RE NUDO - Anno VII - n. 40 - marzo 1976

Il principe addormentato e Biancaneve azzurra LA REGINA DI SE STESSA C'era una volta in un paese lontanissimo, una principessa. Non era una principessa molto bella e non viveva in un castel– lo, ma in una casina senza fortificazioni. La principessa· però aveva la capacità di sorri– dere, quando sorrideva infatti, dai suoi occhi uscivano mille scintilline e dalle sue dita nasce– vano piccoli doni per tutti. Un giorno mentre si trovava sulla porta di casa a parlare e ridere col vento arrivò su un meravi– glioso cavallo viola, il più bel cavaliere del mondo: il caaliere della FANTASIA! Lui aveva in mano una sfera di cristallo nella quale entravano e uscivano con– tinuamente cento folletti che formavano girandole di tutti i colori. Quando guardava la principessa dai suoi occhi vola– vano via mille petali di rose e la sua voce profumava di rose e di mare. Quando lui disse: - Vuoi venire a essere la regina del mio castello, tu che hai le scintilline e i regalucci fra le dita? - La principessa non esitò, aveva sempre sognato di essere la regi– na di un castello e poi quel cavaliere era la persona più me– ravigliosa che avesse mai visto. Il castello della fantasia era un posto incredibile, tutto era illu– minato da luci colorate, ogni oggetto cambiava continuamen– te aspetto, c'erano tutte le mu– siche del mondo che si fondeva– no in un'unica musica dolce ma stimolante. Così la principessa cominciò a riempire il castello anche coi suoi sogni, collane di stelle, diademi di conchiglie, pesci fluttuanti nell'aria. Ma un giorno il cavaliere le disse: «Mia regina, tu sei una donna reale anche se hai le scintilline e i regalucci, e per un cavaliere della fantasia ci vuole una regi– na immaginata. E' meglio che tu te ne vada». La discesa dal regno delle nuvo– le non fu molto bella per la principessa, ma mentre stava per cascare su un prato, fu raccolta tra le braccia di un altro cavaliere. Era il cavaliere dagli OCCHI BUONI, che la fissava dolcemente, dicendole: «Principessa, se mi farai vedere le scintilline del tuo sorriso, se farai nascere regalucci dalle tue dita, ti porterò con me nel mio C'erano una volta dei genitori alternativi che ai loro bambini raccontavano le solite favole terrorizzanti, piene di mostri, di paure, di sensidi colpa e di antifemminismo. C'erano una volta dei genitori di sinistra, e ce ne sono anche adesso, che alle loro bambine raccontano Cenerentola e ai loro bambini I tre porcellini. Così le bambine impareranno ad aspettare il principe azzurro tra i fornelli e i bambini a fare i geometri (mettersi nell'edilizia per fare case di mattoni, invece che rotolarsi sulla paglia e nell'erba). Ci sono invece altri che raccontano storie diverse, chiaccherando e cambiandole ogni volta magari, a seconda di come viene, oppure precisandole e mettendole su carta. Tentativi di fiabe diverse. Fiabe in cui «c'era una volta ... » è un verbo al presente. Clara, del Collettivo Femminista Fiorentino, ci ha mandato queste sue due fiabe, e ci sono sembrateproprio belle. castello delle cose buone. Certo non è il castello della fanta– sia, ma c'è un letto caldo e morbido per te, c'è sempre un piatto da mangiare e un buon vino da bere e per allietarti tanti animalini di zucchero». Così la principessa si trovò regi– na del castello delle cose buone. E lì cominciò a fare ghirlande di grappoli d'uva, di peperonci– ni e di pomodori e mazzolini di carciofi e ravanelli. Ma un giorno il cavaliere le disse: Cara regina, le cose buone non si possono dare, tutte a una persona, è ora che tu lasci il posto ad un'altra regina. E la principessa andò via per la sua strada e incontrò tanti cava– lieri: dal cavaliere bambino che voleva solo giocattoli e si stan– cava subito di un gioco vivo, al cavai iere allegro che rideva con gli occhi, la bocca e le dita e voleva intorno sempre nuove risate. Insomma fu provvisoria– mente regina di molti castelli. Finché decise, prima che le seinti Iline dei suoi occhi fossero spente, prima che le sue dita non sapessero più donare nulla, di tornare verso la sua casetta, se mai c'era ancora. Mentre cercava di orientarsi per trovare il suo cammino comparve da– vanti a lei il cavalier degli OC– CHI. TRISTI che cavalcava il cavallo nero della morte; «Prin– cipessa, prima che si spengano le tue scintilline prima .che si • esauriscano i tuoi doni, vieni con me nel castello della morte e col tuo sorriso, con le tue mani scaccia via la tristezza e l'angoscia e sarai regina». «Verrò, tenterò ancora» rispose la principessa. E appena giunta al castello cominciò a buttar via i teschi, le candele, i catafalchi neri, e mettere al loro posto un fiore, una lumachina, una libel– lula, ma il suo lavoro era -inutile perché più roba buttava via, più il cavaliere ne riportaya altra dentro. Finché una notte, da un castello si levò un canto lugubre dei fantasmi. La principessa co: minciò anche lei a cantare sto– rie dolci e timide per distrarre il suo cavaliere, ma lui preferiva udire i suoi cupi fantasmi e allora. la principessa fuggì in cima alla torre, ·e gridando di– sperata si gettò nel vuoto, ma mentre precipitava decise che 1 non sarebbe morta ma si sareh- be tramutata in un fiocco di · un combattimento, dove aveva neve. E ·così volò pian piano nel castello dei ghiaçèC G&ando fu all'interno del castello, riac– quistò il suo aspetto e si guardò in un -grande specchio,..si accor– se allora di avere in mano la zampina di una pecorella di zucchero, sul petto un velo nero e addosso un briciolo di· ogni castello dove era stata per un po' regina, sulla fronte c'era ancora il ricciolo di un meravi– glfoso sogno arancione. Comin– ciò a piangere e mentre piange– va, si accorse che stava diven– tando tutta di ghiaècio anche lei, e mentre il ghiaccio congela– va anche il ricciolo di sogno capì che solo quando sarebbe stata tutta di ghiaccio sarebbe diventata finalmente una regi– na: LA REGINA DI SE STES- _SA. fatto fuori due o trecento dra– ghi, era un _po' sudato e stanco, così si sedette sotto un fico e alzò la · celata dell'elmo per prendere una boccata d'aria. Sotto l'albero c'era un bel fre– schetto e dopo un pochino il cavaliere si addormentò. Mentre dormiva, una formichi– na- curiosa si arrampicò fino all'elmo per vederlo in faccia e cadde dentro l'armatura. Quale fu il suo stupore quando si accorse come era in realtà il cavaliere! Infatti era piccolino di statura, un po' rachitico, con una faccia da ragazzino sbarba– tello e con qualche foruncolet– to sulle guance e la fronte. La formichina cominciò a ridere vedendo quale era il segreto del •cavaliere: nascondere il suo fisi– co! Dopo un po' però il cavalie– re si svegliò e si accorse che dentro la sua armatura era· en– trata la formichina, con grida terribili le intimò di uscire, si dava grandi manate sul petto, facendo risuonare la corazza per spaventarla. La formichina in mezzo a tutto quel fracasso si appoggiò sul petto del cava– liere e gli sentì battere il cuore. «Ciao» disse il cuore def éava– liere «io sono contento che tu abbia scoperto questo segreto, perché finalmente posso dirti quanto sono solo, quanto avrei voglia di parlare con qualcuno». Ma mentre il cuore parlava con la formichina, il cavalier e, sem– pre più terrorizzato che tutti i suoi segreti fossero stati scoper– ti, si strappava di dosso l'arma– tura per schiacciare la formichi- 1 L CAVALIERE E LA FORMI- na. Nella sua rabbia si spogliò CA tutto e finalmente riuscì a to- gliere la bestiolina da sopra al C'era una volta un cavaliere che suo cuore. In quel momento tutti dicevano «invincibile» an- però la formichina si trasformò dava in,giro chiuso in' un'arma- in una bellissima fatina, il cava- tur~ e~orme, con tutti gli spun- liere, imbarazzatissimo, cercò di z~ni d1 ferro internç 'alla pan- ..,,-risistemarsi l'armatura addosso ~1a. Ne_ssuno lo aveva mai' visto ma ormai era troppo tardi e ai m faccia e senza armatura per- suoi piedi c'era solo un muc- ché non se la tdglieva neppure chiodi rottami. Allora disse alla per . andare a letto, e come fatina-formica «vieni qui, bella, faCfS'se' ad 'andare al gal;>inetto parlavi col mio cuore prima era Ufl mis,t~ro per tutti. . vuol dire che non ti 'importava La gente diceva che il cavaliere se sono un po' rachitico ed ho i doveva essere un gigante con un foruncoletti». Ma la fatina lo monte.di r;nuscolacci e un aspet- guardò ridendo, lo salutò con to cosi feroce che non si toglie- un bacino sulla punta del naso e va l'elmo per non spaventare la scappò via per non fa1si schiac- gente .. Un giorno però faceva ciare quando sarebbe tornata molto caldo e il cavaliere, dopo formichina.

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