La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 3 - 15 gennaio 1924

t 10 LA RIVOLUZIONE LIBERALE derà di Lutl,ele esagerazioni, e che la realtà vivenLe farà sentire le ,ue hriri r· il ~no influsso. ll vantaggio che dalla nuova esperienza dovrà Lrarre l'ILalia è quello di potere con ogni sforzo superare forme esagerate di vita eslPriore, o di poter comprendere cho ogni inrlisciplina collettiva si sconLa. Una classe rl.irigentc verrà fu0ri che non f'arà slrclla mente fascista, ma che avrà fatto giustizia di vecchi infrollimenti e di declamatori demagogici e retori, di esagerali nazionalismi e di turbolenze squadriste ; e se le mancherà sufficiente preparazione, avrà avuto una esperienza notevole che ha inizio 'col [()Jr-i. Al disopra di vedute parf,icolari di partilo, l'augurio fervido di ogni italiano è chr questa classe nuova dirigente porLi la nostra palria ad un periodo di pace inLernll r cli sviluppo eslero, quale le condizioni morali dei popoli europei ci clànno diritto. Ogni periodo ha il suo male o il suo bene: spetLa agli uomini volenterosi e coscienti anche dal male trarre il bene e dalle convulsioni l'ordine. (jn fenomeno nuovo e nolcvolc è l'oricnlamcnt0 dello spirito pubblico verso i valori intellettuali morali religiosi. Il movimento è generale ed r· prod0Uo dalla grnnde g11errn ; il fascisrn0 vi si è orient.alo più come forma esteriore che come interna evol11zi,ml'. Però, ,t parli, ogni valutazione politica, per la vecchia 1r1rnlalilà anticleriealo della ilorghcsi,t democratica, si è rollo un inrnnlcsimo rii pr0- ,1?·indizie di avversioni, e si è superato, anche nella politica, un punlo morto della vita italiana. Per i callolici il fatto p11ò av<lre, 11na notevole importanza a unll sola condizione, che si Sllppiano sviluppare i germi interiori per l'avvicinamento spirituale dcll'animll italiana verso la Chiesa. e che I<, lllil.SSe lavoratrici e le correnti democratiche non abbiano a temere, neppure per colpit od errore di uomini, che la Chiesa appoggi con ](1 sua infiuenza correnti rea,-,ionarie o tentativi dittatoriali. LU1Gl STURZOStoria. oo:n.tempora.:n.ea. IL ffiARCHE5E DI 5AH 6iULIA~O Il marchese di San Giuliano, che prese l'ufficio di Ministro degli esteri al principio del 1910, a,·eya per la mente tutt'altra idea che quella di rallentare o di rompere la Triplice Alleanza. _'ei primi tempi della sua camera parlamentare, egli era stato seguace di Francesco Ctispi.. E nella sua politica estera si ritrovarono tutte le fondamenWi tendenze di quella che era stata, venti anni prima, l 1azione di Crispi. Co1:.:ieCrispi, infatti, Di San Giuliano era ostile alla Francia. li suo spirito si era formato proprio nel periodo, in eui i contrasti fra l'Italia e la Francia erano più acuti : cioè negli anni che pr~eclettero la guerra del 1870, quando Kapoleone III impediva all'Italia l'acquisto di Roma; negli anni successivi alla guena del 1870, quando la maggioranza clericale dell'Assemblea francese minacciava l'unità politica d'Italia; negli anni successivi al Congresso di Berlino, quando erano continue ecJasprissime le contestazioni per TUJ1isi. La antipatia per la Francia conduceva Di San Giuliano ad aderire solidamente alla Triplice Alleanza. A somigliaura di Crispi, Di San Giuliano era anche un convinto colonialista. La popolazione ita1iana - egli pensava - in continuo accrescimento, non poteva essere nutrita dal territorio della madre patria. Era obbligata acJ emigrare. A questa massa migratrice, il Governo italiano doveva conquistare territori produttivi, in cui essa potesse stanziarsi e lavorare, protetta dalla bandiera nazionale. Perciò la politica delle espansioni coloniali era per 1'Italia una necessità di vita. Ma l'Italia, arrivata ultima, nella politica coloniale, trovava il mondo già spartito fra i più anziani e i più forti. Fortunatamente, i più forti non erano d'accordo .fra loro. L'Italia dt>veva inserirsi nei contrasti, che dividevano i più forti, allearsi con gli u1ù co~tro gli altri, edJ aprirsi la linea della minore resistenza. La linea di minore re5istenza Di San Giuliano I.a vecleva nella Francia. Egli era condotto a questa opinione non solo dalla francofobia, che era un elemento primiti,•o della sua psicologia politica, ma anche dalla convinzione che 1~ Fran~a fosse un paese corrotto moralmente, di~orgamzzato dal parlamentarismo e dalla democrazia, incapace di resistere ad un vigoroso assalto della Gennania. Questo, della corruzione e della debolezza francese, era un Juogo,comune del.la propaganda tedesca negli anni che precedettero la guer_ ra. Di San Giuliano ed i nazionalisti italiani se lo bevevano con voluttà. E anche per questa illusione, era naturale che Di San Giuli,wo fosse un convinto sostenitore dell'alleanza fra l'Itaha e gl'Imperi centrali. . Tittoni, fra il 1903 ed il 1909, si era sempre tenuto in ottimi rapporti con l'Inghilterra e CO'll I.a F=cia, pur rimanendo fermo a volere la continuazione della Triplice Allea.n:zja; nel 1909, prima di lasciare il Governo, aveva aggiunto alle intese dell'Italia con la Francia e con l 'Ino-bilterra, la nuova intesa con la Russia. Noi pos- ;;,,mo definire la politica cli Tittoni come una politica d'equilibrio fra la Triplice Alleanza e la Triplice Intesa. . . Di San Giuliano non credeva alla solidità e 'alla efficienza della Triplice Intesa. Nella crisi della Bosnia, le iniziative dei Gabinetti di Loudl'a Parigi e Pietrobu,rgo si erano dimostrate sco:nbinate e sconclusionate. Di San Giuliano <=;ta convinto che questi difetti si sarebbero accentuati in avvenfre. In Inghilterra il Partito libera.le, che teneva il Governo, era profondamente imbevuto di idee paciiì.ste; e Di San GitÙia.110era certo che l'Inghilterra difficilmente sa.t·ebbe lll· terveuuta in una. guerra europea, a fianco della .Francia e della Russia. Della Ru:ss:ia, egli llO'll aveva un'altra opinione, dopo i disastri d~ll.3" o-uen-a col Giappone: parlandone con gli aJntct, hl chiama.va, 11011 u,na Grande Poten:r.a, m.a una Grande Un-Potenza.. . Da.ta la netttralità dell'lnghilt.erni, e data l'1nr potenza della Russia, la Fr3:11~a.non pote~ra c.lie essere battuta dalla Germama 1n una guet ra europea. E data questa prt,·isione, Di San Giuliano era portato logica.mente ad abbandonare la politica di equilibrio e a stringersi sempre più saldan1ente agli Imperi centrali. 1-Ia la nuova Triplice Alleanza, nel pensiero di Di Sau Giuliano, uon doveva essere una continuazione sic et s>niplicite,· della Triplice tradiziouale. Nel gioco delle influenze e dei compensi, che si delineavano nel prossimo avvenire, il Governo tedesco avrebbe fatto grandi conqttiste a spese della Francia, nel continente europeo e nelle colonie; il Governo austriaco avrebbe conquistato il controllo della penisola balcanica a spese clellà Russia. Il Governo italiano doveva partecipare alle spoglie della vittoria, in compenso dell'aiuto che avrebbe dato alla politica antifrancese ea antirnssa degli Imperi centrali. La Triplice Alleanza ern stata, fino a quel momento, una semplice garanzia dello statu quo europeo. Se il Governo tedesco si era creato un vasto impero coloniale, dal 1884 in poi, questo era avvenuto ali 'infuori della sua alleanza. con l'Italia. Se il Governo austriaco aveva potuto annettersi nel r908 la Bosnia-Erzegovina, anche questo era avvenuto senza alcun aiuto. posttivo da pa-rte de11'It.:-ùia. Se il 'Governo italiano,si.,.e!~· costituito un modesto dominio coloniale nell 'A: frica orientale, anche questo era avvenuto all'infuori della T1iplice Alleanza: nella stessa questione di Tripoli, i Governi di Berlino e di Vienna lasciarono mano libera al Governo italiane per il caso che lo statu quo nord-africano venisse meno, ma non aveYano nessun obbllgo di appoggiarlo positivamente in u11a eYentuale conquista: Nella crisi del ì\•Iarocco e i11quella della Bos.nia, si era rivelata, nella Triplice italo-austro-germanica, l'esistenza di una duplice austro-germanica, la quale non era più una sempli'ce società di assic1u·azione, ma era una società per acquisti. Per l'Italia, invece, la Triplice continuava ad essere una semplice società di assicurazione. Bisogna.va che anche per l'Itolia la Triplice diventasse una società per acquisti. • Gli acquisti dell'Italia potevano avvenire in diverse direzioni: a Spese della Francia, verso i coufini occidentali dell'IWia e nell'Africa settentrionale, a spe-se dell' Austria, verso i confini orientali dell'Italia, e i11 Albania; a spese della Turchia e clella Grecia, nel .Mediten·aneo orientale. Di San Giuliano non aveva preferenze speciali. Era come quel ragazzo, che interrogato se prefe1iva una trottola, un dole-e o un bacio, rispose che li preferiva tutti e tre. Di San Giuliano si riservava la scelta. secondo le circostanze. Nelle questioni balcaniche, Di San GitÙiano era disposto a sostenere il Goven10 d.i Vienna contro la Russia e conLro la Serbia. Era cO'llvinto che il moYimento slavo rappresentasse un pericolo oltre che per l'Austria-Ungheria, anche per l'Italia. :Ma il Governo di Vienna, se avesse acquistato nuovi territori o nuoYe influe.J:17.,enella penisola balcanica, avrebbe clovuto dare compensi equivalenti all'Italia. Egli non sentiva le questioni dell 'irreclentismo con la stessa passione, con cui sentiva le questioni coloniali. L'irredentismo era, per lui, una 1nalattia inctu-abile, che i dtie Governi dl Vieuna e di Roma avrebbero dovuto sopportare paziente1neute, e calmare con opportuni lenitivi. Non aveva nessull.3. speranza. che il Governo di Vienna abbandonasse Trieste e l'Istria all'Italia. Ma nella questione del Trentino e della frontiera verso l'[sonzo, do\·eva tenere presente la teoria tradizionale dello Stato Maggiore italiano, secondo cui I.a difesa clell'Italia settentrionale era estremamente difficile contro un assalto clall'oiiente, finchè l'Austria 1imanesse nel Trentino e ii.fintasse di rettificare la frontiera verso l'Isonzo. Di San Giulia.110 sperava che il Governo cli Vienna abbandonasse, prima o poi, 1a propria intransigenza in questo campo. Caratteristico è, a questo pmpo-sito, il colloquio, che egli ebbe a Firenze1 col Cancclllere tedesco Bcthma1111 Hollweg, il 2 aprilt rgrn, pn,.scnle l'ambasciatore te- Di San r;iuliano offriva, dunque, agli Imperi desco a. Roma., F1otow. centrali un aiuto, di cui questi non sentivano J due; ),f1nl ,tri si S<:amb-iarono,tanto per comin- un':i.c:..;olut.anecessità; e domandava un pagamenc.:ia.re,le'.solite assicllrazicmi su11a comune: volun- to, che gH aJtri trovavano troppo elevato. Pec tà di mantenere l,, stalu quo; )>i San GiuJ;ano rendersi più desiderabile, egli avrebbe dovuto affermò, tanto per cominciare, che l'Italia t:<:neva continuare la politica dell'equilibrio tra l'alleanw alla in,lipeH<l<..111,anon -0lo dell~ Turchia, ma e le intc-se. Ti troni a,·eva fatto questa politica; anche degli altri Stati bnkanici ,, e che , solo ,, ap])<.>',{g'iandosialla Triplice Intesa, aveva obsnLordin.atanH,:.lltc avrebbe~ domanclat:t-, dei com- l,ligato i1 Governo cli Vienna a rispetta.re l'artipensi •· Ma i due:. Mini'",tri si trovarono d'accor- colo VII deJJa 'frifAice• :\lleanza. Di San Giu.Hado nel riconoscere d1e c:ra a~ai ,l.ifficile dt.-1:er- uo, inver·e, non av~do fiducia nella solidità della minare in prccedc:111 .. ,:t <Ju<·sticompem;i. Ad. J,tili Triplke Intesa, ahhandorutva la politica di equibuon conto, Di San Giuliano fece notare cbe , dif- \i io, t si sbilanciava verso la Triplice Allean7..a. ficilmcnte noi avreinmo gradito c·ompensi terri- I<· .1pç.À!, i~a, che 'fittrmi aveva conchiuso n,.-t toriali nella pcnLsola balcanica, e in generale fuo- 1909 col ì;09C'r}lo,ru.s;;,,; scosse a fondo le intese, ri dei wnfini geografici dell'Italia,. I due Mini- che f'rinetti an.-va conchiuso con la. Francia e con .;,lri si dlvi~ro senz'avcr nuJla concJuso, oonside- l 'Jngbilterr:i.. nel 1902. .:\fa non riusci a rendere rando che , per lungo tempo, non si sarebbe produttiva l'alleanza dell'Italia con gli Imperi presentata la necessità di discutere questo genere c(.-ntrali. E non poteva riuscire, perché quanto di pmblconi. Il , lnug-o tempo, dovern essere più si allontanava dall.a Tripli.ce Jntesa, tanto più solo cli quattro anni! Mancava alla d.iscussione si indd,oliva nella Triplice Alleanza. Faceva con terzo e il più interessato: il Goven10 dell'Au- me c·hi rinW1zia a tutti i pror.,ri amici, si chiustria ! E proprio su questo scoglio, la politica di de da solo a solo in una stanza con l'avversario San Giuliano era destinata a naufragare! più forte cli lui, ed aspetta che il più forte rum Quella politica, infatti, si basava tutta sulle abusi della propria forza. ipotesi: che l'Inghilterra sa.rcbbc rimasta neutra- Certo, egli non poteva non vedere i perkoii le in w1a guerra franco-germanica; e che la Fra11- della situ.a.ziont: squilibrata, in cui si a\.-ventu.- cia sa.t·cbbe slala facilmente prostrata in conse- rava. :,'.[a amava i calcoli complica.ti e le situaguenza della debolezza propria e della :,npotenza zioni ambigue in eui potevano svilupparsi le s-..e rnssa; che gli Imperi Centrali si sarebbero accor. capacità brillanti di improvvisatore superficiale. dati col Governo ilalL<'lllOsulle spoglie della vit- Sperava che le circostam.e lo avrebbero aiutato. toria. Nella e1isi del 1914 l'Inghilterra doveva (.juando il governo di Vitcnna avesse avuto bisonon rimanere neutra.le; la Francia doveva rive- gno dell'aiuto italiano per realizzare le sue ambilare che le sue ossa erano assai più dure che Di zioni balcaniche, allora il problema dei compensi San Giuliano non pensasse; la Russia doveva sarebbe sorto, e g1i amici di Vienna avrebbero mostrarsi capace di dare parecchi colpi mortali consentito ai compromessi necessari: chi avreball'Austria prima di cedere allo sforzo; e i Co- be avuto miglior filo, avrebbe tessuto miglior verni di Vienna e di Berlino dovevano essere as- tela. sai meno compiacenti cli quanto Di San Ghùiano Con questa politica di giocatore cl'azzardo egli non sperasse. incoraggiò i governanti di Berlino e di Vienna Se avesse avuto t111senso esatto della realtà, a tentare nel 1914 il colpo della guerra. Quando Di San Giuliano avrebbe molto imparato eia due l'ultimatum di Vienna contro la Serbia spalancò incidenti, che gli occorsero nell'estate del 1910, la voragine, e l'intervento dell'Inghilterra a fianproprio nei primi tempi del suo governo. co della Francia apparve sicuro, allora egli rito<- Siccome Conrad von Het,..enclorf accentuava i nò subito sui suoi passi, e si riafferrò alle intese pteparativi militari verso la frontiera italiana, il del 1902, che egli aveva indebolite, ma che per Governo di Roma fece appello al Governo di Ber- sua fortuna erano ancora ,·ive. },fa il male, che la lino, perchè mettesse un limite a queste osten- sua politica equivoca ed instabile pote,a produrtazioni continue di aggressività. L'ambasciatore re, era ormai prodotto, ed era irreparabile. tedesco a Roma dichiarò che , la Germania avTeb- Era profondamente imbevuto di quella • Realbe cercato di impedire una dichiarazione di guer- politik ~, che gli imperialisti inglesi, i militara dell'Austria-Ungheria all'Italia; ma se non risti tedeschi e i nazionalisti francesi a,·evano riesc-iva a persuadere il suo alleato, noli poteva teorizzato e messo di moda nell'ultimo decennio contrastar.lo, perchè era il solo collaboratore mi- del secolo XIX e nel primo decennio di questo lita.re forte, ~be avesse in Europa., fra tanti ne- secolo. E sognava ad occhi aperti, come aV\-iene miei palesi ed occulti ,. sempre a questi , realisti •, quanclo non banno Nella stessa estate, si tenevaito a Milano delle ,:;ero ingegno. Nella sua gio~:entù a,eva assistito feste sportive Partecipavano a queste feste al- alla crisi orientale e al Congresso di Berlino. CaiCUJle s9cietà ginnastiche di Trieste. L 'ambascia- roli, ,olr,ndo allora giustificare la propria aziotore austro-ungarico a Roma Yole,;a ~che il-. Go-,;.-··.ìie,..:- sì"eii va.Ilt31Odi ·essere uscito dal Congresso verno italiano impedisse questo iu.t:ervento dei e-con le mani nette , . Siccome Cairoti era uno ginnasti triestini alle feste di Milano, o per lo stupido, la , politica delle mani nette • di,enne meno sconfessasse ufficialmente le manifestazioni in Italia un detto proverbiale per indicare ìa irredentiste, a eui q1tell'intervento potesse dar politica della stupicla ingenuità. Di San Giuliano luogo. La lettera de.ll'an1bascìatore ::6.niyacon fare a\·ey:a il terrore delle a: mani nette » pur di non ossen 1are che « il Miulstero italiano, dopo quel- tener1e nette, ie aTiebbe tenute niote. Era uno l'avYertimento, non avrebbe potuto dire che iguo- spirito più sottile che solido, più inquieto che rava ciò che sta.va per succedere». agile, più torbido che profondo. AveYa male amQuestiaggressività austriaca e la. passività tede- ministrato in gioventù il patrimonio privato: sca si spiegano perfetta~ente, qu.ru.1do si consi- era difficile che amministrasse beue nella Yecderi che gli uomini politici tedeschi ecJ austriaci chiaia gli interessi del suo paese. basavano la loro azione sulle stesse ipotesi, su ~ui fondava la propria azione Di San Giuliano. Anche essi erano convinti, che l 'Inghilte1Ta non avrebbe partecipato a una guerra continentale, che la Russ:ia era UJla Grande im-Potenza, che sarebbe stato facile abbattere la Francia. Ed appunto perchè erano t,·aviati da queste ipotesi essi scatenarono nel 1914 la guerra mondiale. Date queste illusioni, l1af.il-t~ deltiltalia no-n.appariva indispensabile nè al G01Je1·1w di Vien-na, nè a wuellc di Berl>no. Lungi dal giudicarlo indispensabile, il Governo di Vienna lo giudicava ing01nbrante e noioso. Intervenendo nella guerra, a fianco debli Imperi centrali, il Governo italiano av:rebbe voltoto in compenso partecipare al bottino, invocando l'articolo VII della T1iplice; e nel fare le porzioni, avrebbe domanclato ebe una parte degli acquisti cadesse a spese dell'Austria; il Governo di Vienna non ammetteva discussioui su qllesto terreno: il GoT"en10italiano doveva aniciare a cen::a.rsi i compensi dovunque, meno che verso la frontiera austriaca e nell 'Aàriatico. Per il Governo di Vienna, l'ideale era che l'Italia rimanesse neutrale, e lasciasse le rna.11.ilibere all'Austria nella penisola balcanica. Rima11endo neutrale, il Governo italiano non a,Tebbe potuto avere molte p,:etese nel nuoYo assetto della pace. Se avesse ahato troppo la voce, sai·ebbe stato agevole metterlo a posto, iu tuia Europa, in cui la Gennania e ]'Austria avessero già riportato vittoria della Russia e della Francia. Il Goven10 tedesco, in vece, era più sinceramer1. te desideroso che l'Italia partecipasse ali.a guerra, SL<'tper facilitare la sconfitta, della Francia, sia per associare l'Italia alla Germania, dopo la guerra, nel g-aranti.re il nuovo stalu. quo. Ma l'aiuto dell'Italia non appariYa aeanche a Berlino indispensabile per la vittoria; e non essendo indispensabile, non meritaYa di essere pagato tt-oppo caro: sopratutto, non 1ner:ita.vache il Governo di Berlino comproiueftesse per i begli occhi dell'Italia ìa su.a lntinrità, ben più necessaria, col Governo di Vienna. Così, anche il Goven10 tedesco~era portato a contentarsi della neutralità italia11a. G. SALYE'1P.<I. G.:S.FARAVIA & C. Eclitori - Librai • Tipog,·afi TORINO - MILANO • FIRENZE • ROMA • NAPOLI - PALERMO EMANUELE K.\J.,rr FONDAZIONE DELLA METAFISICA DEICOSTUMI Traduzione cli GIOVASKIVIDARl Prezzo L. 6 Gli scritti principali del massimo filosofo moderno attinenti al pToblema morale· fann9 onn.2i parte della nostra Biblioteca e ne souo uno dei vanti maggiori. L)impo.rtanza storica e filosofica di quest'opera Kru1tia.na, breYe di mole ma capitale pel suo contenuto, non è stata fino ad ora, almeno al pubblico colto italiano, segnalata cosi come merita\·a iI suo intrinseco valore. Essa costituisce fill momento dedsivo nella fortnazione del pensiero cU Kant, uella sfera etica; tru1t.oda doversi c01lsiderare premessa necessaria all'esatta comprensione di tutta la su.a dottrina 1norale, e quasi pietra angolare di quel superbo edifizio mentale, cli cui può dirsi per usare una fra.se di Michelet, che ha la salclezz.a d'una. rocc-ia del Baltico. La traduzione è stata affidata ad ,mo dei pii,,. competenti ctÙtoii degli studi kantiani in It.Rlia e si -raccomanda coll'autorità indiscussa del suo n01ne. " b'Eao DEbbA 5tACilPA ,, il ben noto ufficio di ritagli da giornali e riviste fondato nel r901, ba sede ESCLUSIVAMENTE in Milano (12) Corso Porta Nuova, 24. •

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