RE NUDO - Anno VII - n. 49-50 - gennaio-febbrario 1977

chiamiamoci pellerossa e facciamo la guer.ra . E guerra sia e così duemi– lacinquecento vanno all'attacco del fortino della borghesia con le loro scuri di guerra. Le giacche azzurre erano il doppio e ben armate, con i bastoni tonanti, tutti sapevano della sconfitta militare sicura ed era mancata una ge– stione politica della set– timana precedente alla battaglia da quando cioè nella grande aula della Statale era partita la dichiarazione di guer– ra. Di questa mancanza di gestione politica da parte delle tribù Ciovas– sine portava ad una de– fezione di molte tribù codarde di Largo Richini.Oi questa mancanza di gestione politica ne ap– proffittava anche il piccolo padre bianco dalla lingua biforcuta Tognoli che in un grande consiglio con le va– rie armi della borghesia incitava le giacche azzurre a colpire con durezza le tribù selvagge Ciovassine. Ma vediamo di capire perché da un punto di vista di costume non è stata quella della Scala una sconfitta vera e propria ma piuttosto una estremizza– zione della politica di sacrificio che le tribù dei giovani proletari vogliono combattere. «Lucida follia» ha detto un compagno mentre si marciava sul– la Scala. Tutti sapevano del massa– cro ma era diventato un problema ol– tre la politica. La borghesia vuole a tutti i costi celebrare il suo rito sacri– lego contro la miseria? Bene lo farà versando il nostro sangue. Ci offria– mo come vittime ribelli a testimoniare la nostra rabbia e la vostra crudeltà. Ha detto un'altra compagno «Noi ri– vendichiamo il fatto di avere avutç,il coraggio, magari non la forza militare, ma il coraggio morale senz'altro, di sfidare uno schieramento enorme di polizia e soprattutto una campagna di stampa ... ».Volete celebrare il rito sa– crilego? Bene pagherete caro, pa– gherete la nostra rabbia senza sconti. Questa la volontà del discorso dei cir– coli, ma il prezzo che avrebbero dovu– to pagare? I feriti, gli arrestati, i pe– stati a sangue? Non ha importanza; la Scala non aveva calcolato l'esorbi– tanza dei costi di allestimento dell'Otello e i qompagni dei circoli non avevano calcolato il prezzo esorbitan– te di sangue e violenza che Milano giovanile avrebbe dovuto pagare. Così la contestazione è divenuta spettacolo. Le giacche azzurre-erano i difensori dell'ordine repubblicano e hanno picchiato al grido di «Troie fa– sciste» contro le ragazze. Il PCI è con noi era il motto che animava il loro cuore. Mario Spinella, teorico marxi– sta, ha dichiarato a Repubblica para– frasando Marx che quando un popolo incomincia a provare vergogna del modo in cui vive, allora può ini– ziare un processo di rot– tura che forse fa spera– re nella rivoluzione. E Spinella, che è un compagno davvero, ha provato anche lui vergo– gna per quello eh Giun– ta e partito aveva detto a proposito dei fatti della Scala. Noi crediamo non sia questo un risultato suf– ficiente. Come non è sufficiente la malcelata soddisfazione di vedere i gruppi della sinistra ri– voluzionaria divisi a reggere la coda, caval– car e, contrastare preoccupati, questi «nuovi fermenti». Noi che non ci riconosciamo né nei papà della sinistra e neppure nei figli di– sperati, non ci sentiamo in dovere di esprimere consensi o dissensi. È chiaro che pur sentendosi diversi (zii?) ci riconosciamo alleati ma vor– remmo con più chiarezza capire al– leati a chi e per che cosa. Non vogliamo limitarci ad esprimere la rabbia e l'ingiustizia che c'è nel mondo se non poniamo subito all'or– dine del giorno il come riuscire a tra– sformarlo. Mettendo in discussione tutto: i partiti (sempre maschi) la teo– ria (il leninismo autoritario e penetra– tivo) la violenza (anche quella «libera– trice»). Anche contro questa violenza proprio perché ha una ragione, i com– pagni quando dicono che la violenza a volte «nonviolenta» delle istitutzioni è di gran lunga maggiore di ogni con– troviolenza degli sfruttati. Ma non ci basta proprio di spaccare automobili perché non si sa dove indirizzare la rabbia. È tempo di pensare e capire dove questa rabbia va indirizzata.