RE NUDO - Anno X - n. 75 - aprile 1979

Sono al Zendabanàn Hotel, una mode– sta locanda per Afgani poveri, dove tutto è cadente, tutto è contadino e preindustriale. Da quanto tempo ci sto? da una settimana o da una vita? Certo non cambierei questa locanda con un grande albergo. Perché? ma perché qui sei fuori da tutto, anche dal tuo ruolo di turista hippie che finché stai con gli oc– cidentali ti porti dietro. Ho l'impressione che tutti, ma proprio tutti, mi lascino vivere e non pretenda– no nulla da me. Ma quando sento il bisogno di comunicare con qualcuno di loro, tutti, ma proprio tutti sono felici di farlo, e senza fretta. Che sia questo il fascino del!' Asia? Qui è bello fumare, perché tutto ha il ritmo del tuo fumo, puoi inseguire il filo dei tuoi pensieri e delle tue fantasie fino in fondo. Fino a infrangere il muro della tua identità. Nulla è veramente troppo reale a Heràt. Ci saranno sì e-no quattro auto– mobili e la luce elettrica c'è solo due ore al giorno, dalle 8 alle IO di sera, poi si piomba di colpo nella grande Notte cosmica, tra gente tutta amica, come nei sogm. Ho incontratoin piscinaun ragazzoche ha accettato di darmi lezioni di afgano rifiutando qualsiasi compenso: io gli dico delle frasi in inglese e lui me le ripete nella sua lingua. Ci vediamo tutti i giorni. Gli chiedo perché non m'invita a casa sua. Dice che non può: che ha una sorella da sposare e quindi non è il caso di far entrare dei non mussulmani. Avevo toccato un punto che ancora non conoscevo. Riflettendo mi rendo conto che non vedo mai una donna afgana né alla locanda, né al ristorante, né in pi– scina, ma sempre e solo uomini, dap– pertutto. Kandahàr, metà Settembre .Mi sono spostato a Kandahàr con dei ragazzi italiani con macchina. Kandahàr è la città più a sud dell' Af– ganistan, la gente gesticola più che al– trove e parla a volume alto. Ieri sera, visto che gli altri stavano in camera, mi sono avventurato da solo alla scoperta della piccola cittadina. Le .strade erano deserte e tranquille. E già buie. Di giorno aveva fatto molto caldo e di sera si stava bene. A un certo punto, ai confini con la campagna, anzi col deserto, vedo un grande tendone illuminato dall'interno, e sento della musica locale molto festo- RE NUD0/13 Una cinquantina di Afgani stanno chiacchierando seduti su tappeti. Da una parte c'è un palco con alcuni mu– sicisti che, mollati gli strumenti bevono bibite. L'equivalente afghano di un èaffè-con musica - penso io - e mi seggo. Ma quando la musica riprende cè una sorpresa: dalla sala si alzano una deci– na di ragazzi e ragazzini che salgono sul palco e si mettono a danzare in fila qualcosa dall'aria molto antica, quasi rituale. Dal gruppo se ne stacca uno che continuando a danzare scende tra il pubblico lanciando sorrisi e brevi bat– tute. Poi la musica finisce e lui ritorna con gli altri lentamente, mentre alcuni uomini in sala gli gridano delle cifre. Il ragazzo risale sul palco e-ricomincia la musica: avanti un altro. Adesso finalmente capisco di cosa si tratta. E' un'".sta. Un'asta di ragazzini. Gentilmente i miei vicini si preoccupa– no di non farmi sentire emarginato, mi chiedono se quel tal ragazzo mi piace o se preferisco quell'altro. Mi invitano a puntare come fanno loro. Dico la ve– rità: ho lasciato i soldi in albergo. Un giovane poliziotto si offre per accom– renderli. Rifiuto: a ·

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