RE NUDO - Anno IX - n. 68 - agosto-settembre 1978

RE NUDO/40 L'ULTIMO INFANTINO Follie del divino spirito santo Gianni Emilio Simonetti sosteneva tempo fa, in un articolo a proposito di Riley e della musica ripetitiva, che quel tipo di ordine· musicale, ha oggi assunto una particolare rilevanza perchè strettamente correlato alla parsimonia caratteristica dell'ordine economico in questa fase dell'austerità e della 'crisi'. Mi chiesi allora quale potesse essere l'or– dine musicale espresso da situazioni dove la crisi, l'austerità e la povertà sono da sempre di casa. La musica di Antonio lnfantino e dei Tarantolati di Tricarico, specie con l'ultimo LP, è una possibile conferma di questa teoria: Alla povertà materiale non è vero corri– sponda sempre una grande fantasia e varietà (estremi frutti del-mito del "buon selvaggio"), ma anzi si ha spesso una parallela povertà, (non certo di espressi– vità), ma di strumenti, di ritmi e addirit– tura di parole. Difficoltà di espressione? Essenzialità? Forse. Certo è che andando a ritroso nel tempo, sino alle origini del canto e della musica collettivi, troviamo la ritualità dei canti di lavoro, di quelli propiziatori; e Ritua– lità = Ripetitività = Ritmicità, cioè lo stesso modulo ripetuto più volte, quasi sempre uguale. Ebbene, nella musica di Antonio Infanti– no quello che predomina e caratterizza è la reiterazione: musicale, strutturale, nel modo di cantare e nelle parole. Chi ha ascoltato 'Gatta Mammona' l'ha subito afferrato (rituale di un gioco veramente in uso fra i bambini lucani): " ...Lu prifuu gattu non fu, secondu gattu non fu, - e allora chi fu? - lu terzu gattu - lu terzu gattu non fu - e allora chi fu?... e così di seguito. Alla reiterazione delle parole si affianca quella musicale: toni bassi, intervalli ca– denzati, strumenti principali qu,eJli a per– cussione ed uso percussivo di tutti gli altri, chitarra battente, evocano proces– sioni del venerdì santo, campane a mor– to. Infatti non a caso nella ricerca e nella riscoperta del ritmo e della ritualità pro– pria di quel folklore, Infantino è giunto in questo LP ai canti religiosi. Da 'Miche– le Salomone', passando per la 'Tarantata dell'Italsider' siamo arrivati alle 'Follie del divino Spirito Santo'. E cioè, tradu– cendo in analisi musicale, si è trattato di un passaggio dal ruolo di cantautore, 'popolare', folk ("Ho la cri_nieradi leone" primo album del '68), a quello di musici– sta che, dalle tradizioni musicali della sua regione, trae elementi per un discorso di più ampio respiro. La prima fase· è stata caratterizzata da una valorizzazione (o sovrapposizione a volte) di contenuti nuovi, se non diversi, appoggiati ad .un contestò musicale già dato; poi man mano le regole ed il senso profondo di questo contesto si sono ve– nute affermando, affiancando a canzoni "descrittive", altre come "L'aliv", canto di lavoro, dove la sovrapposizione Infan– tino sopra - contesto si è attenuata, anzi rovesciata. Da questo momento il divario fra le due tendenze si è approfondito. Da un lato canzoni in lingua perchè 'politiche', e come tali. richiedenti onnicomprensibi– lità; dalraltra ritornelli, filastrocche, can– ti di lavoro, di festa, religiosi, spesso con testi in dialetto, privi di ogni significato complesso, ma profondamente legate e funzionali alla magia del rito. Punto focale di questa scissura è stato il terzo LP ('Tarantata dell'Italsider'), dove la contraddizione è esplicita e ammessa: su una facciata due filastrocche in dialet– to e due ballate in lingua, sull'altra invece per 15 lunghi minuti si snoda un tentati– vo di sintesi, attraverso il brano che dà il titolo all'album. Qui i Tarantolati mostrano di aver capito: · la reiterazione, la rabbia, l'urlo strozzato, il frastuono delle grancasse e dei tamburi si intersecano con il canto in lingua che afferma la tarantola essere oggi in fabbri- · ca, dove cioè decine di operai muoiono per il padrone, dove l'unica festa, l'unica guarigione possibile, l'unico rimedio alla tarantola-fabbrica è la lotta, l'assentei– smo, il sabotaggio. Per la prima volta in inodo definitivo la reiterazione entra nell'urlo, nel canto rab– bioso: il ritmo di secoli di Lucania, esplo– de, uccide il "cantautore", non vi è più semplice denuncia ma espressione musi– cale completa ed autonoma, che nell'atto stesso di rivendicare la propria esistenza, acquista preciso senso politico. La "Follia del divino Spirito Santo" è qualcosa di diverso dai precedenti, e a detta di tutti e dello stesso lnfantino, segna un momento di transizione. Le ballate-denuncia sono poche e tutte informate al criterio della sintesi, una delle quali esce per la prima volta dalla Lucania per trasferirsi in Brasile, per par-

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