RE NUDO - Anno XI - n. 87 - maggio 1980

RE NUD0/6 TERRITORIO G iovanni L. è un vecchio con la faècia da contadino: ha 65 anni. è un ex-matto. dopo vari ricoveri negli ospedali psi- chiat_rici. ·1a nuova legge lo ha messo definitivamente ..in libertà ... Abita all'ultimo piano di una casa ultra po– polare. quelle che a Milano si chia– mano case di ringhiera. non ha pa– renti. vive con un cane bianco e marrone. un Bobi qualsiasi che ha scelto la notte per abbaiare. Giovanni L. ritarda a pagare raf– fino che è ancora quello di prima deirequo canone: a questo punto interviene rassistente sociale. gli ot– tiene una dilazione fino alla pensio– ne del mese successivo. Metà della pensione (quella minima di invali– dità) e ne va in questo modo per recuperare i debiti col padrone di casa. Gli altri inquilini sanno di aver a che fare con uno che è tocco in testa. e anche se non lo sapessero. si vede a occhio: è uno che per le scale parla da solo. si chiude in casa per delle settimane. quello del piano di sotto lo sente urlare e spostare mobili. L'affitto non è questione che ri– guardi il caseggiato. anche se il pa– drone se ne lamenta con lutti: è il cane che dà fastidio. Si finisce per parlarne alla riunio– ne mensile. Giovanni L. al solito non c·è. Hanno provalo a parlargli lutti. con le buone e anche con le cattive. 1an10è matto e non capisce. li cane abbaia. abbaia tutta notte. lì ci sono quelli che vanno a lavorare. figuriamoci ouelli che gli abitano sotto. Bisogna mandarlo via. il pa– drone di casa deve farlo sgombrare. tanto più che non paga raffino.·· ... e poi con un matto in casa non si sa mai.. Questa situazione si trascina per un mese. nel frattempo Giovanni L. ha pagato raffitto e il cane non ha me o di abbaiare. Ma non si sfratta un pensionalo. sia pure matto e con un. cane: lo sanno lutti quelli dei quartieri popolari. Ci sono le strutture. c'è il con ul– lorio di zona: il centro 1erri1oriale di assistenza psichiatrica. Ché poi. alla fine. il signor Giovanni L. ha bisogno di essere assistilo più per lui che per il cane che abbaia. Più per lui. Telefonano una sera. tardi. perché c·è il cane che abbaia e loro non ne possono più e dicono "dovete occu– parvene voi perché da solo non può tare ... insomma il condominio va tutelato. E così psicologo e psichiatra si av– viano: loro sanno come si manda in crisi la riunione del condominio. Hanno le parole giuste. il tono giusto. la tecnica giusta. basta una frase di banale buon senso collaudata in vent'anni di tavoro: basta che chie– dano·• ... ma insomma, è più impor– tante un cane o una persona?" e al– lora la signora Tale quasi si com– muove, il signor Talaltro arro sisce. l'altro tossicchia. le sedie diventano strette. L'assemblea si vergogna. Lo psichiatra, che sa aspettare, ta– ce, tutti tacciono: "allora mandi via il cane!" finalmente! Si, mandi via il cane. loro non ce l'hanno col .signor Giovanni L., è il cane che dà fastidio. CHE PASSIONE anche se a togliergli il cane ... è un caso umano. dopotutto. Poi il padrone ci riprova con l'af– fitto. quello del piano di sotto ancora col cane. l'assistente sociale fa quello che può ecc. ecc. ella settimana successiva gli psi– chiatri riescono a placare gran parte dei condomini. piegano molto bene che la legge tutela innanzitutto il malato: la società si tutela da sola. Finì che il centro si fece carico dell'as istenza terapeutica del signor Giovanni L.. anche a domicilio. se necessario. Restò anche il cane. Do– po i primi tempi è ricominciata l'in– sofferenza solita. del padrone degli inquilini. "però hanno capito a cosa serve l'ambulatorio. in parole pove– re~ hanno capito di chi deve fare gli interessi .. ci dice lo psichiatra che ci ha raccontato que ta storia povera e quotidiana che di più non si può. uguale da Trento a Palermo. "Si sta verificando che gran parte degli in- terventi ce li chiedono le terze per– sone: parenti. amici. vicini di casa. Raramente datori di lavoro. Difficil– mente gli utenti dei centri arrivano spontaneamente. in questo modo abbiamo a che fare con tutta una se– rie di filtri prima di arrivare airinte– ressato. Da una parte è utile che sia così. perché in questo tipo di inter– vento coinvolgiamo soprattutto l'ambiente. D'altra parte può diven– tare un ·ostacolo perché cadiamo nella "psichiatrizzazion·e di casi che richiedono tutt·altro trattamento". La funzione che svolgono meglio è fare da filtro per i casi che richiedono un trattamento ospedaliero. "Spesso riceviamo richieste di psicoterapie. individuali. d'appoggio o familiari che eccedono enormemente le nostre possibilità: nella gran parte dei casi dobbiamo limitarci ad un'assistenza 'generica invece di dare contributi terapeutici." Il decentramento di zona. aggiun– giamo noi. è poco in contatto con strutture sociali già esistenti: è raris– simo. per esempio. che ci sia una coordinazione effettiva con i consigli di zona e con quelli scolastici e non c'è mai con i consigli di fabbrica dove questi sono· presenti. Come dire che l'ospedale resta per adesso il solo servizio di riferimento. L'altro capitolo incandescente della 180 è lo smantellamento dei manicomi. Sulla carta non ce n'è neppure uno. Molti sono scomparsi semplicemente mandando a casa i ricoverali (ricoverati magari da dieci anni). Sempre a Milano: Affari. ex mani– comio Paolo Pini. un manicomio fa– moso. reso privilegiato dall'ospitare in una· sua ala la clinica psichiatrica dell'Università. il che significa alme– no la vernice della credibilità. Affari era un comune separato. ora com– pletamente inglobato nella città. E' una zona molto popolare. zona di ospedali. tra raltro. In qualche modo ha conservato un suo tessuto sociale fatto di osterie malandate. di sezioni di partito e anche di umanità spic– ciola. Apriamo i giornali di cronaca e c'è il solito trafiletto: lamentele perché i ricoverati COI) licenza di uscire di– sturbano la quiete. sconcertano·. in– fastidiscono. Ultimamente turbano con comportamenti "contrari al co– mune senso del pudore" le castissime scolare'Sche di un istituto vicino. Un quotidiano molto noto parlava addi– rittura di ·'copule sull'erba. coram populo": l'episodio sarebbe recente. · E allora andiamo a vedere ad Af– fori. I recinti dell'ospedale sono aperti. non apertissimi: solo aperti. I ricoverati sono tutti casi a lunga de– genza: "stabilizzati". ·'cronici". per dirla in termine tecnico. Cronici an– che nel loro modo di affrontare l'e– sterno. E così. se chiedete ad una ra– gazzina cos'è mai successo di osceno "c'era un ricoverato. un matto" vi arrossirà ·•econtinuava a guardarmi: sorrideva in maniera ebete e stava per venirmi vicino" I neoformati centri territoriali lavorano in mezzo a due si– tuazioni limite: non vengono consultati perché sono noti. o ritenuti nno efficaci. oppure ricevono richie– ste iperboliche. da quello che telefo– na perché il vicino disturba a quelli che arrivano a raccontare come un loro familiare sia sicuramente "da curare". Paradossalmente non esiste alcun coordinamento con i medici mutua– listid delle zone, che sono quelli che secondo logica hanno le opportunità migliori di selezionare i casi. "Ab– biamo indetto varie riunioni invi-• tando i medici della mutua: non si è presentato quasi nessuno. Possiamo fare molte ipotesi. per ora di certo possiamo dire che manca un lavoro capillare di sensibilizzazione dei sa– nitari." Nei centri lavorano équipe forma– te da un coordinatore, generalmente uno psichiatra, che ha anche il com– pito di mantenere i rapporti con le unità centrali (reparti ospedalieri, per esempio), uno o più psicologi, personale paramedico specializzato, spesso medici generici, e un certo numero di assistenti sociali diretta– mente collegati ai centri. A questo staff di base si aggiungono, di solito, o volontari, non contemplati dall'or– ganico ufficiale e senza i quali si fa– rebbe molto meno lavoro. La novità rispetto ai reparti tradizionali do– vrebbe essere un "prendere il pa– ziente nel suo ambiente" e il lavoro d'èquipe. L'assistenza viene fornita su vari piani, per quello che si è visto finora si tende a fornire molta tera– pia d'appoggio, per lo più familiare, e un certo numero di interventi a domicilio (in cui l'assistente sociale è affiancato da uno psicologo). I casi visti variano moltissimo da una zona all'altra, per ora non si può sostenere che rispecchino la cçimpo– sizione sociale del territorio. Il cliente più fisso è sempre il tos– sicomane "perché ha spesso bisogno di ricette, e in generale sono persone che sviluppano lHl grande bisogno di dipendenza da figure protettive, noi però non possiamo funzionare come, per esempio, un ospedale diurno, perciò più che tanto non possiamo fare". "LE ZONE" sono appena costi– tuite, non dappertutto, e hanno pochi soldi e poco personale. l'lon ha molto senso sfogliare il proprio archivio mentale e dirsi che si, certo, probabilmente era un ebe– frenico, forse un cronico, però ra– gazza mia non c'è tipo più mite e remissivo degli ebefrenici perche, ecc. Quando mi ha sentito dire ebefre– nico (ammesso che serva a qualcosa), lei, ma anche il panettiere d'angolo "vengono qui (i matti) e danno fasti– dio ai clienti, non si riesce a mandarli via, e poi, non si sa mai, sa com'è ... Ce.n'è uno che viene tutti i giorni, dice che il negozio è suo, io allora gli dò un panino e va via contento. Ogni tanto vuole la brioche". I negozianti della zona battono tutti lo stesso tasto, "danno fastidio". Tutti, sembra, regalano volentieri qualcosa, forse così si sentono appo– sto. Si sente apposto senza dubbio una merciaia anziana e dignitosa "ieri c'era una, giovane ma conciata, sapesse ..., era fuori incollata alla ve– trina. Guardava un paio di collant, rosse. Io allora sono uscita e le ho chiesto 'ma che cosa vuoi?' e lei niente, per me non mi ha neanche sentita. Comunque ho preso le col– fant e gliele ho date. Dopo un po' è andata via. Magari era una drogata, aveva un odore addosso". Già, ci sono anche i particolari come questo che infastidisce riporta– re. Oppure c'è la preoccupazione dei genitori che non si sentono tranquilli a mandare i bambini nei giardinetti. I normali, sani, positivi, tolleranti cittadini di Affori si sono abituati a vedere matti "cosa ci vuol fare? d'al– tra parte. se li lasciano uscire ..." noi cosa ci possiamo fare, vorrebbero dire. Oppure c'è la paura del "matto che può diventare pericoloso", non è mai successo, però ... Proprio in un caffè un ragazzo proponeva di fare dei corsi per im– parare a trattare con i ricoverati "Ti se sè matt", che vuol giu.sto dire sei matto, più matto di loro; non ha ot– tenuto molto a dire che matto è solo una parola. E le famiglie dei matti? Non ci so– no più posti di parcheggio per malati a lunga o a definitiva durata. Basta un po' di logica per capire che nei nuclei dove ci sono pazienti mentali spadroneggiano nevrosi, 'd'ansia e non. E poi, con un paranoide a deli– rio invasivo chi ci vive? E' vero che moltissimi vivono co– me tutti noi, lavorando regolarmen– te, tenendosi i loro disturbi e le loro allucinazioni: sono quelli,che inter-· nati potrebero solo p~ggiorare. Sen– za contare il numero dei guariti dopo un ricovero breve, trattati poi a casa: messi in un cronicario non sarebbero probabilmente guariti mai. Però lo psicotico può anche non avere una famiglia su cui contare e le comunità terapeutiche che all'estero sono rarissime, in Italia non esistono. Lo si sapeva anche prima, perchè fa scandalo adesso che la I80 è pas– sata? come se, tra l'altro, i farmaci non fossero il pane quotidiano di qualunque corsia, come se il tratta– mento continuato post dimissione non fosse la regola. Lo è in qualun– que ospedale psichiatrico, comunque sia organizzato, senza eccezione e Io è in tutti i casi dimessi dopò che si siano stabilizzati, senza eccezione. C'è l'alternativa psicodinamica: modifichiamo la psicoterapia per gli psicotici. Purtroppo, anche se ci fosse abbastanza personale (e non c'è), re– sta il fatto che non tutti i casi si pos– sono curare solo in questo modo. Poi restano tutti quelli che non recupe– rano oltre un certo grado e che sono la maggioranza. Dove li metteremo e con chi? do– manda retorica. Sul territorio. Tutti sul territorio, che non è pronto. Co– me dire che a fare la I80 dovevamo aspettare di essere pronti, cioè non vararla mai. Conclusione obbligata: prima della 180 stavamo male, dopo la 180 si sta molto meglio, ma quelli che non stanno meglio stanno peggio di prima. Luisa Cunteri

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