RE NUDO - Anno IX - n. 64 - aprile 1978

le brecce aperte da Cari, Gustav Jung nell'epistemologia tradizionale, la no– stra "cultura" d'impostazione essen– zialmente storicistica non arnette che ci si possa coltivare nel senso della cono– scenza di sè, che si possa attingere al– l'inesauribile sorgente della natura lu– minosa dell'essenza umana e così pe- · netrare fino alle radici dell'umanità. Tuttavia sopra un'antropologia siffatta sono fiorite grandi civiltà, come quella indiana e quella cinese, le quali hanno entrambe sviluppato minuziosamente a scopi filosofici e pratici la via interio– re della conoscenza. Quel richiamo al– l'avventura che risuonò in noi come il richiamo del Graal, e che suscitò in noi una nostalgia tanto più pungente in quanto essa era imprecisa, era la no– stalgia di un gran disordine chiaro, di qualcosa di cosmico, di vertigini di stelle, di lontanissimo, eppure più vici– no a noi di quanto noi non lo fossimo a noi stessi. Un sogno, fu un sogno, ma un sogno bello e ardente, al quale ab- biamo voluto dare una risposta. E questa risposta, cominciata con un drop out, iniziata con il "viaggio", ri– chiede il "tutto" di un uomo. Pare che nessuno si dedichi a tale impresa "vo– lontariamente" o secondo una morale della responsabilità. In genere è la ri– sposta a un richiamo del cuore e della ragione, e si svolge non lungo la diret– trice di un "progetto" prefissato, bensì secondo indici dettati da vaghe inquie– tudini e sul filo tagliente di una incli– nazione intima e personale che sembra coinvolgere tutto l'essere in una·· av– ventura. Il <liscosodel sentimento, così come quello dell'amore, è oggi con– dannato ad una estrema solitudine. Certo, non è nella nostra testa soltanto. Oggi non siamo più un centinaio di "spostati" ma un movimento mondiale giunto in massa alle "nuove frontiere dello spirito", come scrivono i rotocal– chi. Per parlare chiaro e tondo dirò che io diffido dei movimenti mondiali, di massa, di "ricerca interiore". E' un pa– radosso, non è vero?, che la ricerca in– teriore si possa fare "lì fuori", in qual– ch_e retrobottega di peperoncini ma– crobiotici, agglutinati come girin(,in uno stagno e in "gruppo", come-in fa– miglia, perchè si ha paura di restare;soli con le proprie idee. Questa "délega'..' sul significato delle nostre vite e su problemi sui quali siamo purtroppo i soli a dover decidere, contraddice lo ;;tile della "ricerca interiore". Se tale, essa non può che avvenire sul territorio reale, reale nella sua fattispecie indivi– duale, giacchè è il singolo a vivere la vera vita, quella non astratta. Può darsi che io mi sbagli. Ma in questo boom della "ricerca interiore", venata di pre– giudizi neo-spiritualisti (peraltro già ·storicamente smascherati) forse è da vedere più la corsa alla soddisfazione di un bisogno indotto dalla pubblicità, che non la manifestazione di un sincero desiderio. Forse le cose quando sono agli inizi, appena nate, debbono essere per forza un po' stupide, confuse, am– bigue. Ma francamente non me la sen– to di considerare mio parente anche la maga Serafina che fa le carte e legge il . futuro nelle palle di vetro (vere e pro– prie palle) facendo paura ai suoi clienti allo stesso modo in cui quei poveracci che reggono le sorti del mondo terro– rizzano i popoli. Si sa, oggi si vende di tutto: l'anima è appesa ai ganci di tutte 1macellerie del pianeta, così come una volta la si in– chiodava sugli altari o la si dipingeva RE NUD0/23 sulle rocce. Si può vendere la psiche in persona (in persona, si fa per dire). Es– sa fu raffigurata dagli Alchimisti comé serpente ouroboros o dragone energeti– co che si mangia la sua stessa coda scintillante. E qui, su Re Nudo, ad esempio, che nonostante sforzi comuni per tenersi fuori dal "potere" e dall'a– lienante logica commerciale è pur sempre una merce tra altra merce, questo nobile serpente non fa forse fi– gura di anguilla in scatola? Il vizio della scrittura è pari solo a quello solitario (e impunito) della lettura. Se avessi an– cora vent'anni ti direi, o lettore, di strappare queste pagine, di strappare ogni libro che ti parla di spiritualità, e di strapparlo prima che ti venga strap– pato il cuore. Ma non ho vent'anni, mi piace coltivare certe debolezze, e, so– prattutto, non mi dispiace - di tanto in tanto - strappare qualche cuore. Che volete? Entriamo nel "campo" di un discorso portandovi anche le nostre perversità. Ed è questo un effetto di scrittura che vorrei sottolineare af– finchè sia chiaro che ogni "discorso" è pur sempre un essere di linguaggio, quindi di retorica, e che bisogna im– parare a diffidare ... a diffidare soprat– tutto dei "discorsi" più mielati, più se– ducenti. E questo perchè alti pensieri, spirito, Dio ed altre balle non signifi– cano granchè se ognuno non li ritrova in sè, ricreandoli, vivendoli di nuovo. Ecco, quandd si affrontano certi argo– menti il pericolo è sempre quello di cadere nell'ideologico (meglio, nell'id– diologico) oppure ·nel "materialismo spirituale". Le sviste qui si moltiplica– no, qui le lucciole appaiono lanterne. Qui dove - per distrazione, non per altro - non si coglie la differenza che passa tra l'essere come bambini ed il restare bambini. Lo spirito, si sa, soffia dove vuole (forse perchè è un po' anarchico). E' difficile acchiapparlo a volo, allora ci si aggrappa alla lettera, a un guscio vuoto, a uno specchio opaco. Forse vi si riflette appena la nostra de– lusione, le nostre frustrazioni, il nostro malumore. Finchè non si rompe, que– sto specchio. Finchè non si passa attra– verso la breccia.di questa "rottura", da soli, in compagnia solo della nostra passione, del nostro patire: dietro lo specchio, nell'ombra dove pochi si av~ venturano, lì dove la gente dice - tre– mando - che non c'è più niente. E se cifosse un A n1-:elo? < Gianni de Martino

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