RE NUDO - Anno IX - n. 68 - agosto-settembre 1978

RE NUD0/36 Comuni e azione gsJOU6 Sera d'estate, tranquilla, quattro o cinque persone per l'ultima riunione, poi le vacanze. Forse è meglio fare il punto - qualcuno dice - si: e darci delle scadenze, delle prospettive - aggiunge qualcun altro. Ma poi i progetti si sciolgono nella discussione ed esce un abbozzo di ciò che abbiamo dentro e di ciò che sentiamo. La sera d'estate ha vinto, tra l'essere e il fare: spazio all'essere.... Massimo: in questo momento la mia esi– genza primaria è rivalutare il mio ambito privato. Nel '66 mi sono sposato e il modello che ci siamo dati, mia moglie ed io, era la "famiglia aperta" (dicevamo). La coppia volevamo viverla come una ricerca di diventare diversi da ciò che eravamo ponendoci un modello per così dire "esterno": la persona attiva, impe– gnata, buona, viva alla quale tutt'e due volevamo - dovevamo adeguarci, insie– me. Questo modello, la coppia, la fami– glia è saltato ad un certo punto e sarebbe stato facile fare come molti (tra i nostri amici ad esempio): dirci che tra noi non funzionava e di cercarci altre persone, riproponendo però gli stessi schemi di vita, non ponendo in discussione -la fa– miglia. Per noi invece è la famiglia che non è riproponibile. Un breve inciso: tutto questo processo non ci è caduto addosso all'improvviso, anzi è stato un processo che ci ha visti prima militare nell'istituzione cattolica (facevamo addi– rittura dei corsi di "addestramento" per fidanzati) poi adottare un bambino con difficoltà di adattamento. Tutto ciò ci ha fatto diventare un modello di "nuova famiglia" che aveva superato con l'ado– zione il culto della consanguineità e che si era buttata nella attività.sociale. Per cui voglio dire che se oggi sono qui, a questo punto, questo deriva dal fatto che ho tentato di crederci, nell'istituzione fami– liare. Il problema è sorto quando Angela ha scoperto di essere una persona e non una mia appendice ed ha cominciato a cercarsi un suo spazio. Oggi non penso di potermi inserire in un progetto di comu– ne, proprio perché ·non sono un tipo di quelli che cambiano la vita all'improvvi– so, sono piuttosto per le cose lente, ponderate, per i compromessi, magari anche dolorosi. Vivo una fase di transi– zione per cui non sento più la famiglia riproponibile per una vita appagante e mi interessa cercare una risposta agli interro- gativi che questa crisi pone: l'allevamento dei figli diverso dalla concezione patriar– cale per la quale i figli non sono altro che possesso dei genitori, l'affetto verso una persona che non può essere costante, duraturo e in parallelo il problema della sicurezza che è innato che ognuno ricer– chi. Riguardo a questo mi dibatto nella contraddizione tra lo scardinamento ne– cessario della coppia inteso come apertu– ra dei rapporti e la necessità di vivere un rapporto significativo con una persona senza che divenga soffocante; il che ripro– pone il tema di far nascere una istituzio– ne in cui ciò sia possibile: in cui l'affetto sia vissuto a livello collettivo in modo che quando il rapporto tra due persone si affievolisce, acquista nuovi significati hon si sia costretti a perpe~uarlo proprio per– ché si ha intorno un ambiente affettivo stimolante che permetta la separazione (ma sarà poi una separazione?) senza evocare fantasmi di solitudine o cose del genere. Questa è una tendenza ed arrivare a questo mi sembra un buon, livello. Ora mi sto chiedendo se non sia possibile vivere nel presente, nel quotidiano un rapporto affettivo, intimo, sessuale con più di una persona (donne, all'omosessua– lità non sono ancora arrivato). Il tutto con il tarlo del mio super-Io che mi accusa di essere praticamente un am_biguo fottitore che cerca la benedizione di una mamma-istituzione. Max: In effetti in questi casi c'è sempre un sottilissimo filo che separa le due cose. Pierpaolo: beh, io penso che in ogni nostra manifestazione quotidiana ci sia più di una ambivalenza, ogni gesto che compiamo è il frutto di una condensazio– ne di diverse cose che si agitano in noi. E' evidente che la ricerca di Massimo abbia una componente luridamente pornografi– ca, frutto della sua storia di maschio che si è sviluppata nella nostra società, però esprime anche una tensione ·a dare delle risposte sul piano affettivo-emotivo. Jo. penso che il problema nasca dal fatto che siamo troppo abituati a separare ciò che è "bello" da .ciò che è "brutto" (e la cultura ci fornisce i parametri per operate questa separazione) in noi dopodiché non facciamo altro che dire che ciò che è "brutto" non fa parte di noi e lo buttia– mo via, salvo poi vomitare, suicidarci o farci di "ero", quando tocchiamo con mano che la schifezza fa parte di noi. Pino: per me è importante considerare l'ambiente in cui si vive (interessante come territorio geografico, ma anche co– me luogo in cui ci sono cose per te significative) che dà delle potenzialità molto nuove. E poi la ricerca che necessa– riamente deve essere verso se stessi per rimetterci a posto a vari livelli ( fìsico, psicologico, emotivo) indipendentemente dal venirne sollecitati dal fatto di vivere in una comune o di vivere in coppia. La

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