Il Socialismo - Anno I - n. 10 - 10 luglio 1902

Rb IL SOCIALISMO 149 stone da mares~iallo di delinquente d'abitudine. E', in– somma, l'individuo che ha esordito nella carriera del delitto come semplice tipo d'occasione, ma, trascinato dal primo fallo- in un secondo, balzando da una caduta in un'altra, finisce col perdere del tutto quel senso mo– rale che 1 sebbene male organizzato, pur tuttavia al– i' inizio della sua carriera possedeva e così diventa un delinquente croniço. Di questi tipi che debuttarono nella carriera gior– nalistica col loro bravo reato di occasione e poi una volta messi su quella strada, nOn.se ne staccarono più, è pieno il mondo dei pubblicisti. Anzi, costoro for– mano il tessuto solido e compatto di un tale mondo; sono nel giornalismo, ciò che sono i pianeti nei mondi solari. Essi appartengono a quella mediocrità della de– linquenza ·che non ha neppure il lampo di luce che viene dalla fortuna o dalla genialità, sono i professio– nisti sgobboni e insignificanti, le masse corali del pal– coscenico giornalistiço. Tutti sono disposti a mettere ali' incanto la propria penna, non tutti hanno ancora però trovato il padrone, e si comprende, - perchè non tutti coloro che sono pronti a vendersi, meritano di essere. comperati. In questo mondo grigio vivono quei giornalisti che scrivono lettere anonime ai direttori dei giornali ove collabora un invidiato collega, per mettere in mala vista il temuto competitore e farlo cacciare dal giornale; quelli che, come sciacalli, si impinguano del denaro delle ban– che per riversarlo poi nelle tasche della propria moglie, ex-ballerina ed ex-danzatrice di corda, la quale poi, a sua volta, lo versa nel portafoglio dell'avvocatino amato; quegli altri che gridano a favore della pubblica mora– lità del proprio ·giornale, venduto però al Ministero, e poi barano al gioco, - pardon - correggono la for– tuna e si stringono in alleanza con Alphonses, con de– linquenti bancari, con ricattatori, a cui aprono le colonne del proprio giornale ... tutto un mondo, insomma, degno del bollente marchio dantesco - un marchio che, Come diceva l'Heine, brucia più di tutte le fiamme dcli' in– ferno: Rujfian, baratti e simile lordura. Costoro poi, quando da qualche giornalista onesto e coraggioso vedono svelate e denunziate le proprie magagne, querelano per cliffama~ion~ senza dare facoltà · di prova (terribile accusa a sè stessi!) o, qualche altra volta, quando caj)iscono che dal processo, anche senza accordare facoltà di prove, scaturirebbe fuori l'onta per la loro condotta, ritirano telegraficamente la loro que– rela; altre volte ancora, impauriti daHearmichelapersona onesta può impugnare, in tribunale si ritrattano vilmente in piena forma 1 e dopo avere insultato ieri e stampato coscientemente, per prezzo, la catu·nnia, oggi firmano una brava ritrattazione in piena regola, per la quale non si sa se più spregiare la bassezza dell'uomo o compa– tirne la vigliaccheria. Così 1 dopo avere assalito, si ri– tirano. Sono ancora come quei bravi dei tempi passati cl1e colpivano il nemico soltanto se potevano immer– gergli la piccola lama della misericordia nelle spalle; ma che, se quel{o si voltava e li affrontava, fuggivano nel buio, buttai1do via l'anne e raccomandandosi alle gambe. . .. Anche il delinquente per passione e il delinquente pazzo trovano il loro posto nella variegata collezione dei giornalisti professionali, - ma sono figure assai rare ed eccezionali. Vi sono quelli che, trascinati dalla passione - que– sta grande marea che alza e abbassa continuamente il cuore umano - scrivono partigianamente cose non vere 0 ? esagerate e commettono, nella pratica della loro vita professionale, atti che, af lume di una sana mo– rale, sarebbero biasimevoli. Non agiscono per malvagità congenita od acquisita, come gli altri loro colleghi, tee Gino Bianco no, - ma sotto la febbre della paSsiòne, che fa ve– der loro alterati i profili delle cose, o che fa loro ere- . dere nobili e giusti certi mezzi tutt'altro che prege– voli. Sono anime settarie che, invase dalla loro idea fissa entro la quale vivono isolati e soli, come dei Robinson Crusoè intellettuali, c6mpiono atti che, se sono giustificati dal punto di vista della morale settaria, sono riprovevoli da quello, ben più lato, della morale sociale, collettiva. Direi quasi che mentre gli altri ado– perano la penna come il pugnale di un sicario o pagato, questi la adoperano come il pugnale, sanguinoso sì, ma a volte nobile, del settario che uccide il tiranno. · Portate questa passione allo stato acuto, elevatela ·ad un enorme esponente, si che essa invada tutta l'a– nima di chi scrive, e divenga una idea impulsiva, de– lirante, ed aVrete lo scrittore mattoide che nel suo giornale delira, inveisce, perseguita, qualche cosa tra lo Sbarbaro e il Coccapieller: tipi di giornalisti che, sebbene raramente, pure risplendono a quando a quando, - per la genialità che accompagna spesso il disor– dine della loro mente, - sull'orizzonte così vario e così scultorio, - come bolgia dantesca, - del mondo giornalistico. . .. Con tutto ciò, non dobbiamo dimenticare i benefici effetti Che iJ" giornalismo, - a malgrado della sua tinta criminosa ~ esercita sulla società. li giornalismo, per quanto serva di canale a una derivazione, del grande fiume della delinquenza, porta seco innumerevoli van– taggi, ed è meglio che esso viVa, così come è, Piuttosto che sia abolito - se si po~esse - con un colpo di bacchetta magica. Il giornalismo - anche a tinte criminose come è - può fare e fa del bene. E' un male, - ma porta seco del bene. Una intelligenza assai fine, che dirige una delle più grandi riviste francesi, mi diceva sorridendo: Si; fa del bene, ma non avendone l'intenzione. L'osservazione è - forse - giusta; ma non ·nega il fatto: il giornalismo moderno, pur essendo in gran parte una forma rimodernata e inguantata di brigantag– gio, porta anche seco del bene. Esso è, un poco, come il classico Nilo: innonda e devasta, ma lascia poi, ritirandosi, un limo che feconcfa le glebe e desta la vita. E chi sa che un giorno, quando sarà cessata la lotta fratricida e brigantesca per la conquista e il saccheggio degli scudi d'oro - lotta senza mefcè, di cui la nostra società borghese è il teatro, .:__chi sa se un giorno quando le mutate condizioni economiche av~anno dato a ciascuno dei lavoratori della mente e del braccio la sicurezza del pane quotidiano, sia durante la giovinezza e la maturità, sia du'rante la lontana e riposata vec– chiezza, - chi sa, dico, - che questa vergognosa febbre del dio quattrino non diminuisca fino a rag– giungere la temperatura normale e il giornalismo allora, invece d'essere un'arma brigantesca per iubare, non sia davvero ciò che deve essere: una fiaccola per illu– minare, bruciante di luce eterna? Ed è a questo tempo futuro - in cui il giornalismo . non sarà più un chiavistello per forzare le casse forti, ma una leva per sollevare la verità, non più un fuoco fatuo che nasce daUa decomposizione dei cadaveri e brilla cli una luce che gy.ida nelle paludi, ma una fiamma che illumina l'Ideale - è a questo tempo futuro che noi mandiamo~ il nostro pensiero, quasi a conforto del male presente e a speranza per l'avvenire. Alfredo Niceforo.

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