Il Socialismo - Anno I - n. 6 - 10 maggio 1902

IL SOCIALIS~IO pratica economica: e tale si rivela in effetto a chi pensi che esso altro non è che l'applicazione della legge dei grandi numeri al consumo operaio. Se esso si spingeva più audacemente nel campo difficile dell'associazione produttrice, si ri\·elava allora come l'assurdo tentativo di conciliare l'inconciliabile: il lavoro col capitale. E questa seconda forma di associazione o era l'efllato delle utopistiche divagazioni clell'Owen, o era l'àncora di salvezza dei teorici borghesi, a corto cli argomenti. In Italia poi, il mazr.inianismo, schierandosi sotto la bandiera della conservazione della proprietà pri,·ata, avea senz'altro confinato l'associazionismo tra gli espe– dienti del riformismo borghese. 11partito della lotta di classe, a base anticapitalistica, non poteva non muovere in guerra c-ontro il cooperativismo mazziniano, e si può dire che il socialismo italiano ha dato i suoi primi passi sul terreno di questa avversione. F. Turati, che ha ancora inconsape,·olmentc cristal– lizzate nel suo spirito le vecchie dispute sul coopera– tivismo antisocialista, è l'esponente maggiore cli questa tn1dizionale avversione. Di questi giorni la tesi, ripresa per ini:t.iativa del Ferri, ha costituito l'oggetto - superficiale e fugace - di nuove discussioni. E in C!-sa, torna insistente la dif– ferenza tra la resisten=a, che è la forma esplicativa del nerbo vitale del socialismo, e la coopera=ione che attinge all'empirismo dei palliativi fatui e, spesso, nocivi. Eppure, in un periodo piuttosto recente, uno dei veterani del socialismo, Eduardo Bernstein, facendo una revisione critica dei fondamenti teorici del socia– lismo, concludeva senza csitanza che tutto il socialismo in fondo altro non sia che un cooperativisll}O applicato come sistema generale della produzione. Ma quando si pensi che il Bernstein è riguardato siccome il principale autore cli quella formidabile crisi dottrinale contro cui è insorto tutto il socialismo uffi– ciale italiano e d'oltre Alpe, allora si vede come la tesi cooperativistica è stata guardata con occhio ancora pili sospettoso e diffidente. 1 Eppure questi coefficienti psicologici, ora in poche linee accennati, se ci spiegano la mal simulata avver– sione socialista pel cooperativismo, mostrano, d'altra parte come la obbiettività non preconcetta della qui– stione in sè e. per sè stessa sia andata smarrita, e come il problema concreto del cooperativismo attenda ancora una soluzione serena. Maffeo Pantaleoni, scrivendo della cooperazione nel- 1' Rconomic /011.rnal, si proponeva di provare che il prin– cipio cooperatore è basato su quelle istessc leggi eco– nomiche su cui si fonda il sistema capitalistico di produr.ione. Da ciò il Pantaleoni induceva che la cooperazione non era nè un avviamento ad un nuovo modo di pro– durre la ricchezza, nè tampoco una rinnovazione in senso socialista della società: « La cooperativa funziona tecnicamente ed economicamente alla stessa stregua della intrapresa capitalistica. » Ora il problema del carattere della organizzazione cooperativistica presuppone la risoluzione di un'altra questione d'ordine generale. Contiene in sè il socialismo leggi economiche diverse da quelle che oggi spiegano il loro imperio nel sistema capitalistico di produzione? I seguaci dell'economia classica risponderanno sen– z'altro che le leggi economiche essendo naturali, o il 1 l~:vero che il Kautsky (Le mar.risme cl S(JII rriliqut lhr11slc'i11) dice che b necessità della pratica cooperativistica è :,;tala riL-ono– --ciu1a da' soci!lli,ti as ... ai prima che 1hm il Bcrn... tcin: ma t' innc– gal,ile che in quc-.ta. funn:l di urganiz1.aziunc prvlctari:t nuu si t:: vistu mai un 111e:;:::.q p,,silivcJ di tr!lsfonn:izionc socialista. 3 socialismo è irrealizzabile, oppure esso non può veri– ficarsi che nell'orbita stessa delle attuali leggi naturali di economia. Se noi riusciamo a provare che il socialismo, non soltanto si stabilisce in base alle generali leggi dì eco~ nomia sociale, ma ne è invece la conseguenza fatale e inesorabile, evidentemente la tesi del Pantaleoni pre– cipita. Le leggi della cooperazione, si afferma. sono comuni al sistema odierno cli produzione. In effetto: 1° L'l legge cooperativistica del valore è quella stes...,a che vige nel sistema capitalistico. Le merci pro– dotte dalle cooperative si cedono a quei prezzi che sono determinati dalle equazioni di scambio sul mercato. 2° La legge cooperativa di produzione è quella istessa che governa il sistema odierno capitalistico. Essa in effetti si arresta a quel punto in cui la curva della domanda interseca la curva dell'offerta: ossia stabilisce un ricavato che è quantitativamente l'istesso cli quello percepito in libera concorrenza. 3° La legge di distribuzione si esplica attraverso le stesse categorie capitalistiche ciel salario, del profitto e della rendita, e sono appunto gl' indici <lei reddito quelli che sono necessari per stabilire gli investimenti pili utili. Ora questa serie di pretese identità tra le leggi coo– perativistiche e capitalistiche non resiste ad un esame più attento e diretto. Rispetto alla legge del valore è evidente ch'essa. essendo una legge naturale, si applica dappertutto ove vi è esplicazione di attività economica. Sotto tal rap– porto nessun sistema storico di produzione può sottrarsi a tale legge. \"oler quindi concludere che la coopera– ti\·a resta sul terreno capitalistico, per il fatto che essa. ha le istesse leggi ciel ,·alore odierne, è altrettanto assurdo quanto il dire che il sistema capitalistico cli produzione è l'istesso di quello dominante nella società a schiavi e nella società feudale. La cooperativa dunque nasconde un carattere cliversificativo da quello proprio dell'intra– presa capitalistica. Rispetto alle leggi di produzione la identità tra la cooperativa e l'intrapresa ora prevalente non è così sostanziale come si vorrebbe credere. Mentre l'intrapresa capitalistica è un'azienda indi– retta. come dice il Cassa, cioè a dire produce fino alla sua produttività estrema, la cooperativa invece tende al sistema diretto, ossia procede a una produzione prc– ;.Jentivata razionalmente al fabbisogno. Ove infatti si suppone stabilita un'organica interdi– pendenza tra una serie di aziende cooperative di pro– duzione ad una corrispondente serie di a1.iende coope– rative di consumo, per ciascun ramo produttivo, ci accorgiamo cli leggieri come sia la calcolata parte di assorbimento e di consumo, e non più la finalità d'un massimo profitto, che si erige a principio regolatore della produzione. Sicchè a misura che la cooperati,·a si va sostituendo alla intrapresa capitalistica. il prin– cipio della speculazione cede Yia via ad un principio sociale. L'equivoco nello stabilire l'antitesi tra socialismo e capitalismo sta nel fatto ch'esso vien figurato siccome il sottentrare della Società nella g-estiom· della ricclu:==a. Ora la cooperativa stabilisce, è ,·ero, il dominio della collettività sulla azienda economica, muta l'ordinamento dell'officina sostituendo al privato capitalista una società di lavoratori cointeressati. ma nel senso del regime capitalistico lascia la ricc-hezza nella sfera delle attivitù individuali e non le deferisce allo Stato. Ma il socialismo è in fondo e nella sua sostanza il sottentrare d'una società lavoratrire ad una società di s/)ec11/a=io11e: ora che la classe lavoratrice possegga in solido mediante lo Stato tutta la ricchez:t.a riproduttrice, oppure la gestisca direttamente in guisa da ripartirne i

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