Il Socialismo - Anno I - n. 10 - 10 luglio 1902

IL SOCIALISMO praticamente si è costretti a rilevare che la loro linea di. condotta è le mille miglia lontana da quella della democrazia socialista internazionale, essi protestano contro il tentativo di specificare le note delle due ten– denze che ora dividono il Partito socialista italiano. L'equivoco è fondato su questo fatto, che, in gene– rale, essi ammettono teoricamente le cose stesse che dicono i socialisti rivoluzionari. Ma le evidcinti analogie fra il movimento turatiano e il fabianismo inglese ci consentono di atlribuire al primo tutti gli aggettivi che convengono al secondo e di assumere, di fronte ad esso, lo stesso atteggiamento di battaglia che, per esempio, la inglese Fcdernzio11.e socialista-democratica., non ostante l'identità del programma nei fini, ha assunto di fronte alla Società fabiana. · La necessit..'l di contrastare risolutamente a questo indirizzo risulta dal l'ovvia constatazione che nella vita dei Partiti, come nella scienzà, il metodo ha un' im– portanza. spesse volte superiore agli stessi principii. Nessuno di noi, senza esporsi all'accusa di cadere nel grottesco, può mettere in dubbio la disinteressata sin– cerità pol_itica di questi nostri frères-e,memis. Ma non possiamo astenerci dal rilevare che tutti i metodi che essi predicano o sono in diretta opposi– zione col carattere specifico del Partito, o allontanano il Partito dal conseguimento delle sue finalità. General– mente questi metodi si esprimono con due diverse pro– posizioni, che rappresentano due trappole aperte sotto i passi della democrazia socia.lista. Secondo la prima di queste due proposizioni è nella conquista graduale delle maggioranze parlamentari che è il presupposto d'ogni trasformazione socialista, onde l'uso dei con– gegni parlamentari è fanaticamente predicato come il solo mezzo veramente rivoluzionario, mentre è dubbio che lo sia stato mai ed in qualche misura. Accennerò qui appena di passaggio che la teorica secondo cui la conquista della maggioran7~ parlamen– tare dispenserebbe dall'uso dei mezzi rivoluzionari, è smentita ad ogni pagina della storia. La rivoluzione del 16~2-43, che depose e decapitò Carlo I, fu ap– punto il prodotto della vittoriosa resistenza del potere esecutivo alla maggioranza del Parlamento. Quella suc– cessiva del 1685, che segnò la fine del Governo degli Stuart, ebbe la stessa origine. Dal 9 termidoro al J 8 bru– maio, durante la rivoluzione francese, le maggioranze ·parlamentari non sono che lo zimbello del potere ese– cutivo. Che cosa poi esse valgano, lo mostrano le giornate del luglio 1830 e la storia del Parlamento introvabile iedesco del 1848. In realtà le maggioranze parlamentari non riescono a qualche cosa se non quando o si astengono dall'attaccare le basi della costituzione sociale e politica d'un paese o pe°rconverso riescono ad ottenere la complicità del potere esecutivo. La teorica dell' 01111i,Pole11za delle 11U1ggi.ora.nze parlamentari è giu.- 1'idicamen/e e storicamente una illusione. Fondare dunque sul conseguimento di una maggioranza parlamentare le speranze della piena realizzabilità del Socialismo è come porre a sè stessi una barriera che non si supererà mai e deridere eia sè stessi le proprie aspettazioni. ' 1 lA proscrizione dei mezzi rivoluzionui non è punto un in. scgn:i.mento della democrazia socialista tedesc:i. Ros.'l Lussemburg, scrivendo nella Neut Ztil sul fallimento dello sciopero generale nel Uclgio, osservava giustamente che • lo sforzo per attuue una crescente dcmocr.tzi:t nello Stato e nel sistema parlamentare è un mezzo estremamente efficace per elevare intellettualmente e m:ne– rialmente la cl:\.Sselavorntrice. • Ma subito aggiungeva: • Ma è questo tulto ciò che la democrazia socialista tedesca ha insegnato. Non e' è punto bisogno di bandir per decreto, una volta per sempre, 1:i.(orza d:llla storia, nè di abolire le rivoluzioni v iolente come mezzo di lotta per il proletariato, facendo del par- 1 :uncnt:i.rismo l'unico metodo della lotta di classe.· Al contrario, r o Queste vedute non appartengono punto al marxismo. Il Bernstein, che il marxismo lo conosce, e non pensa di adulterarlo, come certi contraffattori italiani, scrive: « Si può concepire in due modi la conquista del potere politico eia parte del proletariato : per mezzo della lotta parlamentare, sfruttando il suffragio eletto– rale ed utilizzando tutti gli altri congegni legali ; op• pure per via della violenza, ricorrendo alla rivoluzione materiale. E' notorio c/1e Afar:x ed Engels, sino a poco fa, 1-itennero quest'ultimo come il mezzo quasi dapper– tutto indispensabile. » 1 * * * La seconda di quelle proposizioni può brevemente 'così delinearsi: conviene attendere dal pieno sviluppo delle organizzazioni sindacali l'avvento della democrazia politica e, quindi, del Socialismo. Onde bisogna sa– crificare alla libertà di coalizione e d'associazione qual– che particolare preferenza della parte socialista. Di qui è venuta quella specie di superstizione deli' organizza– zione per cui, andando incontrd a non pochi disin– ganni, si è predicato e tuttavia si predica alle masse una strana filosofia del!' onnipotenza delle organizza– zioni di mestiere. La letteratura orale e scritta del So– cialismo italiano ribocca di omaggi resi a questo nuovo idolo, il cui valore contingente e pedagogico è certa– mente indiscutjbile, mentre non è del pari provato che esso possa efficacemente sostituire tutti gli altri mezzi della trasformazione socialista, La superstizione sindacale è stata ridotta a canoni da Conrad Schmidt nel Vonvaerts del 20 febbraio 1898. Ivi è detto che « la lotta di mestiere e la lotta poi itica per le riforme sociali produrranno un controllo sociale sempre più ampio sulla produzione e ridurranno il capitalista, con la crescente limitazione dei suoi diritti, al semplice ufficio di un amministratore. » Sindacati operai e riforme sociali: questo il binomio del socia– lismo addomesticato internazionale. In Italia, grazie alfa confessata ignoranza dei rappresentanti di questa medesima tendenza, la teorica del sindacato operaio non è stata formulata. Ma, per compenso, ben altri incensi sono stati accesi innanzi al nume delle orga– nizzazioni di mestiere. Nel calore della polemica mini– sterialistica, quando le sorti del ministerialismo pare– vano pericolanti in seno al partito, si escogitò la teorica dell'appello alle Società di mestiere. Fu proprio in quella circostanza che si scovrì come lo Spirito Santo del Socialismo si fosse oramai rifugiato in seno alle organizzazioni dei contadini. In nessuna cosa è più visibile la natura conserva– trice della tendenza politica che noi éombattiamo come in questa santificazione dei sindacati. 2 I sindacati ad altro non servono che a sfruttare le contingen:e d,el mercato, cioè le condizioni variabili entro le quali è messa l'offerta della forza di lavoro. Essi hanno per presupposto il sistema del salario, sul quale sistema non possono agire. In un certo senso compiono una funzione capitalistica, perchè sottraggono la produzione delle merci all'alea delle condizioni del sal3.rio, che essi tendono a rendere eguali per tutti i produttori. Ma in ogni caso la loro funzione benefica è limitata al gruppo la forza è e resta l' • ultima ratio• per la classe operaia. E se con I' :uione parlamentare, come con le altre, noi rivoluzio– niamo i cervelli, ciò facciamo perchè in fine, ali' orn della crisi, la rivoluzione discenda dai cervelli nei pugni. • 1 VorlltUJtlz1111gt11 du Sozia/is1111u, pag. 87. 2 A scanso di facili equivoci debbo dichiarare che :lnch' io vedo nel sindacato l'agente di una progressiva socializuzione della proprietà. ~I:\ il sindacato che agisce in questo senso è già un organismo polilito, perchè compie atti ora devoluti allo Stato. Quest:\ nuov:\ fonnazione sindaC!llf"ora non esiste che come fatto sporadico. I l suo svil upp o non potrà che seguire la trasformazione democr:i.tica dello St :i.to . 1

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