RE NUDO - Anno II - n. 2 - gennaio-febbraio 1971

RE NUD0/6 Da Porto Azzurro: ulo accuso11 di Angelo Pietro Della Savia In marzo, Della Savia e gli altri compagni incar– cerati per gli attentati fascisti del 25 aprile 1969 saranno processati. Solidali in modo militante con questi compagni da quasi due anni in prigio– ne, pubblichiamo l'appello di Angelo che chiama alla mobilitazione in vista del processo-farsa. Il documento è stato letto e approvato anche dai compagni Paolo Braschi a S. Vittore e Tito Pulsi– nelli in carcere a Treviso. Quando alla fine di Aprile 1969, i sicari, cui la borghesia aveva com– missionato l'esecuzione degli at– tentati alla Fiera di Milano e alla stazione Centrale, portarono a ter– mine il loro disegno di provoca– zione politica, atto a creare la re– pressione contro i gruppi della si– nistra extraparlamentare, sulla qua– le si è fatta cadere la responsabilità degli, attentati, io me ne andai in Svizzera per sottrarmi a un molto e probabile arresto. Fui spinto a tale decisione appren– dendo dai giornali dell'arresto di al– cuni compagni coi quali avevo la– vorato politicamente; infatti ero be– ne a conoscenza dei mezzi brutali e repressivi usati dalla polizia ita– liana, all'eterna caccia di « colpe– voli » ad ogni costo inoltre ero al– larmato dalla campagna di linciag– gio condotta dalla stampa borghe– se, mirante a creare un clima di « progrom » contro la sinistra rivo– luzionari. Pur essendo del tutto estraneo agli attentati, giudicai dun– que opportuno lasciare il mio Pae– se del « democratismo borghese», dove anche un rapporto di amici– zia o un legame di attività politica può essere pericoloso, e costituire prova di colpevolezza, come nel mio caso è poi effettivamente ac– caduto. Riparai a Losanna, con- . tando sull'appoggio di alcuni com– pagni del posto, e sulla vantata tra– dizione elvetica che concede l'a– silo politico a qualsiasi cittadino che nel suo Paese d'origine viene perseguito. In quella città fui arre– f.tato il 7-5-'69, su segnalazione del– ! ,nterpol (L'internazionale che af– iratella tutte le polizie, da quelle fa;,ciste a quelle «democratiche»!) Ahimè! mi accorsi subito di essere car.!1Jtodalia padella nella brace! Nor. solo ' ri,azionari magistrati s-.,::;:zerinon mi concessero l'asilo poii'ico. ma mi rinchiusero nel car– cere di Losanna, sottoponendomi a un duro regime carcerario e a strettissima sorveglianza; inoltre cercarono di imputarmi altri atten– tati avvenuti in Svizzera! Pazzesco: i reazionari sono tanto stolti, e quelli svizzeri in particolare, che non si curano neppure di evitare il ridicolo! I reazionari svizzeri oggi rinnegano le loro stesse leggi bor– ghesi che sulla carta concedono l'asilo politico; cercano di incrimi– narmi anche per dei fatti commessi nel loro territorio, territorio di sfrut– tamento del proletariato svizzero, degli emigrati italiani turchi, spa– gnoli, portoghesi, algerini ecc.! Sono gli stessi reazionari che l'an– no scorso mi negarono non solo ogni diritto all'assistenza legale, ma sbalorditivamente permisero al giu– dice Amati di interrogarmi in pre– senza di un P.M., di un alto funzio– nario della polizia politica e di altri adepti alla Santa Alleanza polizie– sca! A prescindere dalle sporche intese e dai mercanteggiamenti che ci sono stati fra «poliziotti-magistrati» italiani e svizzeri, per far sì che io venissi illegalmente estradato e consegnato nelle mani delle « Au– torità» borghesi italiane, ecco co– me i giudici reazionari svizzeri han– no cercato di « giustificare giuridi– camente » la mia estradizione, con– traria all'articolo 26 della Costitu– zione, che stabilisce: « L'estradizio– ne del cittadino non può in alcun caso essere ammessa per reati po– litici ». Alla pag. 3 di quella che i giudici fascisti svizzeri osano chia– mare «Sentenza» si legge: « Della Savia ha affermato d'aver agito, pur non essendo membro di alcuna as– sociazione politica riconosciuta, in segno di protesta contro l'azione della polizia italiana, che avrebbe con la sua brutalità causato la mor– te di due contadini siciliani. Egli ha quindi rivendicato il carattere politico dei suoi atti, opponendosi all'estradizione». Questo « enunciato » si riferisce al- le mie « confessioni » in merito al– l'attentato avvenuto in Genova nel dicembre 1968, confessione che, pur non avendo io commesso il fat– to, sono stato costretto a rendere al fine di vincere la riluttanza delle « Autorità » reazionarie svizzere a concedermi asilo. Ero convinto, cioè, che assumendomi momenta– neamente la responsabilità di fatti precisi - cui tuttavia ero estraneo - avrei finalmente usufruito di quel diritto di cui gode ogni cittadino perseguitato per motivi politici; pen– savo così di evitare di cadere nelle grinfie della magistratura italiana, la quale mi avrebbe tenuto lunga– mente in carcere in attesa di pro– cesso. Evidentemente questo è stato un errore, da parte di chi, non ancora pratico dei « metodi » poliziottardi, manteneva un residuo di ottimismo circa il grado di liberalità della ma– gistratura svizzera. Errore di valutazione soggettiva, che non solo non è valsa a evitare l'estradizione o ottenere l'asilo po– litico, ma che addirittura è stato elevato al rango di capo d'imputa– zione e autoaccusa. A distanza di tempo giudico con spirito autocri– tico questo errore, e consiglio tutti i militanti rivoluzionari di trarne esperienza e lezione. Quando si è colpiti da manovre poliziesche di questo genere, ogni concessione od ammissione, strappata con la violenza o l'inganno, è deleteria non solo sul piano personale, ma altresì su quello politico: tutto ser– ve alla borghesia e ai suoi scrivani per poter demigrare, umiliare e met– tere sotto accusa il movimento ri– voluzionario. Ed è proprio per col– pire quest'ultimo e coloro che ne fanno parte, che la borghesia in– ternazionale usa tutti i mezzi legali e illegali a sua disposizione. Infatti, cosa non hanno esitato a sostenere i giudici elvetici per giu– stificare la loro inqualificabile con– dotta di fascisti ansiosi di sbaraz– zarsi di me, e consegnarmi ai loro colleghi italiani? Cosa hanno fatto, per negarmi non solo il diritto di asilo, ma estradarmi in Italia? Lo possiamo agevolmente consta– tare dalle contraddizioni in cui si dibatte la sentenza stessa, che è un monumento di ipocrisia, di bru– talità e di incompetenza: giudizi questi non parziali e gratuiti, ma deducibili dalla sentenza e cioè dalle stesse proposizioni con cui si tenta di dare veste legale a un atto chiaramente ingiusto. • In primo luogo si dice che la sen– tenza stessa si « fonda sull'ordine di cattura emesso il 3 maggio 1969» dalla Procura milanese; si ammette in questo e altri passi, in modo molto chiaro, che l'innocenza o meno dell'imputato non viene nep– pure presa in considerazione, e che « il tema della colpevolezza sfugge alla cognizione del Tribuna– le Federale, giudice della estradi– zione, il quale è vincolato dalle ri– sultanze dell'atto di cattura, fin tan– to almeno che esso non contenga errori manifesti ». Quindi si ammette, poche righe più avanti, che « questa giurisprudenza è criticata nella dottrina, specie per il caso in cui l'opponente invochi un alibi». Ma conclude la sentenza: « occorre che il prevenuto sia in grado di dimostrare immediatamen– te e direttamente» la sua innocen– za, e aggiunge: « ma questo nel caso di Della Savia, non si awera in concreto, poiché l'alibi dell'im– putato... non può in questa sede essere vagliato ». E allora, che cosa hanno « vaglia– to » i giudici svizzeri, prima di dare la sentenza di estradizione? In real– tà, tutto ciò significa semplicemen– te una sola cosa: che per estradare un accusato qualsiasi basta un qualsiasi cervellotico ordine di cattura, più o meno fantasioso, e che l'accusato non ha né la possi– bilità né il diritto di .difendersi. La sua versione dei fatti non viene neppure considerata, e cioè è detto e ripetuto spudoratamente nella stessa sentenza!! Ecco perché, in ogni caso, nonostante le mie ini– ziali proteste d'innocenza e la pre– sentazione di alibi, l'estradizione sarebbe stata ugualmente conces– sa. E' così che la « libera democratica Svizzera » intende il rispetto per l'imputato e per il suo diritto alla difesa! E' ovvio che in questo modo, chiunque sia all'opposizione, nel proprio Paese, anche il più reazio. nario e fascista, può essere, in Svizzera, prima illegalmente cattu– rato,_e poi consegnato nelle mani del boia; il tutto con il più soave atteggiamento di virtuoso perbeni– smo da parte dei giudici svizzeri. Ed è pure ovvio che nessun gover– no reazionario e fascista, dalla Spa– gna alla Grecia, chiederà mai l'e– stradizione direttamente per '.'con– siderazioni di razza, di religione, nazionalità od opinioni politiche» ma troverà pur sempre il modo di spiccare « ordini di cattura» con imputazioni molto gravi, anche se dal tutto inventate. In ogni caso, come ha già- fatto notare il mio difensore, presentan– do istanza di scarcerazione per gravissima irregolarità di procedu– ra, l'ordine di cattura non è, come pretendono i giudici reazionari sviz– zeri, una dimostrazione di colpevo– lezza! Esso contiene solo ipotesi di accusa, che non sono valide si– no alla condanna definitiva: sino a quel momento, e lo dovevano sa– pere e tener presente i giudici svizzeri, io sono da considerare in– nocente, quindi per le stesse leggi borghesi, non ero né da estradare né da arrestare. Tutto ciò indipendentemente dal fatto che le accuse fossero o no d'indole politica. E con quest'ultima questione, si tocca un'altra gravis– sima violazione compiuta contro i diritti dell'uomo, le tradizioni, de– mocratiche e le convenzioni inter– nazionali. Gli estensori della sentenza cerca– no per pagine e pagine di dimo– strare l'indimostrabile, anche in questo campo. Arrampicandosi su– gli specchi, ricorrono alla loro pu– trescente arte di legulei ammuffiti: arrivano al punto di negare ad e– sempio il « carattere politico » del– l'attentato di Genova. A pag. 12 della «sentenza» si leg– ge: « ... affinché la predominanza del carattere politico possa essere riconosciuta, occorre che il delitto si situi nell'ambito della lotta con– tro o per il potere ... Tra l'atto e il fine politico deve sussistere un rapporto chiaro, stretto e diretto, non solo una relazione indiretta e lontana. Occorre inoltre che la le– sione cagionata sia in proporzione con lo scopo perseguito, e che gli

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