dopo quel voto, il sangue proletario bagnava il ponte di Berra ferrarese. E l'autore della strage fratricida aveva le giustificazioni del Governo in Parlamento, dove gli on. Ferri e Bissolati ricacciarono in gola al ministro della guerra le sue parole da trivio ·contro i rappresentanti della nazione richiamanti al ri– spetto della vita umana. Una settimana dopo il Congresso d'Imola, si è già dato « l'encomio solenne» al brigadiere dei carabinieri, che a Candela, percosso da un pregiudicato (non socia– lista) non solo sparò per difendersi, ma poi, ebbro di sangue, uccise donne e uomini inermi e tranquilli, lontano dal luogo della colluttazione. E il Governo non vorrà sconfessare il Comando su– premo deWarma, che ha voluto così schiaffeggiare ogni sentimento cli umana pietà, non salvando nemmeno le apparenze della cosidetta giustizia indagatrice. Noi no,~ aggiungiamo commenti, poichè il proleta– riato sa farli da sè, nell'anima sanguinante. Ma diciamo che d 1 ora innanzi - come, presagendo, Fon. Ferri disse ad Imola sull'ordine del giorno Lucci - di fronte ad un Governo, che al popolo meridionale affamato va spacciando viaggi e promesse mirabolanti e. insieme piombo fratricida, continuare l'appoggio acquiescente, equivarrebbe ad assumere una odiosa complicità. J./anima rivoluzionaria del Partito socialista, c-operta per poco dalle ceneri tiepide del riformismo opportu– nista, erompe inestinguibile dalle sociali tragedie, che non avranno posa sin che duri « la tirannide bor– ghese. » Quegli abbonati, cui l'associazione è sca– duta col fascicolo XII, sono invitati a rinno– varla con sollecitudine, poichè altrimenti verrà loro sospeso l'invio dei fascicoli. L'Amministrazione.

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