RE NUDO - Anno X - n. 82 - dicembre 1979

62/RE NUDO ma per quanto puoi cercare quel che non è perduto? tutti ti aiuteranno c'è chi è molto gentile ... III È con The Marble Index che Nico 1raggiunge finalmente un risultato compiuto. Il disco è arduo, sco– stante, gli ultimi rimasugli di rock sono scomparsi; e gli arrangiamen– ti raffinati dell'alter ego John Cale contribuiscono a dare il sapore di un viaggio nel passato. L'armo– nium riscoperto da Nico sta al centro, e intorno una costellazione inusitata: violino, viola, organo ... cupe e raccolte, le canzoni vivono di origini antiche e soluzioni d'a– vanguardia. Ma sotto, alla base di tutto, sta una sorda angoscia. In Desertshore, invece, l'aria è e– stremamente rarefatta. Scarsa strumentazione, a parte il sacro armonium, addirittura una My Only Child affidata alla sola voce. Qua e là affiorano suggestioni da kabaret di Weimar. E con The End, la sintesi è com– piuta. ·È l'opera ultima, in tutti i sensi. Strutturata, quasi, per essere una fine. Nico è tutta in quei suo– ni, in quel clima gotico; dove però trova posto un antico amore, Jim Morrison, con la sua The End, in vèrsione fortemente espressionista. Accanto all'immancabile Cale, c'è un altro personaggio a fornire il tocco di genio: Brian Eno, con il suo sintetizzatore. E la tensione verso la dissonanza tocca il punto d'arrivo, W e've Got the Gold, il dialogo tra voci e strumenti ormai definitivamente interrotto. Lonta– na, si intravvede l'ombra del Pier– rot Lunaire. IV La distanza tra i tempi di Andy Warhol e quelli di The End è grande. La ricerca di Nico, poco seguita e anche meno capita, è sta– ta soprattutto un ritorno. Dall 'A– merica all'Europa, dalla musica tutto sommato esteriore degli inizi rock a quella intima della maturità. Nell'ambito pop, comunque, Nico è tra i pochissimi che sanno fare uso di un'arma difficile come la dissonanza. L'atmosfera (l'ex-chan– teuse lavora sempre suggerendo atmosfere) di Abschied o Lawns of Dawns o W e've got the Gold è quasi schoenberghiana; s'intende, dal punto di vista del clima, sen=a il minimo riferimento alla dimen– sione tecnica. L'espressionismo è punto focale, sempre consapevole, anche in un altro senso: il teatro di Weimar, la poetica Brecht-Weill. Riconoscibi– lissima in cose come M utterlein e You Forget to Answer, ma rintrac– ciabile, come un filo continuo, in tutta la sua produz·ione. Ma ascoltando Innocent ad Va in, per esempio, la sensazione è ancora diversa. Il denominatore, questa volta, è un gotico più popolare e più antico, un'anima germanica an– cora più che tedesca. È che il nucleo sostanz-iale della musica sfugge. Nico sta -al crocevia di tendenze contrastanti; e le e– sprime un po' tutte. Sintesi pro- blematica, ma mai programmata: alla base di queste costruzioni, an– che se ricche di cultura (o meglio culture), c'è un referente sponta– neo ed assolutamente personale. È la sintesi, tutt'altro che cerebrale, della sua stessa esperienza di vita. Un cenno a parte, in questa co– struzione, lo merita John Cale, marginale e nascosto, a quanto pa– re, per vocazione; a Cale viene an– che misconosciuto il ruolo prima– rio nei Velvet Underground. An– che dietro a Nico sta l'ombra di questo strano gallese, che alla sua musica ha dato un contributo im– portantissimo. Gran parte della caratteristica strumentazione la dobbiamo a lui; non solo, secondo ammissioni di Nico stessa, ha avuto un'influenza decisiva anche sulle relazioni della vocalist berlinese con la haute cou– ture d'inizio secolo. Il sodalizio è riuscito tanto bene che è difficile dire dove finisce Nico e comincia Cale: lo strano destino di un uomo che ha dato risultati compiuti solo « lavorando » la musica altrui. V È fin troppo facile dire che Nico soffre di nevrosi metropolitana non meno di Lou Reed. Ma se in Reed l'alienazione esprime tutta la sua violenza all'esterno, in uno scontro carico d'aggressività compressa, in Nico prende il volto dell'introver– sione. Resta chiusa nell'interiore, come se fosse congelata: un brano di The Marble Index si chiama proprio Frozen Warnings, « avver– timenti congelati ». Di qui anche la solitudine, la deso– lazione che è la dimensione più ca– ratteristica della sua musica. Molto europea anche questa/· a pensarci bene e anche la strumentazione di tradiziofle ben divetsa, a comincia– te dall'armonium. Ma c'è qualcosa di più da spiegare, la ragione del- 1 'andamento di tutta la musica, del clima di rassegnata fatalità. È la voce di una Germania forse frettolosamente dimenticata. Non l'omogeneizzato elettronico dei Tangerine .Oream o dei Kraf twerk; la Germania di Berlino bombarda– ta, della prima ricostruzione. Quel– la che cercava (cerca) di sfuggire al senso di colpa, di una colpa quasi ricercata e perseverata. È come se Nico, con tutto il suo vagabondare da una parte all'altra dell'oceano, non riuscisse a scrollarsi il peso di dosso. E l'ambivalenza tragica del– ,l'atteggiamento sembra simboleg– giata dal canto scelto pe~ il suo (provvisorio?) congedo: Das Lied des Deutschen, l'antico inno tede– sco, meglio conosciuto come Deutschland Uber Alles. Insieme rappresentante del popolo tedesco, ed evocatore di fasti sinistri che oggi, inutilmente, si tenta di di– menticare. Paolo Bertrando Discografia The Velvet Underground and Nico (Verve 1967) Chelsea Giri (Verve 1968) The Marble Index (Elektra 1969) Desertshore (Reprise 1971) The End (lsland 1974) June 1, 1974 (lsland, 1974 - con Ayers, Eno, Cale) Paris, 29-1-1972 (bootleg - Con Lou Reed e John Cale)

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