La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 32 - 2 novembre 1922

L Il difetto di pre,,a sul reale si tradisce nella intonazione peda.ntesca e moralista. L'ideologia è sempre pedagogia, vuol portare (non negli illustri modi religiosi, di cui è sur,rogato) gli uomini oltre i moventi consueti, dagl'intere.ssi agli ideali, dall'egoismo all'altruismo (sia pure Solidarietà o Iniziativa), colpevole anche qui di artificiosi dualismi e oppcsizioni. Perciò essi chiamano educativa la loro aLtività, àiseducatrice la politica. Perciò l'ideologia è sempre sconfitta· <erva e caduca maschera delle forz,e sociali cl~e,~se i~genua, crede di domina.re eticamente. E' J...,i{JertéBgallté Fraiernité; è la delusione di :\lazzini a sogno avverato, a Unità compiuta, che fa parlare all'apostolo di • fallimenLi ideali,; è l'utopia del Collettivismo e dei So,·ieti: ma Marx e Lenin non sono sciocchi. Gh accadi1neuti vanno sempre fuori del suo quadro, oltre il suo segno, chè es.sa è forza incontrollata, naturale e non demi11rgioa. La politica è inv-ece, per definizione, l'attività che riesce: per questo è tanto odiata. Ila la saggezza della precarietà, della continuità, dei limiti: Richelieu, Bismarck, Cavour muoiono in piedi; la storia li continua, non li nega. Il politico, Sf" è cinico, ed è varietà infima, dice: non c'è che l'interesse, il resto è trucco, ed io mi regolo; se è penetrante comprende la vanità di questi schemi, supera il dualismo nell'unità. di un'intuizione in cui l'attività non disdegna l'interesse, ma pone la sua gioia in un interffise più ricco, in una sempre più vasta visione di possibilità e di rapporti; non respinge, ma comprende e concilia, e peirò domina, le ragioni varie degli esseri, i modi della diversità compresi": così, non dalla opposizione, che è solo un termine cl.e! processo, dalla sintesi, lui demiurgo, la storia accade, la reaJtà procede. C'è una insoddisfazione della storia che è oltre questo termine, che è sopra, che è sacra. E' lo spirito che, asceso padroneggiando i motivi dal cieco impulso all'attività libera, ai fastigi del fa_ re, sente dolorosamente sè altro dalla sottomessa realtà, chiede al proprio principio di procedere ancora, di scoprirsi di più. E' la morte, è la vanità ccsmica. Il momento negativo, ]a. crisi del vittorioso, la sua umiltà, la sua tristezza. E' l'immanenza: che anela a indìarsi nella trascendenza, e non sa,. E oltre la Politica, la Religione. K on è pienamente uomo chi ognori questa virile amarezza, questo lievito forte dello smagato fare, onde il sorriso del dominato effimero non si traduce in inganno. « Signor, chiamami a te, stanoo son io•. La, tristevza del demiurgo è la più prossima a Dio. E' forse opportuno, per chiarire, rispondere p_reventivamente a due ordini di critiche generiche, a priori, che sono da prevedersi, oltre qu_elle specifiche sul merito dolle nootril affermazioni. La prima viene dallo spirito economistico (materialismo storico più o meno dég1tisé), il q11ale svaluta il nostro punto di vista, i presupposti del nostro giudizio, perchè afferma, e sente e preferisce intimamente (economisti, sociolo.- gi, politici minori), la lotta politica primée dalla lotta sociale ed economica, quasi determinata meccanicamente da questa. Il terreno della disputa è, in fondo, benchè non se!I\bri, e non vogliano, psicologico e spirituale, perchè ness11no nega., o almeno noi non negbia.mo, che t contrasti economico-sociali abbiano importanza essenziale nella lotta politica, ne oostituiscano la materia stessa; ma si !,ratta cl.i vedere se l'attività politica che su quelba opera ne sia mediata o.mediatrice, esecutrice passiva o elab0ratrice attiva. - Il nostro' punto di vista è questo ultin:io, Noi affermiamo che lo spirito politico s1 pone davanti alla rea'ltà economico-sociale con in~pendenz;a,, anzi con superiorità, pur sa:p~ndo d1 dover fare i conti con essa, come j') spinto scientifico davanti alla natura. Per l'azione_di secondo grado, per ildemi11rgo, sentimenti e interessi degli uomini sono natura, come per il tecnic0-scienziato le abitudini della materia.. In linea di fatto, questa è la disposizione spirituale dei grandi statisti, i quaJi non pensarono mai di essere longa manu.s di interessi, ma servirono sintesi di secondo grado, Stato, Mona.rchia; ecc., in cui la forza bruta del popolo era organizzata e che appaiono (come la poesia ai pescicani) evanescenza. o finzione agli uonum gr?ssi. L'ultima radice del diseidio è nella gerar- -ch1aspirituale da cui moviamo, ove l'attività politica (e ciò che vi sta presso, ed oltre, poetico e religioso) è superiore al mero impulso economico alla ricchezza, o mora I-pietistico alla • prodc.zwne•· Ivi è lo spirito capitalistico, padrona.- le o proletario, plutocratico o socialistico, cni, non':'5tante il mal digerito idealismo, tutti ancor~ si prosternano (specie quelli alla sua innegabile sene~à più negati, rètori, avventurieri, le~ t~ratucoh,_ vili giullari che sono): mentre convi_e~edommarlo dall'alto di una superi0re umamta. Basti questa accenno, che svilupperemo altr~ve, c~e abbt~~o già sviluppato, perchè, come or1eut_az1onespirituale, è implicito ovunque; e propno ora, elaborando la distinzione ideologia-politica, ne abbiamo presentato un aspetto. FILIPPO. BURZIO. Replica a Burzio. Veramente quando io, verso la metà di settembre, inviavo da Aosta all'amioo Gobetti il mio articolo sulla monarchia, del saggio di Burzio llon potevo conoscer altro che le due priroo parti già p11bblioata sulla Stampa. Nelle quali LA RIVOLUZIONE LfBJHtALE tuttavia trovando espressi i concetti tonda.mentali della trattazione; e d'altronde le delucidazioni e gli argomenti ancor ignoti essendo facilmente prevedibili, se non proprio nelle forme, negli spiriLi; non mi parve impossibile condurre un ragionamento critico, o meglio una modestissima discussione, sulla base della mia conoscenza oompiuta. Nè oggi mi pare che l'articolo di Burzio sulla 'l'nb,vna dell' 11 ottobre, e la critica a Missiroli che vien pubblicata in questo numero della llivolmione Liberale, modifichino sostanzialmente i termini della nOGtra polemica. Come cercherò di provare, venendo a discutere i singoli punLi della risposta di Burzio. E, (tralasciando la valuta,ione di Croce e Gentile, sulla quale ci troviamo perfettamente d'accordo); dirò che le obiezioni da me avanzate contro J'ecce.ssiva importa,nza attribuita ,alla 11: minaccia di Destra> conservano, a parer mio, anche ora tutto il loro valore. L'idolatria patriottica o nazionalista, con quei caratteri di sentimentalismo fazioso, di immaturità e di immoralità poliLica, che il Burzio esattamente descrive, se è vero cho costituisce "l'unica etichetta. unitaria, delle oligarchie finanziarie, industria.- li, giornalistiche, eoc.; non riesce tuttavia a concretare se non un consenso effimero, fondato sulla mancata definizione del contenuto specifico di 11na parola, simile a quello per cni gesuiti e d0menfoani si trovavan d'accordo, come racconta Pascal, a condannare i giansenisti, accetta.udo entrambi la denominazione di vouvoir prochavn, pur conservando ciascuno per sè il diritto d'applicarvi un contenuto diverso. Mi par arbibrario, quindi, sul fondamento di un'apparente , religione della Patria,, alla quale si dice che da tutte le parti si innalzino incensi, sebbene sospetti, attribuire alle oligarchie borghesi una tendenza anticost-ituzionale, che può e,,sere tutt'al più veHeità, del resto ancor poro chiara, di alcuni gruppi, trascurando quel complesso di sentimenti e sop<ratutto d'interessi, che posson spingere le forze maggiori e più serie di queste correnti naziona] i e patriottiche, magari alla difesa della costituzi-One e della monarchia, e se non altro alla conservazione dello slatu quo. Perciò, come dicevo nel mio art.i.colo, ogni tentativo reazionario e dittatoriale broverehbe, secondo me, i suoi avversari più solidi e meglio preparati, non tra gli eretici, ma tra i fedeli osservanti di quella, religione che impaurisce il Burzio, come nna minaccia antimonarchica. Perchè, se la pan-ola «Patria, fu veramente per alcuni fondamento di una rinno:vata tendenza. autoribaria e gerarchica, fu 'soltanto mito di riscossa antiproletaria per i più, che si troverebbero fortemente e seriamente danneggiati nei loro interessi da un'eventuale di,µinuzione delle libertà costituzionali. Io non negavo l'esistenza del fenomeno segnal-ato dal Burzio; negavo e nego che si possa dare ad esso eccessiva impoo'- tanza, e sopratutto generalizzarlo come volontà e sentimento della borghesia. Scoprire sotto le forme classiche della lotta di caste una tendenza importante e diffusa a ri.agitare il problema istituzionale, può parer sforzo sofistico, appena giustificato dalla passione per l'argomento preso a tratta<re. Osservazione questa che ci introduce nel centro della nostra discussione, vale a dire oi sforza a parla,re sulla funzione e sulla neoossità. della Monarchia in Italia. Non mi pare affatto d'aver sorvolato, come dice il Burzio, sul punto essenziale del suo pensiero. Perchè anzi dopo aver esposto, talora persino trascrivendo le pairole stesse usate dall'autore, quel tentativo ch'egli fa d'inquadrare ['Origine della monarchia italiana nella stori,> generale della formazione delle monarchie europee, e il successivo: riconoscimento di una specifica differenza, e la riduzione di tutte )e funzioni ad un compito •politico, d'unificazione nazionale; ho discusso tutto oiò a lungo dal mio punto di vista. Il quale non V110[esser altro, in fondo, che una difesa dell'interpretaziene ma,r-xistica combatt11ta da.J Burzio, nel primo articolo sulla Stampa. Tolti di mezzo la mtela, la sistemazi.0ne, il dominio delle forze economiche e sociali, è assai difficile, dicevo, definire il contenuto di quel «oompito politico, ohe si V11olm:a.ntenere privilegio della monarchia. La potenza pclitica delle altre grandi dinastie europee derivò tutta dalla forza della classe in cui esse trovarono, come è noto, il loro fondamento; e il processo di unificazione nazionale venne a coincidere con la riorganizzazione socia.le, e il predominio delle nascenti borghesie. Burzio dice: «Gli stati si sono sempre formati così j sempre hanno pre.- valso da prima, sui popolari, i fattori dinasticomilitari-diplomatici .... Il popolo è sempre co-nq11istato,. In realtà, se si riceroa il contenuto di cotesti fa.ttori dinastici, militari _e diplomatici, ci si ;ritrova d<i fronte a quella realtà sociale eà economica - odi di classe, interessi - che s1 voleva escludere. Si ripensi aJla guerra di Luigi XI contro i capi feuclaJ,i ribelli. Burzio conosce queste antiche vioonde meglio di me. Che cosa sia dunque cotesta funzione poEtica, ohe ricongiunge la storia d'Ita.lia a quella delle altre monarchie europee, non so veder chiaro; e mi pare veramente che il Burzio, per usar le sue stesse parale, • abbia tasta.to il polso a un fantasma, .. Vero è ch'egli tenta cl.i derivare e ded11rre la necessità di q11esta tutela politica, anche negativamente dall'immaturità delle presuntuose oHga,rchie borghesi•, cll11l'òncapacità costruttiva e governativa dell'Alta Banca, dalla mancanza d'una burocrazia mandarinesca e 1utrnprendente. li che, mentre può essere una geniale valutazione e giustificazione della tradizione piemont:.€6e-governativa, non vale di per sò a dimostrare la necessità. e l'utilità d'una monarchia italiana. Argomento eccellente per ribattere l'affermazione di MiS8iroli, ohe la soluzione oavouriana f0550 , mediocre e approssimativa,, la dimostrazione dell'immaturità. dei ceti non serve a farci scoprire nella monarchia u.n:a capacità insita e permanent,, di mantenere l'unità amministrativa e politica. Lasciamo da p:.rt,e l'unità ideale e il consenso spirituale di Mi.ssiroli: ma quando manca persino un fondamentale e sufficiente accordo d'interessi, la p068ibilità d'una continuità governativa è aflìdata all'airte sottile e spregiudicata dei grandi uomini pclitici. • Un Sovrano saggio e un gran Ministro> son veramente cose <li prim'ordine; ma non baatano per d.imootrarci l'utilità, anzi la neoessità, della Monarchia; non dico sul, speoie aeternitatis, ma nepp11re nella presente, situazione quando ci accade d'incontrarli dovremo ringrazia.re il cielo; e riconoscere, come vuole BMChelli, che Ja «storia d'Italia è miracolosa,. Senonchè affidarci completamente alla sorte, aenza tentare di 006tit1lire noi stessi un equilibrio più stabile e una continuità più sicura; p11òsembrar politica malaccorta e imprudente. Cavour e, in grado minore, Giolitti costituirono veramente, in tempi difficili, un • punto fermo D, e rappresentarono oosi, ma non la Monarchia, quell',efficienza d'un potere saggio, autonomo, superiore e moderatore dei partiti che, m Italia, son fazioni•, di cui parla il Burzio. Se è vero che in Italia manca una 006cienza politica, o come altri dicono, 11na classe dirigente, non basta l'esistenza dell'istit11Zione monarchica a formarla, o meglio a sostituirla: basta solo quau do si ritrovino quelle circostanze eccezio• nali che si sono avverate nei governi di Cavour e di Giolitti. Il passaggio daJla giustificazione della politica cavouriana-giolittian,a, a quella della Monarchia è veramente un salto, che l' amore per la tradizione dmastica • secolare ed illustre, copre, senza nascondere. Questo mi pare il punto cenbrale del nostro dissidio ed è qui che si rivela, nel B11rzio, quel gusto estetistico da noi additato, che non è niente affatto dilettantismo, ma solo Eccessivo amOre d'una posizione letteraria, a detrimento anche dei fatti concreti. Non certo noi vorremmo chiamar dHettante un autore, di cui ammiriamo, e già lodammo, la finezza d'osservazione e l'acutezza dell'indagine psicologica. D'altra pairte qui entra in campo l'ultimo punto della discussione: la forma e il metodo e il punto di partenza delle trattazioni politiche del Burzio: quella tale politica vera, o statale o demiurgica., che egli ci descrive, polemizzando con Missiroli e in genere con gli ideologi. Gli argomenti .adoperati dal Burzio in questa polemica sono, a parer mio, sostanzialmente esatti, e particolarmente efficace è la descrizione della psicologia degli ideologi e della genealogia del loro stato cl' animo. Il misticismo politico è abilmente smascherato sotto l'ostentato immanentismo e la posticcia veste filosofica. Senonchè mi pare che l'impostazione stessa del problema \- la trasformazione della critica di Mis>iroli in urua critica generale delle ideologie - riveli un difetto sostanziale, che l'autore non si cura deì resto di nascondere. La voglia di reagire al m.issirolismo spinge il Burzio a combattere, in politica, il procedere per .via d'opposizioni e cli antitesi, e ad esaltare una forma di condotta conciliante, comprensiva, superiore ai partiti, sintetica; quale può essere tutt'al più, qualche volta, la. politica di governo. In realtà il procedimento per via d',antitesi e d'opposizioni è la forma naturale della lotta civile cooì come è nat11rale necessità per l'individuo anche se sia un grande politico, valutare la realtà circostante attraverso una particola,re e unilaterale ideologia: essendo compito proprio soltanto della storia raggiungere una posizione perfettamente superiore e conciliante. Si tratta peirciò non, d'abolire le ideologie, improoa, oltrechè impo.ssibile, inopportuna; ma di mutare in meglio il loro contenuto; sostituire, per es., a una falsa dialettica, la oonsidera.zione degli eventi sociali e delle vicende economiche: opporre al missirolismo il marxismo. Del resto, abbandonando le idee generali, e venendo all'esempio che il Burzio stesso ci fornisce, il 6110odio per la politica pa.-trigiana, antitetica, €6Clusiw,., inLollerante è niente altro, in fondo, che una specifica predilezione per la politica di governo, la quale è a.nch'essa, per natural necessità, partecipe di tutti questi difetti, ma, almeno in apparenza, più agile e meno dogmatica. Anche il Burzio infatti, mentire V11oleconcretamente e oggettivamente valutare l& sostanza degli avvenimenti, la guarda da un punto di vista unilaterale, e più precisamente conservatore e governativo. Che si traduce, nei suoi scritti di storia contemporanea, nella volontà di considerare le forze • che ci sono• vale a dire quelle che oggi « riescono 11, quelle che dominano oggi: esclusione cl'= elemento imponderabile e notevoliss;mo I-- il futuro, che non può non riuscire dannosa anche per la valutazione ste.ssa del presente. Ciò spiega come il s110saggio in questione possa essere insieme acquioocente allo stato di fatto e tendenzioso: contraddizione apparente_ da parte mia, reale difetto da pa-rte sua; che non vale tuttavia, come già dissi, a f,arci dimenticare le sue qualità ed i suoi meriti. NATALl:-10 SAPEGNO. 121 POSTILLE Caro Gol.,etti, Mentre è troppo pr,;sto p,,r una valutazione politica. degli avvenimenti di questi giorni, accogli - se è possibile - qtl.€8ta notazione psicologica, che ti butto giù P"r il pro96imo N. della R. L. Non ti parlo degli avvenimenti: c'è troppa confusione, troppa confusione; e quanta angosciata. amarevz.a. ! Cordialmente tuo Lc;IGI EME&Y. Lo Stellone. Al tempo dell'occupazione delle fabbriche, mi trovavo all'estero; e spesso da stranieri mi sentivo fare la domanda: - Ebbene, che cosa bisogna pensare di queste agitazioni! come si risolverà questa situazione! - Allora, come altre volte, io non sapeva rispondere se non con un.a. fiduciosa, convinta, ma neoessariamente generica e non persuasiva affermazione di fede nelle capacità vitali del popolo italiano. E mi sentivo replicare: - Caro signore, sarà come lei dice; ma questo Suo è un atto di fede, non è un ragionamento probante. - Vi sono infatti O'!rt6zze fìdud?,rie, scorci intuitivi, non logicamente, non <lisoorsivam-ente traducibili, che valgono più d'ogni climostrazione matematica: affermazione d'una verità che non cessa d'esser razionale per il fatto d'essere estranea agli schemati6mi analitici dell'intelletto. Senza questi atti di fede non si vive, non si cammina; non solo; ma non si afferra JJemmeno la • verità vera, della storia e della vita. Tra noi italiani, siamo in famiglia, siamo tra iniziati, e -ci possiamo intendere con un'occhiata. Ma pensate un po' di dover spiegare ad un estraneo, ad uno straniero - in termine, cioè, rigorosamente, freddamente intellettuali - gli avvenimenti di queste giornate. Sfido chicche& sia a non trovarsi in una penosa incertezza. Ma c'è in ciascuno cli noi, che voglia rendersi ragione via via di quanto accade in lui e intorno a lui, questo straniero impassibile, col ruo sguardo freddo, con le sue doman.de urgenti e inooorabili. Gli avvenimenti di questi giorni sono di quelli che pongono più violentemente in luce il carattere infinitamente contradditorio di tutta la nostra vita italiana. Noi siamo un cumulo cli contradizioni, siamo un enigma perpetuo, una sfinge proteiforme. Ed ogni spirito che si propone oome m.iglio:r forma di vita una coerenza idea.le, una disciplinata chiarezza, non può non risenti.me una dolorosa, tormentosa inquietudine. Siamo ridotti a questo: augurarci una· certa .fiacchezza, un certo aooomodantismo, un indelì.nito transigere di tutti rispetto al proprio compito, sicchè ognuno faccia un po' la parte dell'avversario e l'advocatus diaboli contro sè stesso, perchè così soltanto eviteremo le peggiori catastrofi. Così abbiamo udite le più saggie persone augurarsi che i soldati osservino il proprio assoluto giuramento d'obbedienza e di fedeltà ... fino a un certo· punto; ed i rivoluzionari è bene che siano rivoluzionari ... fino a un certo punto; programmi e promesse e fedi debbon esser mantenute ... fino a un certo punto. Questo si preconizza sorridendo oome il nec plus ultra della millenaria sapienza italica. Questo è perfettamente cattolico, dunque perfettamente 11ostro. Non è, infatti, l'Italia il paese dove i veri ri voluziona.ri f11rono sempre i conservatori e i socialisti i veri conservatori 1 dove i ribelli fanno i colpi di Stato monarchici e i Re fanno le più radicali rivoluzioni progressiste; dov~ chi rende omaggio all'Esercito • fede] sino aJla morte a, ed esalta l'obbedienza cieca, invita al momemto buono gli uomini fregiati delle stellet. te a consegnar le armi in nome di avvocatesche distinzioni di Stato e Antistato, e li chiama vigliacchi se non si fanno volontieri spergiuri 1 Ma_tutto si risolve:-- dicono - per il meglio, perche nessuna pos1z10ne è mantenuta con disperata volontà, e ciascuno anticipa già per suo conto, entro se stesso, la fatale composizione delle forze dalla, quale uscirà la nuova realtà del domani. N·on si arriva, ma si parte già, per un colmo d'abilità, del cOmprome,,so. Domani, con una fregatina di ma.ni, ci compiaceremo che una volta di più d'è anda-ta bene,, grazie allo Stellone, sotto il bel cielo d'Italia. Questa è l'amarezza profonda, ia sconsolante fiducia che ogni animo arso dal disperato amore della coerenza, della saldezza ideale, è costretto, suo malgrado, a ritrarre dalla storia passata e conten:1poranea. Siamo tutti troppo furbi, troppo abili, troppo consumati. Abbiamo già tutto vedu~, tutto provato, tutto saputo, prima ancora d1 nascere. • Itala gente, da le molte vite•: ognuno ha cento anime nella sua piccola anima ognuno è un politico nato. ' Ma noi sentiamo che questa suprema forza è la no_stra più profonda debolezza; questa prima fiducia è il nostro sconforto ultimo; questo soro- :°? merito è la nootra condanna; questa abilitk e lmpote~ai; è un prem.io, ed è un castigo; più che conqmsta, pecca.to originale: titolo dr nobiltà che è brivido d'infermità. Tutto ciò ha un nome, scherzevole e fatalista ironico e compiaciuto: lo Stellone d'Italia. ' LUIGI. E.cERY.

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