RE NUDO - Anno IX - n. 63 - marzo 1978

poco, se si toglie lo splendore dello spettacolo. Non si è comunque allar– gato il mercato; nè sono diminuiti i prezzi. Perciò non stracciatevi le vesti se il patteggiamento storico spadro– neggia: a tutti sono mancati senso della realtà e tensione ideale sufficienti a non scendere a patti con la vita. Guardatevi, poi, dalle false novità. L'arte di arrangiarsi assomiglia troppo all'arte di sopravvivere. E, forse, non è che...artigianato. Ragazzi, non scher– ziamo: il re è ancora nudo! Luci (e ombre) della città Qui, dove la gente ha il "cuore in ma– no", sono venuto che ero poco più di un contadinotto rozzo e ignorante. E fu– rono le luci della città ad abbagliarmi. Poi, poco a poco, sono stato morbosa– mente attratto dal fascino sottile delle sue zone d'ombra. Poiché è nel buio, all'ombra dell'equivoco, tuon d'ogni legittimazione, derisa dalle masse, sot– to l'insidia della violenza, ingombrante alla coscienza morale, indigesta alle femministe, fastidiosa per gli amici, impronunciabile davanti alle persone amate, che la perversione è quello che è, nuda, senza stracci. Guardata da vi– cino essa mostra le sofferenze e i sinto– mi grandiosi di una malattia rara; resi– stente ad ogni tentativo di affrontarla come un'influenza stagionale. Finocchio è orribile voglio che ci sia scritto, allora, sulla mia cartella clinica. E se ho deciso di assumermene per in– tero il decorso non è nè perchè è bello né, tantomeno, perché è un progetto di massa. Tutto ciò che crea un concorso di massa non fa che ridefinire, social– mente, l'area della normalità: cioè la gerarchia dei super-Ego. La mia storia mi insegna, invece, che io, in quanto finocchio, sono irriducibile alla nor– malità, comunque la si definisca. Lo affermo cosi solennemente perchè la tentazione di essere coinvolti in uni– versali epidemie è stata e resta grossa. Come dice il mio amico Adorno "l'in– dividuo non è più capace di un impulso che non sia subito in grado di designare come esemplare di questa o quella co– stellazione pubblicamente riconosciu– ta" e, prima o poi, "subentra il piacere di essere, nella propria debolezza, un esemplare della maggioranza, e cioè non più di acquistare ...il prestigio del caso patologico interessante, quanto piuttosto di provare ...la propria appar– tenenza e trasferire su di sè potenza e grandezza del collettivo" (4). Adesso, difeso con un lungo "isola– mento" dal pericolo del contagio, m'è diventato facile scoprire l'arte del bat– tere (5), con un singolare gusto della perversione. Un gusto che non avevo mai avvertito cosi netto, perchè so– praffatto dal senso di colpa. Un gusto quasi sacrale che provo ogniqualvolta ripercorro, al parco, un corridoio tra il verde, che porta allo spiazzo dove nor– malmente "si combina". L'ultima volta Luigi L. di cui amo lo humor e l'intelligenza, ha colto nell'a– ria questa sensazione: "mi sento emo– zionato come se stessi entrando in una cattedrale". Toccava una verità pro– fonda e lo sapeva. "La cattedrale" si chiama anche, una vasta radura tra gli alberi lungo una spiaggia romana dove si batte. Li, nell'ombra densa d'umori, RE NUD0/21 nella polvere sollevata dall'ostinato andirivieni dei froci, sono stato violen– temente inculato, quest'estate. Segno che si può fare un passo oltre la banale constatazione che erotismo e senso del sacro hanno origini comuni. Ci stanno, in più, la paura e il peccato. E non è precisazione da poco. Allora, finocchi dabbene, giovani di buona famiglia con inclinazione· all'o– mofilia, checchine borghesi e froci pro– letari, la perversione scopritela dov'è: tra gli alberi e i cespugli di sera, nelle ultime file di "certi" cinema, nei cessi delle stazioni... E per quello che è: uno squallido vizio privato! E quelli che l'hanno già venduta come "pubblica virtù"? Lasciateli fare. An– che noi, nel più stretto riserbo, fedeli solo al desiderio e alle regole del suo gioco, siamo comunque destinati ad un grande compito: "consentire, a uomini che non valgono nulla, di avere qual– cuno da disprezzare". Francesco (1) - Cfr. H. Mayer: "l diversi''. C'?nferma che non sempre le le/Iure migliori crescono ne/l'orti– cello del movimento. (') - Lambda, anno 2' n. 8, pag. 7. Per correllez– za, nell'impossibilità di estendere la citazione, preferisco non segnalare il nome de/l'autore. (3) - C. G. Jung: "Gli archetipi dell'incorucio collellivo''. (41-T. W. Adorno: "Minima moralità" (parlane sempre, non pensarci mai). (5) - La più bella rappresentazione del "bai/ere" che conosco si trova nelle prime pagine di "Sodo– ma e Gomo"a", di Marce/ Proust. Val /a pena di leggerleper avere un 'idea di cos'è lucidità.

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