RE NUDO - Anno VI - n. 35 - ottobre 1975

38 LA DONNA? TOH, NON Cl AVEVO PENSATO! GIÙ IL CAPPELLO, SIGNORI! « per i ricatti con cui l'avete tenuta per la complicità con cui l'avete trattenuta » - ......... ma la nostra condizione di donne è diversa da quella degli altri emarginati della società. La nostr,a «devianza» è molto funzionale al si– stema, al punto che noi ne ·siamo parte integrante. La nostra è quasi una devianza consenziente. Siamo l'unico settore oppresso che non è minoranza. Mentre di solito i cosid– detti «diversi» sono delle minoran– ze...Gli altri diversi sono stati usati dal sistema molto simbolicamente, per confermare la norma degli altri. (v. pazzi, omosessuali, neri). - ma allora come può esistere un'unità fondata solo sulla comune emarginazione? in che misura, ad esempio, noi donne siamo poi così omogenee con gli omosessuali? Noi, il nostro ruolo, non l'abbiamo solo subito, la nostra identità non ci è stata data solo dall'esterno. Da sempre ed ancor oggi, vi abbiamo anche aderito intimamente........ - io, per esempio, ho desiderato molte volte di stare in casa ad accu– dire ai figli e a tutti gli altri. Ci trovavo anche elementi di vita, amore, tene– rezza. Poi non ce l'ho fatta più. Le nostre donne erano meno emargi– nate di noi. Facevano figli, pane, ve– stiti, e questa era la loro fetta di par– tecipazione alla società. Ora non c'è più la «regiu a» perché non esiste più un certo tipo di famiglia. Allora la donna aveva un ruolo preciso con un'utilità produttiva socialmente ri– conosciuta. Ognuno aveva il suo posto ed anche la donna aveva il suo. li casino è successo col capita– lismo quando alla donna si è detto: «partecipa, abbiamo bisogno di te», ma si è lasciato intatto il suo ruolo a livello di oggetto sessuale. Cosi nel lavoro della donna sono incluse tut- te le sue «qualità femminili ».Il tutto compreso ed incluso nel prezzodel– la forza-lavoro. « per l'ignoranza in cui l'avete costretta per l'emancipazione a cui l'avete condannata » - ma nella vita di ogni donna non c'è solo il suo essere vittima, sfrutta– ta,oppressa. C'è anche il suo essere attiva collaboratrice al ruolo impo– stole, la sua diretta compartecipa– zione, la sua creatività ed immagi– nazione usata per essere quello che l'uomo vuole che lei sia, la sua astu– zia, a volte. Nella storia della donna c'è, in ultima analisi, anche la sua complicità. In questo senso il para– gone originario, che tanto affascina– va agli inizi del movimento femmini– sta italiano, è cioè che la condizione della donna è simile a quella del nero è profondamente scorretto. Si può dire allora che ogni vittima è an– che complice della propria oppres– sione? Certamente questo può an– che andare contro un certo mani– cheismo di sinistra che vede tutto il bene nel proletariato e tutto il male nella borghesia, ma noi donne, che stiamo prendendo coscienza della nostra storia, su questo non possia– mo barare, non possiamo inventare un nuovo manicheismo, questa vol– ta di stampo femminista, le donne brave,gli uomini perfidi e sfruttatori. La donna - buon selvaggio - non esiste,è stata forse un «illusione del femminismo primitivo, nata insieme alla scoperta (sconvolgente) che anche noi donne eravamo qualche cosa indipendentemente dal ma– schio. Ma alla nostra verginità sfori– ca non ci credo. Non siamo state de– portate con la forza e in catene 400 anni fa. Anche noi siamo state com– plici, ed ancor oggi, anche se razio- nalmente abbiamo capito un sacco di cose, molto spesso lo siamo. - Ma tutto questo che cosa signifi– ca secondo te? che tutte le donne sono complici? anche le più sfrutta– te? le meno coscienti? - siamo complici perché siamo state condi– zionate al nostro ruolo fin sopra i ca– pelli. Ma quale è il nostro maggior condizionamento? il corpo, la ses– sualità, la divisione del lavoro? il rapporto di coppia, la famiglia? - secondo me la donna è vittima e complice insieme. Quello che ci fa paura nella parola «complicità» è forse la connotazione moralistica che qualcuno può vederci dentro. Ma complicità non significa colpe– volezza. Siamo costrette alla com– plicità perché ci manca l'autonomia. Mentre gli operai si riconoscono gli uni negli altri, rotelle di un medesimo ingranaggio e perciò simili, eguali, alla donna è tolta anche questa pos– sibilità immediata di riconoscersi e percepirsi nelle altre. A lei è lasciata l'illusione della sua individualità, l'il– lusione di non essere sostituibile da un'altra donna, ma diversa, da tutte le altre, con delle qualità sue, ben precise (a questo tende anche tutta la pubblicità indirizzata a lei). Ogni donna si sente «diversa » perché desiderata da un solo uomo, il suo, a sua volta «diverso» da tutti gli altri e con il quale instaura un rapporto ,, diverso)), - è vero che ci siamo divise sulla base della complicità con il mondo maschile e sulla base della nostra presulta «diversità•. Ma io non vo– glio non avere più figli, non avere più uomini o affetti per non essere «complice». Voglio fare politica, fi– gli e altre cose secondo la mia misu– ra di donna, la mia identità. La mia sensualità, affettività, sessualità, sensibilità non devono più esserne escluse. Se in tutto quello che fac– cio ci metto dentro la mia voglia di essere natura é perché voglio che il mondo delle rotelle sia rovesciato. - è la società che mette le diverse realtà in alternativa, la politica con– tro gli affetti, i figli contro il lavoro, la propria emancipazione contro la fa– miglia, il tempo per sé contro il tem– po per gli altri etc. Non voglio negare la mia dimensio– ne personale perché non è presente nel riconoscimento sociale. « per l'amore che ha dato per tutto quello che ha dato per la sua sessualità non vissuta» - a proposito di complicità c'è qualcuna tra di noi che si è mai sen– tita oggetto sessuale «liberamen– te»? - a me piaceva essere oggetto di piacere perché «dovevo• piacere agli altri per vivere. Però se fosse stato per la mia mamma, vestiti da educanda e sguardo basso. Quan– do mi sono fatta sverginare è stato bestiale e non credo solo per me. Non vi era nessun recupero del mio corpo né di altro. Solo una riconfer– ma dell'oggetto che ero. Da parte mia c'era solo una rivolta contro i tabù sessuali. Poi ho scoperto la sessualità come gioco. Mi resta però sempre il problema terribile di essere accettata come donna e quindi di accettare la penetrazione. Mi accorgo di volerla solo per sentir– mi più donna. E con la penetrazione ci metto la seduzione. Il rapporto senza penetrazione è un rapporto senza competizione, senza gare. Ma che cosa ci sta dietro questo desi– derio di essere penetrate? la voglia di essere annullate o di inglobare? - nelle nostre riunioni di autoco– scienza la penetrazione è vissuta essenzialmente come dipendenza, come resa totale, come possesso, in modo masochista. lo personalmen– te, la voglio ma poi mi fa rabbia, per

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