RE NUDO - Anno XI - n. 87 - maggio 1980

RE NUD0/26 RIELLINE di Pi,noFranzosi L'orgia M arie-Jeane dall'astuto aspeno vizioso portava con sè Elizabeth dall'ingenuo visetto appena intaccato dall'erotico-orgiastica istruzione che la compagna e maestra le impartiva. - L'orgia non è solo dei ricchi, è un fatto eterno.e universale. - Il signor Balossini guardava la televisione, era assorto e assente, dentro di sè rivolgeva torbide visioni. Le luci baluginavano sui rriuri, i quadri quasi cadevano, la musica languiva e miagolava come un gatto in amore, in quella stanza, in quell'ora, tutti si eccita– vano, la vista di una spalla scoperta, l'odore d'un fiore ma·rcio,un'ombra sensuale,la birra era forte, scura, l'accenno di una canzone, qualcuno mormo– rava. Ivan guardava verso di lei, i suoi occhi erano caldi e vellutati, lo sguardo_ posava sul tenero ginoc– chio, le dita solo un poco pelose, il piede sulla spalla, contorto come un serpente. - No, conte - una voce gridò nell'ombra. Olga si piegava voluttuosa, recli– nava il viso,ricercava le sue mani,avevacalze di seta finissima, traforate. uno stordente profumo. La birra scorreva come un fiume, la realtà rapidamente s'al– lontanava. -Oltre ogni limite- scandi Marie-Jeane sedendosi sul divano. Tatiana accavallava le gambe, balbettava, s'abbandonava, le sue palpebre scende– vano come persiane. sbattevano con furia. - Mi ve– stirò da donna-disse il barone. li grande industriale strappava i petali d'una camelia. li riduceva a micro– scopici pezzettini. Anche Elizabeth infine si sedette, vicinissimo a Maric-Jeane. Balossini del tutto sbron– zo vedeva strani mostri nella televisione, gli attori dalle spalle in su sembravano delle nottole, farfalloni notturni, saltavano e svolazzavano sullo schermo, come attratti dalla luce. J.P.Sartre, nella sua stanza. meditava sull'uomo. sentiero tortuoso in una vasta piana di cespugli e sterpi, argillosa e sassosa, che in basso s'impolverava sempre più intorno a radici, zoccoli e piedi, divenen– do arena e sabbia fine, gli aridi e stenti arbusti cessa– vano, s'apriva l'immensa prospettiva marina, riem– piva tutto l'orizzonte, rombando, echeggiando, ca– valloni e rancida schiuma, strisce e rinessi sanguigni, c'era molto silenzio e molta calma, il fischio e il sibilo cacciavano a tratti due nubi in cielo, qua e là, non c'era nessuno, era molto presto, Alberto la stringeva, le spingeva indietro il capo, pensava: come può fini– re?e mio marito? e i bambini?, aveva una giacca nera, lacravattalentaedicevacosì,scherzando,"terribile'', non prendeva mai niente sul serio, non era un gran nuotatore, lo prendeva in giro, lei lo baneva in pic– cole gare, annaspava, forse era un crampo. ne capi– tano spesso, s'erano spinti al largo, annaspava egri– dava, oltretutto era senza costume, pensò con terrore, se l'avessero vista portare un uomo nudo, qualche pescatore, ma nessuno li aveva visti, nessuno, pensò, il ritorno a una vita tranquilla, regolare, non chia– mava più, doveva aver capito. sbaneva soltanto le braccia, non sapeva proprio nuotare, un crampo alle gambe ed eccolo li. in un ultimo gorgoglio e risucchio, ricordò ancora come baciava, spingendole il capo indietro e facendole quasi male, trovò un altro sasso, rozzoe sgraziato.fra i convolvoli.chi mai li metteva?, imprecò e lo buttò fuori, vicino al gruppo delle don– nacce che smisero di parlare e si guardano attorno spaventa te. Via canonica C'è una macchina da scrivere, i tasti sono assai grandi e patinati e scrostati qua e là, alzandosi e abbassandosi gracchiano, sono molto lunghi e grossi, come il rullo rigato e il piano nero del coperchio, forse perché li, visti da vicino, e anche le pareti li rincnono con ombre, si proiettano fin fuori dai vetri. , Un corridoio porta li', percorso da passi forti e pe- va essere venuto, la porta a vetri scattava chiuden– dosi, che ci faceva li sullo scaffale, pareva che la guardasse, fisso, a un tratto scomparve, ma pure, in altro punto, tornando a casa, beffardo, grottesco, gli occhi neri acuti, nella sua mente, guardava volava, a casa c'era gran strepito, al piano sopra c'erano le manovre, l'esercito che marciava, si prese la testa fra 1 le mani, andò nello stanzino, fece un buco nel pavi– mento, vi entrò tutta e trattenne il respiro. Forse i pianeti Il sole brillava rosso, con strani riflessi, le aster– astero-astro-stro-stronavi, nel cielo, come sciami di ·moscerini, dai finestrini, guardando, di tanto in tanto ci sporgevamo, ammucchiandoci tutti, il Principale non voleva, qualche impiegato, tempo prima, si era buttato, su Giove c'era un essere di gomma, saltel– lante, verde scuro, emanava suoni corali, diceva la televisione, come cantasse, sopra Nettuno extrater– restri che si accendevano, simili a fiammiferi, si por– tavano a terra per farli combattere, ma erano molto pigri, bisognava frustarli, assistevamo ai combatti– menti mentre mangiavamo, nella mezz'ora di sosta a mezzogiorno, e alla sera, tornando a casa, gli orari di lavoro erano aumentati, dicci-undici ore al giorno, per le spese spaziali, io compilavo le mei schedine dei combattimenti con grande trepidazione, nella spe– ranza di vincere un viaggio. fino ai pianeti, ne avrei avuto diritto. senza bisogno di cariche politiche od economiche, tutti quanti li facevano, a volte ci met– tevamo insieme, Titano, si era scoperto, era tutto scolpito, stranissimi ghirigori, decorazioni, pareva, non si sapeva cosa, la Chiesa non si pronunciava, io mi annoiavo un po', guardavo le gambe di Raffaella, un giorno l'avevo presa, sbattuta sulla scrivania, ti– randole i capelli, gli occhi che si muovevano, dentro la guancia, gridava, gli altri ci guardavano, un po' sorpresi, l'avevo posseduta cosi con furia, era il mio terzo stupro, l'ultimo ammesso per la mia categoria, ormai dovevo passare di grado, e chissà quando, e pensare che appena ieri, come dicono in televisione, pochi decenni fa, non c'erano astronavi ne diritti di stupro, non si conoscevano i pianeti, nel futuro pros– simo, dicono gli scienziati, parlando in televisione, presto giungeremo fino alle stelle. 1 santi. Di solito il dottor Baraldi arriva di colpo dietro · ' le spalle. porta dei baffi, ha denti bianchi che fissano· Giardino In un giardino con I p1ea1 piantati un'anziana si– gnora dai capelli bianchi, il viso è logoro e scuro. terroso. gli occhi escono da molte pieghe, sta guar– dando un sasso. da dove è venuto?, cerca di ricordare. cosa rassomiglia?, si china fin che può con la stretta gonna. lo prende in mano e lo getta oltre il cancello. la gonna nera, il golf nero, il volto terroso, i capelli . fuggono. le calze opache e bianche. di lana, guarda ora l'alto albero virile che sta nel centro, l'erba verde. fa qualche passo nel vialetto, se fossi un agnello. pensa,fuoric'è una frottachiacchiericcia di mon(la– ne, appoggiate alla siepe, apre gli occ_hidi più, dà un calcio pantofolato a un po' di ghiaia finita sul margi– ne d'una aiola, scoprendo un magro ginocchio. tra– balla e per poco non cade, gli angoli della bocca le tremano, per lo spavento di cadere,4come si fa a venderecosìil proprio corpo?,suo marito buon'ani_– ma le stringeva forte il seno con le sue grosse mani. fino a farle male, Alberto invece era invadente. le aveva spinto il capo indietro per baciarla, era una bellissima spiaggia; l'ultima volta, con un mare ver– dissimo, un cielo straordinario, il sole giallo. caldo. vibrante nel meriggio, bianco e tepido all'alba. un e occhi acquosi e indecisi, è molto alto e quando s'abbassa rapido a baciare il collo. sgranocchiandolo bene. sembra fare un tuffo, scherza molto, racconta barzellette. quando per caso è in piedi le pone la mano sul sedere e tira la mutandina, un suo gesto caratteristico, prima arrossiva tutta e vergognava, ormai s'è abituata. quando è distratta soprapensiero e d'improvviso sente la carezza rabbrividisce e sussulta, la guarda divertito, ha gli occhi d'un pesce. Lei al:iitain via Canonica, è cresciuta lì. e deve prendere i tram e fare un bel percorso. Ha un cri– stallo _neg!iocchi, due uova di cristallo con un buco nero. dietro mille fili sottili. delicati. che tremano subito p~un nonnulla._a udire i passi nel corridoio, ches'aV~icinanoe s'alldn.tanano.pesanti. u'n giern·o è sola,• non· c'è la Lidia, la ragazzina della stanza accanto e c'è il sole e lei si perde nei pensieri e cade a terra. Il dottor Baraldi sa cosa fare, ha le labbra tirate. i denti bianchi, gli occhi da pesce, acquosi e quasi tristi. La sedia rovesciata, la ma.cchi– na. i mobili s'ergono su, s'incrociano. s'innestano. come una cosa sola. Una storia incivile: Non era brutta, non era brutta, le gambe storte forse, e un poco grossa. ma un visetto gentile. delicato. in casa erano in molti. sua madre sempre con la pancia grassa, un attimo per sgravare e subito ricominciava. una famiglia cattolica. perbene. l'avevano messa nello stanzino. insieme alle scope appesa ad un unci– no. aveva sedici anni. l'usciere, un avventizio provvi– sorio alto due metri, le aveva messo la mano tra le gambe. passando. gli aveva dato uno spintone. aveva lasciato il posto. anche Mario l'aveva presa in giro, si era divertito con lei. aveva finto l'amore. l'aveva portata ai giardinetti. aveva aspettato che chiudesse gli occhi. le labbra socchiuse. le aveva cacciato in boccaun mucchiodi terra. lo aveva lasciatopian– gendo. aveva un nuovo posto ora. era quasi sempre sola. la padrona veniva spesso di mattina ma al po– meriggio preferiva andare al cinema o coltivare le sue amicizie, poteva cosi, tra un cliente e l'altro, abban– donarsi. fantasticare. marmi, il soffitto che dondola– va. le sedie, a un tratto un frullo. un rumore strano. in cima allo scaffale stava un uccello, appollaiato. una cosa che non andava. grosso quanto un piccione completamente nudo. le costole magre. la pancia gonfia. un accenno di coscia, un lungo becco curvo. incredibile. impossibile. la poverina rimase senza fiato. il cuore batteva tumultuoso. da dove mai pote- VOSTRO FIGLIO E'UN .COGLIONE? FATENE UNASCOPA

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