RE NUDO - Anno IV - n. 23 - 1973

lecomuni Ha quindi parlato il compagno Enea del centro alternativo di Senigallia. Dopo avere ricordato viaggi, incon• tri, esperienze, tentativi e varie ini– ziative provos, tentate per la verità senza successo negli anni scorsi da lui e dai suoi amici, ha aggredito di petto il problema: Per arrivare al socialismo è neces– sario cambiare gradualmente noi stessi e possiamo farlo soltanto nella lotta, incidendo su queste strutture di classe che sono la cau– sa e l'origine del nostro sfrutta– mento e della nostra alienazione. È per questi motivi, e non solo per questi, per la matrice stessa, socia• le, del movimento underground ita– liano, profondamente di origine pro– letaria che oggi fare una svolta radi· cale, dare al nostro lavoro contro· culturale un taglio politico di clas– se significa uscire da un'ottica spe– cifica, da un'ottica esistenzialisti· ca, da un'isolamento che ci porte• rebbe ad inaridirci a girare intorno a certi problemi senza arrivare a uno sbocco che può essere solo di tipo politico. Nel concreto significa che bisogna arrivare ad iniziative e a lavori comuni con la sinistra rivoluzionaria, non solo su temi ge– nerali che possono essere manlfe• stazioni o spettacoli, ma anche in precise situazioni di lotta. Faccio un esempio: nel nostro quartiere sappiamo che tra poco finirà Il bloc· co dei prezzi, sappiamo che cosa è stato, quali mistificazioni ha pre• sentato e così via. Su questi pro• blemi che sono i problemi di tutto il proletariato portiamo un discorso controculturale. Abbiamo fatto uno spettacolo teatrale sul problema del prezzi cercando di far chiarezza su tutta la gente del quartiere di cosa significa blocco del prezzi... che In definitiva non blocca nulla ... e tutte queste cose. Portiamo il nostro di– scorso controculturale a livello di iniziative culturali all'interno del movimento di lotta, questa è la no• stra scelta. Penso che dobbiamo arrivare con il nostro lavoro controculturale in tut• te le situazioni di lotta per dare un contributo culturale che deve na– scere e costruirsi nella lotta a fian– co del proletariato. Del resto slamo profondamente convinti che contro– cultura voglia dire anche vita al– ternativa, soprattutto vita alterna– tiva, perché il problema non è solo quello di fare la rivoluzione ma di fare della nostra vita una rivolu– zione graduale e continua. A que– sto punto io vi chiedo quante co– muni sono fallite In breve tempo, e perché. Moltissime. Perché compa– gni non basta la buona volontà per cambiare, cambiare noi stessi non è questione di fede, moltissime co– muni sono fallite perché i compo– nenti vi portavano al loro interno tutte le contraddizioni della socie– tà borghese e si arrivava così al crollo della comune. Questo è ov– vio, non si cambia solo perché si vive in una comune non si cambia da un giorno all'altro solo perché si vuole. La comune secondo noi può essere valida come struttura di lot• ta contro le strutture capitalistiche. Vale a dire una comune che si dà come obbiettivo la lotta nella scuo• la o nel quartiere o in fabbrica. In– fatti penso che solo nella lotta e nell'azione comune si può cemen– tare tra i componenti l'unità e si può creare quell'armonia necessa– ria per vivere assieme. È chiaro che questo tipo di comune ha dei gros– si limiti, è impossibile illudersi che possano esistere delle isole di co· munismo all'interno della società borghese. Soltanto la classe nel suo complesso saprà mutare I rap– porti tra gli individui e saprà co– struirsi delle strutture alternative. Non è attraverso la volontà ma è un processo storico inarrestabile e molti gruppi sono falliti proprio per• ché erano dei gruppi, perché rap– presentavano delle situazioni di a– vanguardia e erano costruiti sulla volontà o al limite sulla fantasia, ed è per questo che sono falliti. Per quanto riguarda l'uso del tem– po libero, per finire, è senz'altro giusto porsi come obbiettivo la co– struzione di luoghi di ritrovo, di· scussione, confronto alternativi che collegati fra loro portino avanti la nostra problematica, dalla famiglia al sesso ai rapporti interpersonali in generale. Bisogna arrivarci sia a livello nazionale sia capillarmente nelle città, nel quartieri •. RE NUD0/3 i valoçe ella 1otta Gianni Milano di Torino ha propo– sto di evitare la polverizzazione delle iniziative editoriali che più sono e più costano e meno sono interessanti, cercando invece di concentrarsi su poche testate. Sol– lecitare quindi un lavoro di contro– informazione per tutto quello che ri• guarda come fare un giornale, co– me distribuirlo ecc. • Noi sappiamo che all'interno del nostro movimen– to, i freak e il proletariato giovani• le, ci sono due anime: c'è l'ala • mistica • e l'ala • politica•. Noi diciamo subito che non siamo dei mistici, cioè a noi interessa molto. Il discorso del superamento della frattura che c'è tra il militante inte· so nel senso tradizionale e i pro– blemi esistenziali dei singoli com– pagni, però questo non vuol dire per noi rinchiuderci, non vuol dire far– ci le nostre menate, i nostri trip, dimenticando quello che è il livello della lotta di clàsse, quello che è la centralità del livello di fabbrica che è il punto centrale, il punto no– dale attraverso il quale può passa– re un discorso rivoluzionario oggi in Italia. Dobbiamo continuamente riferirci a quella che è la situazione di classe che vede ormai che da tutti gli indizi si vede che stiamo andando verso uno scontro frontale con le classi. Uno scontro frontale, e l'esperien– za cilena è molto esemplare, In quanto la situazione del Cile e quel– la Italiana presentano affinità direi impressoinanti; questo scontro di classe ci deve vedere preparati sot– to tutti i punti di vista e non è certo rinchiudendoci nelle nostre comuni, facendoci le nostre mena– tine, che riusciamo ad arrivare ad un punto di preparazione per quan– do sarà il momento della lotta de– cisiva. Quindi direi che questo coor– dinamento nazionale dei gruppi di controcultura dovrebbe avere que– sta grossa funzione, di confronto, appunto, di tutte le linee politiche e noi appunto, siamo per la lotta soprattutto. Dobbiamo essere pre– parati a quello che sta accadendo e che troverà uno sbocco necessa– riamente violento, cioè una guerra civile, una rivoluzione, insomma. E dobbiamo essere preparati sotto tutti i punti di vista, compreso an– che quello militare. All'interno di questo discorso come si cita il pro– blema del proletariato giovanile di· rei che la nostra funzione è quella appunto di creare un tipo di mili– tante politico che non sia un mili• tante di tipo professionale, ma che riesca a creare dei legami fra tutti i compagni che fanno del lavoro po– litico. Dei legami che .siano vera– mente umani, di collaborazione, di solidarietà. Soltanto cosl riuscire– mo a vincere.

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