RE NUDO - Anno IX - n. 72 - gennaio 1979

Uno dei motivi da cui nasce è la con– statazione che c'è un mucchio di gente morta; non· lo dico solo io, lo dicono in molti. Non parlo di quelli ammazzati dai ri– voluzionari; parlo di un sacco di gente che ha tutto l'aspetto dei trapassati, e. che se non sono stati i rivoluzionari a Jcciderli certamente li ha uccisi la ri– voluzione. Gente che pronuncia parole defunte e che compie gesti del tutto inattuali; gente che fa raccolta di oggetti inesi– stenti, usandoli in modo automatico. Robot. fantasmi: tubi. Fra questi cadaveri primeggiano i rivo– luzionari di professione, il cui tono ca– daverico è proprio in quel moto in'tera– tivo mediate il quale essi sostengono di "fare la rivoluzione". Perché i rivoluzionari hanno questo di particolare: che essendo la rivoluzione, in sé una forma dinamica, chi la fa non · si fermerebbe mai. I rivoluzionari, cioè, non conoscono la parola "fine", non sono in grado di co– gliere il momento di "fine della rivolu– zione"; e se nessuno li ferma, conti– nuano a muoversi in tondo per l'eter– nità. In altre parole, non potevamo aspet– tarci che il PCI un bel giorno ci dicesse:· "Ecco, noi abbiamo fatto quel che do– vevamo fare, abbiamo fi'nito; voi siete il nostro prodotto compiuto, e noi ci fac– ciamo quindi da parte: autogestitevi li– beramente". Quel che potevamo aspettarci dal PCI è_ il compromesso storico: l'abbraccio machiavellico nel quale sprofondano insieme i fratelli rivali, i poli dialettici della "società morente". Al di là dei morti e al di là della pre– senza di fantasmi rivoluzionari, ci sono altri motivi per i quali io sospetto che la rivoluzione sia finita. Sono successe alcune cose; forse non, sono state capite bene, e allora può sembrare che non sia successo niente: che la rivoluzione non abbia dato un esito. Ma se è così si tratta soltanto di capire alcune cose che sono successe. Nel '68 qualcuno ha detto: "L'immagi– nazione al potere". Espressione post-rivoluzionaria, direi. eh si, perché lo specifico rivoluzionario non è l'immaginazione, ma il senti– mento etico; questo sentimento, posto sul piano operativo, conduce diritto a un tipo nuovo di uomo che di nuovo ha proprio la capa.cità, il potere, di imma– ginare la propria realtà. Sono quasi sicuro che il terreno sul auale si formula il concetto di "immil– ginaz10ne al potere" è già un terreno post-rivoluzionario. Quel terreno sul quale l'uomo ricono– sce se stesso oltre il calcolo della ragio– ne e oltre le remore sentimentali, in un attimo di pura irrazionalità, generatrice di un fatto nuovo. E il fatto nuovo eccolo qua, quello che per me è il frutto concreto del terreno post-rivoluzionario: nel '77 qualcuno ha afferrato una mela nel cesto di un fruttivendolo e l'ha mangiata come se fosse di sua proprietà. In questo fatto che è, in unità, la mela e il "qualcuno" che l'ha mangiata, spari- scorro insieme la rivoluzfone, il com– promesso storico e la società che lo col– tiva necroticamente. Spieghiamoci, a 'questo punto, perché questa mela sia un frutto concreto e perchè la medesima concretezza iden– tifichi l'esecutore del gesto di auto ap– propriazione diretta. Essenzialmente per la identità fra il bisogno totale e la materia.è la totalità del bisogno·, a toc– care la materia: in quelle persone che della penuria avvertono le conseguenze sul piano dei significati e delle giustifi– cazioni. Il tipo del '77 nasce di qui: ed il suo totale bisogno di oggetti e di significati, è il suo totale annullamento, a matu– rarne il senso. A dare cioè concretezza al suo dato immaginativo; e alle parole, ai gesti, agli oggetti che ne sorgono.

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