La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 9 - 10 aprile 1923

bi LA RIVOLUZIONE LIBERALE II /JbePolismo begelioho del Ji1ezzogiol'1to II. A. c. De Meis Intanto che Bert.rando Spaventa tentava una :t:is>lttzione critica del problema di autorità e lil!en4, t11tta la forza dell'universalismo autoritario si palesava nel pensiero di Angelo Camillo De M:eis, che pur esso, dopo aver preso le mosse :aeJ periodo epico del '48, si manifestava in forma sistematica tra il '68 e il '6g, suscitando una :fiera e famosa polemica carducciana. Ma .laddove 11ello Spaventa siamo in presenza di una elabotafa e complessa maturazione di nn pensiero identico sostanzialmente con sè stesso dagli inizi alla fine, qui invece, come in uomo più vicino alla politica parla!Ilentare, troviamo un divario notevole tra l'atteggiamento quarantottesco e la posizione definitiva assunta dopo il '6o. Nel 1846 il De Meis, presentandosi candidato a.I Parlamenw napoletano, affermava con entusiasmo rivoluzionario 1'apocalissi costituziona.le e democratica. La salvezza dello Stato era per lui nel Parlamento naziona.le, supremo arbitro e direttore della guerra d'indipendenza. Debellata l'Austria, e la mente italiana continuerà nel seno delJa libertà la sua logica evoluzione. Tutte le opinioni dernno perciò essere abbandonate a.I loro sviluppo, e punto non devono essere impedite nella loro manifestaz.ione, comunqlle contraria esser possa all'attuale ordine di cose•· Più schietta affermazione liberista non si potrebbe desiderare : ma era cosa del momento. Troppo forte fu nel De Meis l'inclinazione mistica perchè egli non yenisse, Via via che spendeva le migliori sue forze, durante l 1esilio piemontese e nel primo periodo dell'unità, per la costituzione della Patria, a provare per questa e per il suo nucleo statale un cu.lto devoto, consono ai dettami di quell'hegelismo di destra che egli seguì quasi sempre, anche negli errori. Andò dietro a.Ile sorti della parte moderata, ben tosto fattasi consen·atrice quando le venne ad incombere la responsabilità del governo, e dimenticò un po' frettolosamente quella libertà, da cui rn- ~eva far scaturire il principio autoritario e agevolare il processo delle forme di governo, a fayore dell'autorità stessa. Sentì sempre più lontano da sè il gio·rnnile inno alla libertà democratica (111anifest6 agli elettcri di Abruzzo Citra, S mag2"io 1848). Tutta,ia il problema della conciliazione tra fodivi.duo e Stato, libertà e autorità rimane nelle premesse degli scritti suoi del secondo periodo: ma come un semplice espediente dialettico; si affaccia una teoria della ri\-oluzione, ma senza nessun riconoscimento pratico. L'assolutezza de]~ l'autorità (che sia, s'intende, vera autorità, e corrisponda alla essenza intima della nazione) diTiene per il ~ostro un principio assiomatico; dire che in essa si ha il Yolere generale e il pensare del cittadino come coscienza civile, non è sufficiente: l'identificazione ha valore di dogma(,·. i• manifesti elettorali del 1865 e del 1882). Ciò appare subito nel tentativo di dedurre il concetto cli potere sovrano dalla fenomenologia della vita socia.le, dal contrasto dei ceti: queste contrasto viene presentato come la stessa libertà, e quindi la soluzione diretta a eliminarlo non può essere che antidemocratica (,. H S/J"IJTano, 1868). Il sovra.no, dice De N!eis, è il popolo, che fa i costumi ,]a lingua, le idee: ma è sovrano di <li ritto, non di fatto; l'effettiva soYranità tocca solo a chi accentra il massimo di questi valori ideali. Ma a chi spetta allora la sonanità? :\'on alla moltitudine deca nt all'aristocrazia degli ingegni: quella incapace, questa sopraffatta dalla bruta naturalità de11a prima; un1opposiz.ione incontrastabile vieta ai dne estremi ]'accordo. Resta, o si stabilisce, un Ct:::to.medio: la borg.hesia semi-inte1lettuale, t'hezzo popolo e mezza 2ristocraz.ia; una conlusione ibrida di rapporti, una debole--.1.za ~ntrinseca di natura, il ripetersi in essa lan·atamente de11'oppo:=;izioneprimiti\·a la rendono pE:r altro ancor più incapace di governo: e <loYc la democ--raziaregna, guasta e rovina. JI mediatore cli tutti i contrasti non può essere dunque uno <lei ceti: né il popolo né gli intellettuali, ni· la borghesia nic l'artigianato; ali 'alto ufficio è pari soltanto 1a dinastia, il monarca. Tl quale apparentemente riceve la sua autorità dal popolo /come insieme dei ceti), ma in realtà la possiede per il didtto di\'ino della storia, di cui la sanzione popolare non &, che J'c....-<;pressione fenomenica. Dove è evidente la st.E:ssacontraddiz.iont della politica gesuita della Controriforma e del pe11siero della Restaurazione, complicata dal nuo\'o storicismo: si part,, dal popolo come unità, la si spez.za nella maniera più rude con la scissione astratta dei ceti, e si finisce per ricomporre l'unità nella negazione dd popolo. La concézione dei ceti sociali, presentata dal De Mcis in forma naturalistica, i:. del resto contraria agli stessi principi dell'hegelismo, o per lo meno li deforma ,·iziosamente. Perchè Hegel parla, sì, di caste e ceti e classi, ma c-on1emomenti necessari e funzionali della società nella sua ,·ita e nél suo sviluppo: 1nomenti che si oppongono nel di venire dello Stato ma tuttavia non si e..'ieludono, an1.i Etanno come la condizione reciproca l'uno dell'altro. In De Meis abbiamo invece u11a scissio• ne naturalistica, quasi <li razze o almeno di sangui : e l'accenno a una psicologja deJle classi medie si perde neJJ.'apolog:ia della sovranità mouarchica. Cosi lo Stato, che si avanza in, questa concezione sotto la bandiera del , diritto divino della storia», una volta giunto alla ribalta appare con la veste dell'astratto assolutismo (v. Lo Stato, 186<)). Esso è infatti per il De Meis l'organismo politico che attraverso una scala ascendente di funzioni, dalle attività economiche a quella morale, dalJa sanzione giuridico-pena.le a.I diritto pubblico impersonante l'io comune, o la • voJpntà generale • di Rousseau, ·assorbe e domina l'individuo. Il culmine di questo processo, e insieme la sua forza assoluta, è appunto la autocoscienza socia.le dello Stato e l'azione che ne sgorga. I momenti inclividuali, od elettivi, della vita statale sono superati nel suo momento sociale: e come la moralità domina la economia, cosi il diritto domina la mora1e, lo Stato domina il diritto, senza altro appello che il giudizio della storia. Tutti questi sono tanti assoluti, ma lo Stato è più che assoluto, è divino'. La sua giustificazione sta nel vivere e agire in funzione di esse·re : cioè nel rappresentare uua forza il cui sostrato è nella sua corrisponden- 'za c~n ]a coscienza genera1e. E finchè questa corrispondenza esiste, lo Stato non ha limiti alla sua azione : la sua guerra, ]a sua violenza, la sua usurpazione è giusta. Quando questo rapporto fra Stato e forza cessa, quando la coordinazione delJe sfere assolute della pratica non sussiste più e l'organismo si disgrega, allora la rivoluzione è legittima (in quanto ripristini la funzione di essere dello Stato): venga essa dal basso o dall'alto, sia rivolta popolare o colpo di Stato. 111aè chiaro che il processo rivoluzionario viene qui concepito come semplice sostituzione di un nuovo all'antico Leviathan defunto. Le'Viathan: questo è veramente il nome che sorge alle labbra di fronte alla teorica del De l\1eis, dove come per Hobbes il popolo crea il sovrano e depone e specifica in lui la sovranità, ma questa è poi 1 ipso facto, assolu.ta. E' Yero che il Nostro fa, a11e idee esposte, due interessanti aggiunte: in quanto vede nel sovrano impersonarsi la stessa soggettività del popolo, il quale crea anche, oltre quello, il corpo legislativo, in cui deporre e specificare ]a propria oggettività. Ma che significano qui soggettività,, oggetti'Vità? Semplicemente i caratteri di quella universale CO.!iCÌenzasociale postulata dal De Meis in contrasto con la sua stessa dottrina .dei ceti : coscienza indeterminata, si noti, che riceve soltanto nello Stato la sua determinazione. Ed essendo tale determinatezza lo Sta. to non è soltanto funzione di essere, ma anche funzione di stare,: funzione delle funzioni (la differenza tra lo Stato antico e il moderno è solo in ciò che quest'ultimo ha coscienza di tale suo e.ssere). Sicchè la coscienza politica, ultimo rifugio dell'individuo 1 viene svalutata e deprezzata di fronte alla solidità del potere statale, che non riconosce in essa la propria causa agente, nia solo un astratto presupposto. E lo stesso dicasi per il corpo costituente (i molti, il popolo, il polverìo delle coscienze che appena cominciano a non essere più plebe) e il corpo costituito (la legge) : quello è la tenebra, questa la Yerità; ma è verità che si pone da sè stessa, e non nasce, punto dalle lente gestazioni della massa. Si può dire soltanto che nel corpo costituente è l'attuale possibilità del potere e della legislazione : ma la Joro autonomia e indipendenza non s'infrange, come quella cbe i: la vera colonna dello Stato liberale e moderno. Il rovesciamento di questi rapporti, la dedizione della sovranità alla sofistica dell'individuo è il torto e la causa di rovina degli Stati democratici 1 che intro11a110l'idolo della superficie a danno della profondità. );el vero Stato il SO\Tanoè l'assoluto soggetto (l'Etal c1esl ,mai), che concreta la su.a oggettività attraverso la legisJa1.io11e,e traduce in atto il s110 volere attraverso le fila amministrative ùel complesso organismo da lui dominato. Questo organismo si sente determinato e; concreto, un tutto vitale: « e vnol essere questo tutto, vuol raggiungere il limite di sè, vuol essere l'intero suo essere; non solo quello che t, ma quello che deve essere•· Fpperò si fa Stato nazionale, te11de acl esse1·c Stato universale: il limite (finita polrstas denique cuique !) lo arresta, lo tronca, costituisce il suo dolore: pare clic l'imperialismo <lcbba esb(;re il culmine di questo dogmatico e maestoso edificio. Ma il De Meis crede in\'ece che gli Stati si comporranno in una conconle e pacifica umanità. Questo liberalismo assoluto del Dc Meis l senza dubbio più vicino ai puri ortodossi dcli 'heg-elismo, quale il Vera, che non allo Spaventa. Ma i1 Vera non rappresenta nulla di originale: i.: un semplice ripetitore di Hc?:el, con le riflessioni proprie cklla '1éstra hcg-cliana, é nulla più (tanto , che ncm crediamo opportuno di occupare.i appositamente délle sue pubblica'l.ioni cli filosr,fia politica, ~alvo per alcune questioni particolari, di cui in seguito). De 1\!fcisinvece ha una mentalità sua propria, che cerca fli essere otiginalc: le s11e conclusioni son quelle cleJJ'hegelismo ortodosso1 ma con differenze personali, di inru.primento <lelle une, di attenuazione delle altre. Il sistema, con le sue contraddizioni e ;mmodern,ità, si presenta con potente e affiato religioso, con una serietà lerocratica; i suoi elementi rappr~ntano sen7..a dubbio uno sforzo continuo di ripensare da sè e impostare nuovi termini, nuovi rapporti. Ma la. conçezione è non solo as.solutista, ma esclusivista. Lo sentiva bene il Carducci insorgendole contro con tutta la forza del suo spirito repubblicano, ribollente ancora degli ardori da cu; era sorto l'Inno a Sata.na: e se nella polemica che allora intervenne, con il concorso del Fiorentino, il De Meis la vinse per superiorità di spirito e di gentilezza contro le incomprensioni carducciane, è evidente che il Carducci non senza ragione rivendicava i droits de l'1iomnie contro il medico hegeliano. Questi infatti dava non in• dubbi segni di marcato anti-individualismo, quasi non bastassero le conseguenze palesi delle sue teorie, combattendo, come più oltre diremo, il suffragio universale, lo scrutinio di lista, il mo suffragio universale, lo scrutinio di lista, il movimento di rivendicazione del proletariato, I 'abolizione della pena di morte. Per lui • tutte le legislazioni, sociali o altrimenti, sono in1potenti a risolvere la questione sociale. E' assw-- do e sciocco quel socialismo che domanda un benessere uguale per tutti. E' saggio ed umano, e soprattutto cristiano, domandar per tutti un benessere relativo ... Ma neppure a questo la natura si presta ... e tutti i sistemi di legislazione sociale peccano per la base >. Tant'è, se il rimedio ai guai della politica odierna il rimedio deve essere in primo luogo morale, esso deve essere il sentimento di dovere del lavoro, l'abnegazione, il sacrificio: una parafrasi etica, cioè, dell1assorbimento dell'individuo nello Stato. Cosi lo Stato demeisiano si ammantava di nubi e di maestà di fronte alla democrazia invadente : ma, lontano dalla realtà presente e da quella storia stessa a cui faceva appello per giustificarsi, restava non più che un idolo nel cuore del filosofo che lo pensò. SANTINO CAR.>i.MELL:\. Il primo arti.colo di questa serie (• B. Spa-uenta e le origini filosofiche del liberalismo •) è uscito nella Rivoluzione Liberale dei 28 settembre 1922 (a.. I, n. 28). Seg,,ira.nno: III. Silvio Spaventa e la politica della Destra; IV. Fiorentino e De Sa11ctis. Battaglie e poJemiche; V. La funzio11e storica del liberalismo hegeliano in Italia. LE-INDISCREZIONI DICA DIDO DALTACCUINO DIPOCOCURANTE IL PUDORE CON LO STEMMA REALE. Ripensando alla mia co11versazione dell'altro giorno con l'ottimo Candido sull'assurdità della morale imposta per ordine governativo, il quale fatalmente colpisce di traverso (mentre la vera :immoralità trova sempre modo di sgattaiolare non senza qualche lazzo biricchino) 1 e riandando ai numerosi, per quanto metoclicam,ente vani tentati vi fatti in questo senso da numerosi governi; mi pare di scorgere in questa risorgente illusione un motivo comui1e, di una ideologia alquanto infantile: nel credere cioè che il grado cli moralità maggiore o minore di un popolo influisca in bene o in male sulla saldezza della sua fibra, del suo senso civico, ecc., e lo renda per conseguenza. meno o più esposto agli attacchi di altri popoli più virtuosi e perciò più gagliardi. Le leggi per la pubblica moralità divengono così una specie di pron,edimenti a sussidio della politica estera. In governi autocratici od oligarcici, sul tipo del presente governo fascista, viene na-. turale il pensiero di servirsi per e ragione di stato J) di tutti gli elementi a disposizione, per imprimere un dato movime11to. Per ciò il ripetersi, sotto simili governi, delle medesime illnsioui, dei medesimi collati, dei medesimi errori. Perchè per lo più nou si ha sotto mano che una parvenza di vita. La vita è fuori, molto lungi dalle anticamere ministeriali. Kel caso specifico, è del tutto errato il credere che una popolazione che abbia fama di poca morigeratezza sia in con~egucnza <li. questo una nazione inetta a difendere la propria esistenza 1 e magari ad afTennare la propria volontà d'impero. Sarebbe più age,·ole sostenere il contrada, sebbene questo, presentato come una legge storicn, risulterebbe poi un paradosso. Ma poichè l'ascendere verso più alte e quindi più complesse e complicate fon11c di civiltà produce fatalmen.te una discesa c.li alcnni valori morali, a\·viene che tutti i popoli di civiltà più antica e più raffinata sono, in un certo senso, più immorali; ma 11011 per q11esto sono preda e.lei e barbaro puro•· Questo è un pregiudizio llcrh·ato dalle forme leggendarie, nelle quali ci so110stati tram.anelali certi racco11ti della calata e.lei barbari entro l'Impero romano. Entra in queste pre\·c11zio11ianche quella certa vena <li i1Jtran~1gcnteintellettualismo stoico, che non ha c:essato di scorrere attraverso la nostr;t cultura cristiana. R' un onesto pregiudizio, ma non cessa cli C'-Scrc: 1111 pregiudizio. La libertina Atene fu, tra gli stati greci, que1lo che più fieramente e più a lungo sostenne le sorti di tutto l'ellenh;mo; Sparta integerrima - e ipocrita _ qttando, alla fine, rag-ginnsé, senza molta gloria, una poc;ir.ioncdi egemonia sngli stati greci, non seppe mostrarsene degna. Anche alcuni anni fa alla vigilia della- guerra, sentiamo ripetere che la Francia aveva profanato le sue virtù eroiche nei postriboli parigi,,i e perciò avrebbe soccombuto in una lotta, Quelli che dicevano qu·e· ste cose non tenevano nessun conto della es:perienza, la quale ci suggerisce che la facilita d'ei costumi è parti! integrante dei çostumi milital'i,J e può dirsi con appena una tinta di .para./losso che l ,ma -virtù militare; per la Francia ir, particolare poi climenticaYano che essa ha marciato per secoli - ed a lungo! - cantando il • triplice talento • di Errico IV : de boire, de se batt,·e et d'eWe un -vert gala.nt. DocUMEN'fASf.RVITUTIS- A.i primi di mar-,,(), subito dopo il discorso mussoliniano, dell' • accettare O subire ", un giornale, dei tanti ufficiosi che sono in piazza, parafrasava e turiOOlava co.,;l: , « Il Capo del Governo ha affermato di volere « governare, se possibile, col consenso del 1nag• • gior numero di r-ittadini, ma nell1attesa che questo c-onsenso si formi, si a1imenti e si fortifichi » ha proclamato la 11ecessità di accantonare • il massimo delle forze disponibili» poicbè, così ha soggiunto l'on. :Mussolini, « quando mancasse il consenso c1è la forza•. O accettare i provvedimenti, anche i più duri1 dunque, per alto spirito patriottico oppure « subirli :11. e: Queste ultime parole sopra tutte ,·an110 meditate da quanti hanno a cuore le sorti delta N'azione. Alcune menti sembrano quanto mai ottuse e impenetrabili allo spirito dei tempi nuovi. Si iJludono di poter fruttuosamente trasferit;e le opposizioni al Governo sul terreno dottrinario richiamandosi agli schemi antiquati ed irrigiditi di una età sorpassata •· Dopo quel po' di roba· venuta fuo!i (ed ~ appena la schiuma!) dalla inchiesta sulle spese di guerra un giornale molto disinteressato e:-;cL.1.mava indignato : e: Finiscano le speculazioni di parte e si pensi solo che, oggi che l1Italia ha un nuoYo Governo, nobilmente preoccupato della restaurazione economica e morale del Paese, dei vecchi metodi e delle vecchie Commissioni, anche nel mondo degli affari e deUe banche de:ve entrare il soffio purificatore dei nuoYi tempi che esigono il fronte unico. . • Dopo tante lotte nefande ... non ci occnpercmo più delle miserande beghe prebelliche e post-belJiche di cui l'odierna relazione sulle spese di guerra non è che un triste episodio : la freccia del parto d'un regime spodestato!» Il giornale precedente gioisca liberamente. Esso raccoglie nobili consensi. E per parte sua ne fa suo pro. Titolo su sei colonne) 1a. pagina, nel secondo numero del nuoYo turiferario: L'[1n.pero: « Chi non è nella sensibilità fascista non è un di:i-s!- dente : è un 1no-rto. » Ho cerca.to negli a,Yisi economici lezioni priYate facili e rapide di sensibilità fascista. Yon ho trovato. 1V[i dispiace. Ho da rivolgermi a.1 giornale precedente o a quell'altro di prima? PERSONE PRIVE DELLA j( SEXSIDILIT.Ì\ " : a: Che per un trentennio tutta la nostra Yita sia regolata da deliberazipni del Consiglio dei ministri insindacabili e indiscutibili, la ~tampa taccia come ora tace, le schiene si pieghino come ora si piegano perc.bè e per le zucche che Ri rialzano ci sono cinquecentomila manganelli :.. e e della buona mitraglia e delle bombe a mano ., come ci ricordaYa ] 'altro ieri il Popolo d. 1 Itnlic.: nessuno può crederlo sul serio. E, se anche ciò fosse possibile, potrebbe mai sorridere al partito fascista ed al suo capo? Sarebbe mai vera gloria quella di reggere il paese senza consentirg-li di manifestare liberamente la sua ,-olontà, di determinare attraverso il Parlamento i suoi destini, di controllare il suo Governo? Sarebbe mai condurlo in alto moralmente e ricompensarlo della ,·ittoria riportala ne11a guerra? Duri 11011 \111 trentennio, ma un secolo il dominio fascista; ma vi dnri perchè il paese lo ntok\ non perchl: gli t: imposto•· (Corriere della sero, 3 mar1.o) e Si susseguono, da qualche tempo, in Halin, arrrsti politici di comunisti e socialisti. ~011 giamo in grado di pronunciare 1111 g-iudizio su tnli arresti : e ciò pen:hl' il GoYcrno non ha n~ai comunicato ufficialmente i titoli cli reato in base ai quali essi sarebbero a,·,·enuti, ec1 i fatti a cui i titoli medesimi si applicherebbero. La questione che uoi facciamo non è di rec,-\me liberale o 11011 liberale, democratico o antid~mocr.i.tico, parlamentare od antipnrlamenlare. Se così rosse, non a\Temmo ritenuto Hece:;sario prendere la parola, come non lo ritc11emmo in oc• c:asione dei progetti di riforma costil11zio11a1e o dcll 'istituzione della milizia nazionale fasci~ta: e ciò per ragioni che abbiamo ripetutamente spie~ gato. L~ questione che facciamo oggi (: di pura e s:em_phce legalità. Una delle conquiste principali cli quel secolo XIX, che noi non ~iu<lichiamo •stupidissimo, come fa l'on. Giunta ripetendo ed esagerando Daudet, i: quella dello e Stato rii diritto • in contrapposto allo Stato cli polizia dei secoli precedenti: conquista che del resto s'inizia fin dal secolo XVII, nell'Inghilterra degli Stuart, coll'liabeas corpus,. (Stampa, 4 marzo). PrnRo GoB~'TTr- Di-rettore-responsabile O.'G.E.13. - Corso Principe Oddone, 34 - Torino ..

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