La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 6 - 5 febbraio 1924

rii corso Oddone, ebbe sempre il consenso rfol _popolo, fu sempre vicino al cuore della na~JOne, per usare il frasario dei giornali uffic1os1che parlano dell'on. Mussolini. La. ,-agra,. rivoluziona.rio-patriottica, ariosa ed 1mbomtnce, è Giulietti che la inventò tinanrlo ancora gli altri languiva.no nei co'. .-iiz1 a base cli bandiere rosse, tetri e sbacc•llal1 come 11na vignetta di Scalarini ... l.a sua Pisata L'e~ercizio della gueule, continuato per J&arecch1eore, soLto il sole, gli centuplicava klrza e astuzia: i colori crudi e ma.reati del- }e vernici e dei pavesi, il frastuono della eiurma, e \"odor speciale dei bordi compo- ~lo d1 sudore, rii catrame, di rigovernatura t11 stoviglie e di vernice lo rinvigorivano. Alla_sera delle sue grandi giornate, egli si !!entiva tanto fort,e da essere completamente smcero. Acca.ldato come un guappo reduce àalla zuffa, egli raccontava i suoi successi ~~ un riso gorgogliante, e gli occhi sbarrati, appl!cando per abitudine all'unico u.- 1-Coltatorele seduzioni usate poche ore prima con la folla. .Il giorno 2i Febbraio 1922, egli aveva speehto rn Russia una nave della «Garibaldi» 1 'A 111UcnreCipriani, con un carico di soc'. 1-0rso per le vittime della carestia: aveva Jtresieduto una grande sagra marinara, an- •unciando lui stesso, a colpi di grammofono, le comparse e i numeri dello spetta.- eolo. Alln sera egli mi tenne questo discorso, che io notai immediatamente come esempio non superabile di delirium tremens àemagogico: « Hai veduto oggi eh? Che pasticcio, che confusione, che baracca!. .. ». •gli agik1xa Lebraccia, come per rimestare qualche enorm,i matassa, come per pimena- :re il bastone dentro la zàngola, come per ~iorinare al sole i mannelli di fieno. « Ho fatto parlar tutti: Rizzo l'affondatore, Serrati neutralista., una anarchica, un combat- \.ente, tutti una baracca, tutti una confusio1~e.via, via, Fedemarina, fedemarina! "· La risata era gargantuesca, la risata del gran µacciator-e, la risata deJ!o sbroàolone, la risata del ciccialardone: quella che, in Italia, si è convenuto di chiamare « la risata ro1r1agnola». Poi fissò gli occhi nel vuoto, e tiiceva: « Ah, come siete stupidi! Con un giornale come questo, quante cose da fare! Imporsi! Lanciarlo! Grande tiratura! Centomila copie! Duecentomila copie! Per i fet!Prati sparsi in tutto il mondo! Per la Fet!emarina ! "· Era stanco, un minuto, e si ricacòava sulla fronte il ciuffo, con quel gesto « rivoluzionario» che piaceva tanto tii sovvPrsivi dell'enk>ura.ge dan.;1unziaao, a Fiume. Poi ripigliò ancora, con infinito tiisprezzo, spampanato ingenuamente in t.utte le parole: « Voialtri non capite niente. ~on vedete tutta l'opera feconda che c'è da fare. Genova, un centro così! Le Riviere, kutte industrie! Ma è· roba da cambiare la faccia a Genova! Avanti! Aprire strade! Ri- "°stru-ire! Realizzare!" Sfonàare i monti! ». Qestiva per segnare grandi strade rettilinee -- autçistrade! - Aperte verso mete a lui solo visibili. La voce si trascinava rauca sulle vocali: straade, moonti: era l'invasato, l'apostolo della palingenesi sociale: Simon Mago, predicante « Aprire straaade, fondaaaro i IDDOOnti,sl ti dico, sì ! ». E mi ~fferrò per il braccio, convulso, sbavandomi vicino all'orecchio tutto il suo amore per l'umanità. Un minuto di silenzio' poi, rapida, felina, cinica, la battuta finale: « Qualcheduno pagherà"· Una ·alzata di spalle, e una sghignazzata: lo sberleffo di Simone Mago precipitato, o se più vi piace, la disinvoltura del ministro dinamico per il Jeficit che si aprirà come un bara.ti-o, quando la fée,rie sarà finita, sotto i piedi del successore. I suoi gusti culinarii Ma i Simoni maghi italiani, dopo la ca- • uta. non muoiono: si mettono a tavola. Così faceva Giulietti. Nei periodi di esilio o di « disurmo », rispunta in lui un uomo nuovo, ancora « un altro » GiuJ-ietti, diverso dai conosciuti: un'altra incarnazione dello spirito santo della Romagna: un Giulietli ghiottone. Di tutl.e le accuse di dilapidazione rivoltegli, non ne credo una: egli è troppo grande finanziere per fare il colpo sulle cento o sulle dnecentomila lire dei federati: non è un «organizzatore» dei soliti. E quando si ravvolgeva nella matassa àelle sue insidie e delle sue manovre, non so quando mangiasse, e non so in qual letto mai avesse lern.po a dormire; altro che bagordi! Ma poi, (;.gni tanto, capitava la neoessità della fuga. Ci fu un lungo periodo, nel 2i-22, che il mandato. di cattura incombeva su di lui per una complicata faccenda di pirateria compiuta nel porto di Genova sopra una nave russa.. Ogni volta che l'arresto pareva indeprncabile, Giulietti era avvertito da qualche provvida telefonata. Il tempo di tirare la. saracinesca sulla sua scrivania all'america.m1, rli intascare le chiavi: l'automobile lo aspettava - sempre! - dinanzi alla port.a: ed ~-1i filava per Circonvallazione a L A !{ I \' () f, 1.· Z f () :-.; E L J B E R A L F 23 Mare e la Riviera rii Ponente, verso San Marmo._ Fece questo, più volle, tempo mas s11n.o,cmque minuti: e chi l'ha veduto in riuesti frangenti capisce subito l'immensa parte che avrà l'automobile nei manuali d1 storia dell'avvenire, nelle cadute dei regni e delle ditta.ture: ah, Cola di Rienzi non si lascierà mai più cogliere a cava! di un ciuco! E, a San Marino, tavola imbandita. Non ora, no, la stolta dissipazione nei grandi hotels, come la fanno, di solito, gli organizzatori diventati commendatori. Giulietti tesoreggiava il suo fondo di guerra anche nei periodi sanmarinesi. Erano invece sostanziose e casalinghe pappaloie romagnole; da Rimini i suoi parenti gli mandavano il meglio pesce, e l'ostessa gli preparava i cappelletti e il pasticcio di maccheroni ali' uso del paese. La lunga consuetudine ai cibi gvevi si risvegliava, e il disprezzo sovrano della gente di quella terra per i legumi cotti, buoni a farsene un empiastro sul sedere: e Giulietti trasformava San Marino, da rocca d'esilio, in « un gran castellazzo, dove si/- fanno continue magnazze ». Spogliatosi di tutte le appiccicature della vita di una grande induslria moderna, monçìatosi delle Esigenze delle città lontane, levatosi di mezzo agli equipaggi dei transatlantici, egli ridivenLava il suddito papalino esemplare, preoccupato sopratutto di far funzionare il matterello sulla sfoglia di pasta all'uovo· e niente poesia. D'Annunzio, a Gardone, intonava i salmi di guerra come un monaco abruzzese, ma Giulietti a San Marino li finiva tutti in gloria come un per,fetto e tradizionale parro9° romagnolo. li suo g1meroso sovversivismo Simpatico a tutti gli italiani. Di italiani che avessero per lui una repulsione viscera.le, irragionata ma assoluta, il disdegno del signore che stacca da sè con uno sguardo il metèco, non incontrai che pochissimi numerabili sulle dita cli ,i.ma mano. Menotti Serrati fu uno di questi: settario, noioso, ma non farinella. Tutti gli a.Itri soggiacquero a questo perfetto rappresentante del sovversivismo da paese di preti. Il mio a- • maro divertimento fu, per degli anni, rintracciare in deputati «liberali», in organizzatori del Combattentismo, in professori di Università, in giornalisti pagati dagli armatori, negli armatori stessi infine, l'affiorante indulgenza par il « generoso romagnolo». Giulietti piace agli italiani. Piace perchè è ro1nagnolo. pecchè _è_ im « arrli-to, mari, naio ,;, perchè si fa venire il ciuffo sulla fronte, perchè. quando parla bestemmia e squassa la criniera, perchè è furbo, perchè vince, perchè è una schienaccia, perchè - come dicono - è un « ribelle·»; ultima dèfinitiva assoluzione per un popolo- di sposta ti. 'Ma c'è dell'altro. Le generazioni di chierici, di paglietta, di mimi e di lazzari, che stanno dietro ad ogni italiano vivente, e parlano spesso ed agiscono per bocca e per mani sue: i secoli di serv,itù non cancellati dai nomi nuovi, si riconoscono in Giulietti, amano Giulietti, suscitano attorno a lui un alone di propensione occulta talvolta, ma immancabil'e. Ad un uomo del cònio di Giulietti, gli italiani non possono resistere. Egli li seduce, perchè ostenta al sole ciò che tutti portano nascosto, coperto da una vernice di rispettabilità. Giulietti li affascina, perché espone le tendenze morali di una. razza, e se ne vanta, e proclama che in quella tendenza è l'avvenire. Tutti gli italiani sono un po' Giulietti, portano in sè stessi una ennesima razione di giuliettismo: al moment-0 buono, questo giuliettismo si fa sentire che c'è. Prima o poi, flutti gli italiani si scompisciano di compiacenza dinanzi al nuovo Prometeo, al Prometeo « à rebours », che rivendica per loro dagli dei il diritto di essere « sovversivi », di quel vago sovversivismo scolpito dalla frase dell'anarchico pisano: « E io, alla buona educazione ci vo in ... » Il suo " buon senso ,, Quei pochi che non riusciva a tirarsi dietro con la foga d; « ribelle », cedevano, in altre ore, dinanzi alle sue arti di uomo ragionevole e equilibrato. La speranza che Giulietti « si moderasse», « si liberasse dalle sue anime dannate», era cronica in taluni ambienti che avevan da fare con lui. Si scambiavano le sue occhiate· tra cocottesche e abbaziali per sintomi consolanti di rinsavimento: si tirava un sospirone: «Ah, ma però, ha un fondo di buon senso, solido, quadrato, romagnolo ! ». Egli operava, con l'ostentazione del suo « buon senso», conversioni a. vista. Aveva in riserva un « buon senso» graduato particolarmente per gli inviati dei grandi giornali, un altro « buon senso,, graduato in modo speciale per Domizio Torrigiani e per i mannequins del Grande Oriente, un a.Uro ,, buon senso,, « bi.poextra » per gli stranieri in visita alla casa della Gente ci'i Mare, un altro « burm senso ,, PXtra dry per i rappresentanti del governo: e ognuno di questi stolti che credevano di trovare in I ui un orco sovversivo, ,e ne partiva tutto orgogliow cli aver « conv:ertito ,, Giul[etti, di avergli dato rlet cons1gl1, che quell'altro aveva ascoltato a testa bassa, pio come un ragazzino della Prima. Comunione: in una parola, se ne partiva giuliettiano, lieto di servire gratis sulla stampa o nei Ministeri un o-eneroso ribelle che aveva. lusingato il suo a~or pro- ~no con det gesti da prete, un po' d'olio e ru untuosità sulla lingua e sulla pelle, e con la bocca atteggiata. a rroupion di oca di Natale. l.e sue seduzioni Questo, per gli italiani disinteressati. Chi, poi c'erano gli altri. Nessuna delle lanciespezzate ùel giornalismo armatoriale senti rria.i una opposizione di principio o di temperamento contro di lui: lo insultarono, perchè erano pagale da altre botteghe, ma ayevano per lui la malcelata ammirazione elle Pietro Nenni ha per Mussolini. E onore a Giulietti! In quell'ambiente cli Gardone, imitazione male appiccicata di una Commenda di 'l'emplarii che hanno gelosia e paura di Filippo il Bello e dei suoi arcieri, Giulietti forse, nell'anniversario del volo su Vienna, riusci a portare la prima. serata di ingenua gioia. E tutta quella povera gente sperduta nel labirinto artificiale del!' Arengo, della Ringhiera e del Ponbioollo, e il Divo stesso furono liberati dall'incubo letterario, e ritrovarono tutta la loro provincialità grazie a lui. Il geniale romagnolo ridiede loro le sane e semplici emozioni dei cafoni abruzzesi amantissimi come tutti sanno, dei giochi pirotecnici; ridiede loro i razzi e le girandole e le candele romane, turbinanti dinanzi ai portali normanni o alle torri romaniche, in tutti i paesi tra la Maiella e il mare. la sera del sanw patrono. ' 61i armatovi sono giulielliani Gli armatori posero contro Giulietti delle « pregiudiziali " dandosi l'aria di sollevare la questione morale: sarebbero stati rispettahilt se aves56Totenuto fede alla esclusione ad personam, ma si resero ridicoli andando in pellegrinaggio a Gardone, ammansiLi dalle parole del Poeta, e cercando di esser più furbi di Giulietti. Qualunque armatore inglese o americano, cioè qualunque vero industriale dell'armament-0, e non trivellatore, ha il diritto di mettersi a ridere sulla faccia dei commendatori Brunelli, Biancardi e C., che, per decidere una controversia sindacale in una grande industria andarono anch'essi al Vittoriale per fare le riverenze dinanzi agli altarini edificati da D'Annunzio: « il vecchio calamaio di pietra veronese, e, presso f,q, spiga, la penna umile cvn cui fu scritto ma non sottoscritto il patto ", oppure • il patto sul leggìo, a piè della colonna romaTutti quelli che ora strillano contro di lui, e che lui, parsimonioso amministratore fece «marcher ,, per poche centinaia di lire'. Fu uno sparagnino della corruzione giornalistica e ministeriale. Aveva il gusto delle «combinazioni"· Nell'estate del '20, proprio nel bello del Patto Marino, il suo centralino telefonico funzionava alla redazione del Popolo d'Italia. Il nuovo regime fu pe~ lui l'ambiente di operazione ideale. Con nessun gabinetto ministeriale dell'Italia putrida egli fu in relazioni così intime come col gabinetto dell'on. Ciano, minist;o dell'Italia rigenerata. Per quanto alle si metta.no le sue sovvenzioni alla stampa, egli non spese neppure la decima parte delle cifre che furono scritte, allo stesso scopo, nel libretto di chèques del comm. Trucco, il fiduciario delle Compagnie transatlantiche.: e fu servito sempre meglio. D'flnnunzio e il bel pirata 1 nica ", oppure « la coppa dei rami d'ulivo, e il serpentello nella base: Ad me redeo, hinc horreo »; e osservarono anch'essi, per essere ricevuti, i riti prescritti, e baciarono anch'essi àivotamente il simulacro fallico L'arte che Ginlietti possiede nel sedurre gli italiani, culmina nei suoi rapporti con D'Annunzio. Nego che D'Annunzio lo abbia appoggiato per così lungo tempo, per sole , ragioni di stipendio. Giulietti è parsimoniosissimo amministratore: non spese mai molto per sè, pagò malissimo sempre i suoi aiutanti e tirapiedi, e pagò· male anche D'Annunzio. Se dicessi qui le cifre che mi iurono riferite, molti maraviglierebbero che « la divina poesia" navighi in acque così basse. No: Giulietti ebbe la suprema abi- ~H~·.Ji prnsentarsi in Fiume come un salvatore, come un rude marinaio che predava il mare per conto della Testa di Ferro e portava le grascie alla Città Olocausta., ~Ila Città di Luce .. E nella fantasia del Divo resto circonfuso di questa aureola fiumana. Egli fu il « bel pirata», come lo si chiamò a Gardone: e «bel pirata"• più ancora di lui, fu il Poggi che nel 'i9 fu l'esecutore degli atti di pirateria, non so se bella, ma certo vera in Adriatico. Il bel pirata pubblicò nu~eri unici in carta patinata con la testa çl.elPoeta, stampò libri clamorosamente invenduti come Per l'Italia degl'i Italiani, si vesti da terziario francescano quando l'altro glie lo comandava, osservò i riti arcani dei giorni fasti e nefasti, fu insomma un suddito esemplare a Gàrdone: seppe perfetta.mente adattarsi, lui ignorante, a tutte le peregrine trovate letterarie, discusse nell'Arengo, abitò nel-la Maona, e scrisse delle epistole sermoneggianti d"atandole dalla Maona del Vittoriale. Diede quattrini non molti, ma blandizie e adulazioni come giunta alla derrata e ottenne. I fuochi artificiali a Bardane Qualche volta la grossolanLtà delle sue m.rnovre attorno alla persona del Divo ebbe forn1e puerili: leggete un po' questo comunicato ch'egli diramò ai giornali nell'agosto scorso, nell'anniversario del volo su Vienna: I marinai e i segretari della Federazione Marinara, i quali, per volere del Comandante, sono suoi ospiti, si unirono al saluto com-mosso e fraterno di una squadriglia di aereoplani volanti a bassa quota sul Vittoriale. Contemporaneamente i dirigenti della Federazione Maiinara espressero al Comandante l'ammirazione e l'omaggio degli equipaggi della marina italiana. Nella serata i marinai hanno festeggiato il Comandante con una manifestazione caratterizziLta da spari e luminarie. Ad essa il Comandante ha risposto evn entusiasmo fraterno. Il aomandante è sicuro che il « Patto 1Warinaro ,, sarà applicato. • Ebbene: io so di certa scienza che questo comunicato, pnhblicato su giornali di p!'ovincia, piacque molto a D'Annunzio: com.e molto gli erano piaciuti i mortaretti e i razzi sparati dagli antichi parrucchieri di bordo che Giulietti teneva a Gardone, alla Maona, come rappresentanti la devozione· della Genle di :VIare. eretto in mezzo alle aiole. In realtà, anche essi sono giuliettiani, e ammirano il loro avversario, e non sentono nessunissimo disgusto per i suoi espedienti: tant'è vero che, quando possono, li attuano, come la sera del gennaio, facen~ funzionare contro Giulietti la sedizione dei pret-0riani. E' da notarsi questo: che degli armatori italiani, uno solo, il comm. Cosulich di Trieste, parlò alto e forte a D'Annunzio, anche in mezze agli altarini del Vittoriale: e gli fece comprendere quale enorme diversità ci sia tra una intrapresa industriale e una sagra permanente. Cosulich solo andò a Gardone, sentendo disgusto, il disgusto dell'industriale moderno, dell'uomo d'affari, del capitalista - verso il leggio, e la. colonna romanica e il serpentello D' Annunzio-giuliettiano. . Ma il comm. Cosulich, italiano pure soli, è austriaco di educazione: e ciò spiega la sua resistenza. Gli armatori suoi colleghi sono così intimamente giuliettiani, che per vincere nella lotta di furbizia con Giulie.- ti, sarebbero disposti, non dico a baciare il Phallus di Gardone, ma a sedervicisi sopra. Anche gli armatori sono, rispetto a Giulietti, fratelli d'Italia. l.e diffidenze degli stranieri Invece, profonde, istintive erano le diffidenie che Giulietti suscitava presso gli stra.- nieri. Mi ricordo il probo, prudente De Winne, il perfetto signore fiammingo, direttore del Peuple di Bruxelles, in visita alla casa della ·Gente di Mare. Dopo che Giulietti, con la consueta stereotipata. ostentazione di termini marinareschi, gli aveva fatto ammirare tutto, dal grand,e salone adorno di tutti i testoni di celebri libertarii, alla scheda di federato di Gabriele' D'Annunzio Winne mi avvicinò e mi ciisse: « Pardon, mon- ~eur, est-ce que Vous croyez qu' il y ait quelque chose de socialiste, ici? "· Gli era bastata una occhiata per capire quello che molti italiani non hanno capito mai. Nelle adunanze sindacali internazionali Giulietti pr9duceva un effetto assolutameni,; simile a quello che un altro grande italiano produsse, nel i922, a Losanna eà a Parigi. L'inscenatura era identica. Presentazione en beaulé, grande successo di curiosità: poi, ostentata strafottenza, gaffes, le convenzioni della pratica diplomatica o semplicemente della buona società rigettate come un impàccio, l'incazzatura a freddo, ,la scenata: la scena.la infine, cioè l'apoteosi dell'italianità romagnola. Nella Conferenza Internazionale dei Marinai, tenùta sotto gli auspici della Lega delle Nazioni a Palazzo San Giorgio, nel Giugno 1920, tutta la « squ.isita originalità,, ai Giuliett.i mi saltò più volte agli occhi. Giulietti, rappresentanté operaio per l'Italia, i comportò in quella occasione « imperialmente», « futuristicamente ": si val~rizzò diede il modello del perfetto diplornatic~ dell'Italia rinnovata e dinamica.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==