RE NUDO - Anno VII - n. 40 - marzo 1976

Sto scrivendo a tutto o forse a nulla; stasera la mia vita è più atroce di qualsiasi cosa atroce. Piangere? Perché mai. Sono andata dal dotto– re stamattina, la mia malattia, vecchia come è vecchio l'egoismo umano, non trova farmaci; è una condanna maledetta. Essere malati e non poter lavorare veramente, non poter vivere, non «potere scopare», non poter andare. Il dot– tore che non sa, il dottore compagno "fasci– sta" che vorrebbe farsi le ammalate stamattina ha tentato. Mano in mezzo alle gambe mentre io, con molletta sul naso e appa·recchio nella bocca (stavo facendo il metabolismo basale) non potevo fare dei movimenti, non potevo ri– bellarmi. Ma la merda degli incontri con la gente è ormai una cosa mia, cosa vecchia di noi donne, di noi sfruttati, di noi omosessuali, di noi lesbiche, di noi ritardati. Mi sento tutto, lesbica, omo– sessuale, ritardata, donna perché tutte queste categorie sono sfruttate. Ho dentro la rabbia di ingiustizie troppo sop– portate, ho il dolore universale dentro un'anima di bimba che ha cercato di farsi grande e abi– tuarsi alle urla; anzi che ha cer– cato di vincere le urla prima piangendo ora... cercando di urlare. Alla mia vita forse trop– po stupidamente individuale o forse troppo stupidamente col– lettiva, ho dato me stessa pur di ritrovarla. Da bimba vedevo mio padre picchiare mia madre e i giorni di Natale li ho passati con dei fantasmi umani; con i miei genitori che si amavano odiandosi e che mai (o forse solo mia madre e raramente causa lo sfruttamento sociale– umano-politico dell'attuale so– cietà di merda) m'hanno dato qualcosa. La colpa non é loro; cioè la loro colpa è solo in par– te. Sulle gambe ho tagliato del pelo perché le mie amichette non mi avevano mai detto che anche loro lo avevano. Ora ne ho troppo e mi pesa il mio cor– po contro il sole. Ma anche questo non è molto. Sono sem– pre mancati i soldi in casa; mio padre con orgoglio sciocco e vigliaccheria acuita faceva ve– stiti e non aveva il coraggio di chiedere soldi ai clienti. C'è gente che deve pagare roba (cioè abiti) di dieci anni fa e in casa manca il bagno, man'cano i termosifoni, mancano vestiti nuovi, mancano I soldi per nuo- vi specialisti da cui andare per guarire. Con mio padre ho per– so le sere; ho parlato, parlato, gridato e delle sere lui mi ha odiato, mi ha martoriato con il suo sfogo «vigliacco» su mia sorella e su mia madre. Non ho dormito per delle notti, ho in– contrato fantasmi, ho sentito che non ce la facevo. Ma dove– vo terminare la scuola. L'anno scorso ho lavorato_ in una coo– perativa in cui il presidente nevrotico-merdoso comunista del P.C.I. mi ossessionava con la non funzionalità della sua cooperativa. Inesperta di pro– blemi pratici riguardanti il lavo– ro di ragioniere sono stata sfruttata a livello mentale ed emotivo tanto che in certi mo– mento ho dovuto subire delle umiliazioni fortissime che m'hanno inibita. Quando ero ef– ficiente il presidente mi lodava, è un pezzo di merda che ha di– menticato l'anima. Quando an– davo a lavorare vedevo i miei coetanei "vivere" mentre io (la– voravo in luglio-agosto– settembre) vedevo la mia mor– te. Ho guadagnato 350.000 e con 175.000 ho comprato la la– vatrice a mia madre, gli altri soldi li ho spesi per comprarmi i libri per il 5° anno di ragioneria. Volevo essere promossa anche se ero troppo stanca. Mio padre nel frattempo s'era operato d'ulcera e per ogni dolore urla– va spaventato, ricattava me, mia madre: è di un egoismo be– stiale. Ho iniziato la scuola con ango– scia; le compagne di classe che non capivano la mia vita. Poi i soldi non c'erano, allora ho pressato la mano e prometten- do il mio aiuto ho fatto prendere ai miei familiari un circolo da tenere aperto la sera dalle 7 al– le 12. La mattina però bisogna pulirlo e se ne vanno via tre ore. La paga è bassissima: circa 70.000 al mese, ma speravo di riuscire a far accomodare la casa; di fare il bagno etc., di poter invitare le mie amiche (?) e stare un po' con loro per pro– vare a stabilire una vera amici– zia, almeno con le più disponi– bili. Ho lavorato e studiato. Del– le notti andavo a letto alle tre di notte (quando c'erano feste da ballo al circolo) e poi mi sve– gliavo alle 6,30 della mattina (dormivo solo tre ore) per an– dare a scuola cercando di riu– scire a vincere e quindi a vive– re. Ho sofferto molto e ho lotta– to con la pazzia mia e quella atroce dei miei familiari. Ho da– to gli esami di stato a luglio '75: sono stata la ragazza più brava di tutti i ragionieri dell'I.T.C. (cioè la migliore su 21 O altri ra– gazzi e mi sono diplomata con 58/60). Speravo di trovare lavo– ro. La sera dopo dato l'esame ho dovuto lavorare e i miei ge– nitori non mi hanno neanche detto brava in tono caloroso. A casa lavorare, stirare, sentire urlare, sentirsi rinfacciare gli studi fatti, che loro mi avevano fatto fare, (in realtà quasi paga– ti da sola perché dal primo an– no di ragioneria in poi sono sempre andata a lavorare in co– lonia o da qualche altra parte) sentirsi dire "ciotta" perché non me ne fregava un cazzo di tenere vestiti ben accomodati. C'é poi da dire che, forse per stanchezza, per troppo lavoro, per troppo strapazzo, mi sono

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