il Potere - anno I - n. 5-6 - novembre-dicembre 1970

pag. 6 LEOPOLDO PIRELLI Il a una di . me:nsio:ne D OPO il primo naturale exploit su- scitato a suo tempo, il famoso « rapporto Pirelli » sembra oggi messo in quarantena. Una quarantena, dicia– molo subito, quanto mai comprensi– bile, che non desta cioè eccessiva sor– presa, come non desta sorpresa qual– cosa che rompe anzitempo il suo ap– parire e poi silenziosamente rientra fra le quinte. Pirelli era già noto per il suo non dimenticato « pacchetto » che sembra– va voler prendere di contropiede gli stessi sindacati che già allora covava– no la nascita dell'<eautunno caldo». Si dice che Pirelli sia spesso rattristato per la « strana sorte » che sembra de– stinata a taluni suoi gesti intesi a rom– pere la crosta decisamente spessa del mondo imprenditoriale italiano. So– stanzialmente lo si considera un pri– vilegiato di lusso a cui tocca cioè rom– pere le file senza rischiare pratica– mente nulla. Lo si accusa addirittura di creare confusione, di forzare i tem– pi, insomma di fare dell'estempora– neo avanguardismo imprenditoriale quando e< gli altri>> imprenditori sono alla sbarra di un rodaggio pieno di ri– schi e di incertezze. Sono reazioni, queste, abbastanza comprensibili. Ciò che viceversa non è altrettanto comprensibile è forse la tristezza, se ci consentite di chiamar– la cosi, di Pirelli davanti alla serie di diffidenze e di scetticismi che ac– compagnano le suo « sortite ». Se in Italia trovare un imprendito– re della sua statura che non voglia ri– nunciare a fare un discorso « fuori dai ranghi» è decisamente difficile, altret– tanto difficile non ci sembra invece trovare una ragione alla quarantena che il « documento» ha trovato davan– ti a sé. Ora se da un lato è nota la «resistenza)) opposta dalle organizza– zioni sindacali, dall'altro è molto me– no nota la ragione di una resistenza ancora più tenace da parte del mon– do imprenditoriale. La nostra società è una società di grandi scompensi: non è difficile rico– noscerlo. Scompensi che generano dif– fidenze e più ancora muri cli silenzio quanto sorde e talvolta rabbiose ri– bellioni. In fondo Pirelli, nonostante il suo illuminismo rimane un « padro– ne)), rimane ancorato cioè ad una «parte)), resta insomma, lo si voglia o no, un « fatto di classe» e parlare di « classe » in Italia, in modo particola– re, diventa un rischio scontato, un ac– cadimento fatale e necessario. Si dice che il « documento Pirelli » ha avuto almeno il merito di « muove– re le acque » stagne di un mondo im– prenditoriale che non solo non ha mai avuto « rimorsi>> ma che è fisiologica– mente allergico a tutte le rimozioni più o meno innovatrici, sicché il << do– cumento )> non poteva non essere in· vestito della stessa sorte. Riparlarne oggi ha però un signifi– cato ben preciso e decisamente non « commemorativo )). Se questa quaran– tena esiste è perché esiste una ragio– ne che va affrontata. L'autunno caldo ha dato il via ad un processo che possiamo pacifica– mente considerare irreversibile anche se non privo di molte contraddizioni. Destinato agli imprenditori, il « docu– mento Pirelli » non poteva non trova– re quali diretti interlocutori le forze sindacali. Questa specie di «ponte» gettato fra le parti, è un ponte sul quale nessuno si è ancora avventura– to. Discuterne non basta se non si va al di là, se non si va cioè alle radici di questa diffidenza e per andare alle radici bisogna saper scavalcare le par– ti non tanto per mettersi al di sopra di esse quanto piuttosto per porsi a monte di queste, giacché la sola stra– da che ci consente di capire taluni perché è la strada « a rebours n. Scopriamo cosi come l'invito di Pi– relli agli imprenditori perché capisca– no il « loro tempo» (cioè il nostro tempo) è un invito rivolto in una lin– gua che gli imprenditori non hanno mai conosciuto. Da qui la loro resi– stenza, da qui lo sciorinìo delle loro «giustificazioni>), il loro negarsi de– terminato dal naturale nervosismo che suscita un invito che ci viene rivolto in una lingua che non conosciamo. Il « documento Pirelli » si trasforma così da « occasione storica» per la classe imprenditoriale italiana, in esame di coscienza impossibile per questa stes– sa classe. Il nuovo non è infatti la cor– rezione del vecchio ma il suo supera– mento. Il nuovo insomma è il becchi– no del vecchio, il nuovo è nascita ed ogni parto avviene con dolore specie in casi come questi. Ora di dolori la classe imprenditoriale italiana è dav– vero straricca tanto da non volerne cercare di nuovi. L'occasione storica a questo punto si incrina, si ripiega, si morde la coda per finire dietro le quinte in quaran– tena. Ma la tristezza di Pirelli (se Pi– relli per la verità ne ha una) non c'entra perché il suo metro, la sua misura appare scopertamente inven– tata a tavolino e la forza demiurgica del « messaggio )>che il « documento » voleva trasmettere diventa una sorta di « fuori gioco». Eppure, nonostante tutto, il «documento» resta una te– stimonianza che non possiamo igno– rare anche se ci appare chiaramente un fatto malato di ipertrofia, anche se tarato perché sostanzialmente epider– mico, perché incurante delle e< radici » e viceversa tutto inteso ad offrire un futuro al mondo imprenditoriale, un futuro che non avremo mai in ragio– ne di un passato che sopravvive a di– spetto, rancorosamente, coriacemente, ostinatamente. E' cosi a questo punto che scopria mo la natura unidimensionale del ma– nager, cioè la natura « monocorde >> di un personaggio che ancora crede al mito del processo economico al pun– to da farlo coincidere con la sola «politica» concepibile, con la sola « politica » ragionevole da fare e da imporre se non vogliamo cadere nel caos. Pirelli, si dice, certe cose dovrebbe saperle cioè ben conoscerle e tenerne il debito conto. Fare un « documento » come il suo è fare più o meno della poesia, una poesia che, ripetiamo, su– scita sospetti, diffidenze e resistenze da ogni parte. Ma che sia una cartina al tornasole oggi possiamo ben affer– marlo senza esitazioni ed allora dicia• mo che questo « documento» andava scritto e proposto, allora diciamo che Pirelli ha avuto un grosso merito, di– ciamo insomma che non soltanto è un'occasione storica ma addirittura un « passaggio obbligato» per chi voglia capire questo nostro tempo all'insegna dello scompenso. Ma dopo questo riconoscimento, la paternità di classe resta sempre inal– terata a dispetto forse del suo ispira– tore che ha voluto scavalcare queste « odiose » espressioni per confrontar– si invece a livello di << società civile n, senza però avvedersi bene come que– sta società non può essere inventata a tavolino ma si riconosce scavando a fondo fra le sue pieghe. Il guaio è che quest'opera di scavo non solleci– ta la fantasia degli imprenditori, nep– pure di quelli più illuminati, sicché la quarantena minaccia di tradursi in alienazione storica, in agonia sicura, in morte certa. II manager unidimensionale resta purtroppo ancora l'ostacolo maggiore a qualsivoglia decollo perché unidi– mensionale è ancora oggi la classe im– prenditoriale italiana. Confrontarsi a livello di società civile, significa infat– ti esattamente il contrario e certo non serve qui l'abilità del clown voltagab– bana per farsi accreditare da un mon– do operaio che è già molto più avanti di tutti gli illuminismi imprenditoria– li. Questa volta i miracoli non servo– no quando la realtà va guardata con entrambi gli occhi anche se la luce è tanto forte da ferirci al cuore. Franco Morandi bibliotecaginobianco il POlERE - -~- ., ~ . ' ~ . . ~----•;;.- ----------------~ ♦ ♦ : Il 11 MANIFESTO 11 : : E : ♦ : LA NUOVA M GGIORANZA: ♦ ♦ ♦ s ECONDO Lucio Magri (« Il ♦ ♦ Manifesto», n. 10-11), l'ac- : ♦ corda Dc-Pci è già interamente ♦ ♦ negoziato. Ed è negoziato sulle ♦ ♦ stesse basi su cui avviene l'ac- ♦ ♦ cardo del centro-sinistra: l'emar- ♦ ♦ ginazione di una parte del per- ♦ ♦ sanale politico dc («la destra più ♦ ♦ retriva»), ma la conservazione ♦ ♦ dell'unità del partito, in modo che ♦ ♦ ad esse « restino le leve fonda- ♦ ♦ mentali del potere » e il Pci col· ♦ ♦ labari ad un governo a direzione ♦ ♦ dc: « Il sostegno indiretto al go- ♦ ♦ vemo Colombo, il dialogo con ♦ ♦ Moro e con Andreotti permetto- ♦ ♦ no di valutare come il Pci par- ♦ : ~";i~~n~~~:~n;;~:~ar: :;:J~~l,~~:,: : te a "si11istra" la Dc salvaguar- ♦ : dandone la sostan=iale unità». ♦ ♦ Il disegno politico espresso da ♦ ♦ Magri è chiaro ed ha il vantaggio ♦ • di procedere secondo il metodo ♦ ♦ già collaudato da Aldo Moro. li ♦ ♦ mutamento più vistoso è che An- ; ♦ dreotti, da emarginando, dive11la ♦ ♦ emargina/ore. Chi sarà, allora, ac- ♦ ♦ cantonata nella Dc ? Scelba, or- ♦ ♦ mai, sembra divenuto un orna- ♦ ♦ mento del museo egizio di Tori- ♦ ♦ no; né crediamo che, per il sue- ♦ ♦ cesso de/l'operazione, sarà suffi- ♦ ♦ ciente l'eliminazione di Scalfaro ♦ ♦ e di Luci/redi: bisog11eràincide- ♦ ♦ re nel vivo delle carni dorotee. ♦ ♦ Per chi suonerà la campana? ♦ ♦ Per Rumor? Per Taviani? Per ♦ : Fanfani ? Forse il par/amen/are ♦ aretino - come lo chiamava una ♦ ♦ voi/a Franco Rodano - riuscirà ♦ ♦ ad evitare il sentiero che condu· ♦ ! ce al viale de/l'emarginazione. ♦ ♦ Può essereche abbia ancora qual- ♦ ♦ che caria da giocare. Tuttavia, ♦ ♦ qualche doroteo dovrà provare ♦ ♦ sulla sua pelle il giochetto fatto ♦ ♦ a suo tempo ai centristi, ai go- ♦ ♦ nelliani, ai pelliani. Ormai nella ♦ ♦ Dc vi sono gli strali come nelle ♦ ♦ epoche geologiche o nel collegio ♦ ♦ dei cardinali: prima epoca De Ga- ♦ ♦ speri, seconda epoca De Gaspe- ♦ ♦ ri, prùn.o Fanfani, primo Seg,zi, ♦ ♦ eccetera. Qualcuno di questi stra- ♦ ♦ ti scenderà un po' più in basso: ♦ ♦ ecco tutto. Nel frattempo ciascu- ♦ ♦ no cerca le migliori tattiche di ♦ ♦ sopravvivenza, siano esse di po- ♦ ♦ /emica, di mimetizzazione, di ♦ ♦ adattamento. ♦ ♦ Il Pci, per avvicinarsi al po- ♦ ♦ tere, deve avere il silenzio a si- ♦ ♦ nistra ? E' quel che dice « Il ma- ♦ ♦ nifesto ». ♦ ♦ Speriamo Jrancamenle che si ♦ ♦ sbagli. Un kombinat Moro-An- ♦ ♦ dreotti • Mancini appoggiato da ♦ ♦ Berlinguer potrebbe anche costi- ♦ ♦ tuire una maggioranza d'ordi11e. ♦ ♦ 111a se tale schieramento non po- ♦ ♦ tesse permettere la sua contesta- ♦ ♦ zione, dimostrerebbe di esseremo- ♦ ♦ ralmente debole e politicamente ♦ ♦ Jragile. ♦ ♦ Noi non intendiamo alimenta• ♦ ♦ re terrori preventivi su nessuna ♦ ♦ prospettiva politica democratica ♦ ♦ cllpace di riformare le istituzio- ♦ ♦ ni ed il costume politico, e di ♦ ♦ sottrarci al modello della società ♦ ♦ dei consumi. ♦ ♦ ♦ ♦ Ma ci batteremo contro ogni ♦ ♦ schieramento parlamentare che vo- ♦ ♦ lesse imporre l'unanimità forzo- ♦ ♦ sa al paese. ♦ ~ ................ t Novembre-Dicembre 1970 IL UITTADINO E LA POLITIUA Motivi • • di una ertst L' attuale momento storico è caratte- rizzato da profonde tensioni e da forti contrasti. Gran parte di essi sono dovuti ad un aspetto tipico della situa– zione attuale, la socializzazione. L'uomo, cioè, sente più fortemente il suo vivere in una comunità ed allarga progressivamente il proprio orizzonte co– munitario fino ad inglobare in esso per– sone geograficamente sempre più lontane. Il verificarsi di un senso di comunità e di solidarietà ha sempre rappresentato nella storia l'indice di un momento di crescita e di sviluppo, in cui le masse assurgono in forma attiva alla ribalta della storia. Da questo dinamismo dovrebbero derivare forti mutamenti. Un esempio sto– rico di questo fatto si può trovare nel passaggio dal mondo feudale a quello co– munale, frutto di energie sprigionatesi da un accrescersi del senso comunitario. Oggi soprattutto questo si delinea come una presa di coscienza di una grande massa di uomini, che, da un estremo al· l'altro del mondo, legati al lavoro ma– nuale, scoprono in questa solidarietà cosl pesante la realtà interiore e l'espressio– ne sociale del loro riscatto. E' quindi la classe dei lavoratori che si trova a fornire, con la trasformazione del regime capitalista, la base sociolo– gica di un possibile sviluppo dell'umanità. In particolare e concretamente oggi chi acquista il senso di sé come partecipante attivo nello sviluppo e nel progresso. ac– quisisce pure un vivo desiderio di par– tecipare alle scelte nodali della propria vita, di potersi cioè autodeterminare, in primo luogo quindi potendo rendere espli– cite le proprie preferenze e le p'roprie esigenze, nella sicurezza che vengano te– nute in considerazione ed enucleate nella attuazione di una linea politica che sia autentica realizzazione del bene comune. Oggi ci troviamo quindi di fronte a quest'energia che appartiene alla dinami– ca endogenea della storia e che nel suo esprimersi si scontra con le strutture esistenti, che non riescono ad essere vivificate da essa e che quindi progressi– vamente corroro il pericolo di inaridirsi. Restringendo il campo di analisi e ri– portandolo su un piano più concreto. ve– diamo alcune difficoltà di ordine pratico. Lo strumento principale che in teoria garantisce a tutti la possibilità di parte– cipare è il sistema elettorale. Le ele– zioni sono un meccanismo necessario, ma non sufficiente. In Italia inoltre sono diventate uno degli elementi che più as– sicurano stabilità e forza al sistema poli· tico quale è. Nel nostro Paese vi è per l'elettore una grossa difficoltà di scelta che lo spinge inesorabilmente all'inerzia o alle scelte preconcette ed aprioristiche. Esistono in– fatti troppi partiti, senz'altro sempre di più di quante possano essere le soluzioni dei vari problemi. Questo fatto costringe i singoli partiti a difficili e pericolosi fu– nambolismi verbali, che allargano sem– pre di più la spaccatura fra vertice e base. Accanto alle elezioni vi dovrebbe es- sere la partecipazione alla vita politica. attraverso i partiti ed altri organismi, oggi decisamente in crisi. Il motivo centrale di questo fatto è senza dubbio l'utilità relativamente bassa che il cittadino attri• buisce ai beni e ai servizi controllati dal processo politico di decisione, rispetto a quelli offerti dal mercato. A verifica di questa tesi possiamo por• tare il fatto che la partecipazione alla vita politica in genere è sempre meno sentita man mano che aumentano per i cittadini le possibilità di usufruire dei beni offerti dal mercato. Tra partecipazione politica e reddito monetario esistono approssimativamente singolari analogie: entrambi infatti non so– no beni di per sé, ma valgono in quanto mezzi per acquistare altri beni. Infatti. come il reddito viene utilizzato per ac– quistare nuovi beni. il processo politico serve per indiriuare e quindi acquisire i settori da esso controllati. Ma mentre col reddito si acquistano nuovi beni che vengono usati individualmente, con la partecipazione politica si ottengono beni collettivi. Data la connessione tra potere politico e potere economico e poiché questi beni servono per acquistarne altri, si è verifi– cato il progressivo delinearsi di due clas– si, che tendono a perpetuarsi naturalmen-– te e ad allontanarsi sempre più per pro– cesso spontaneo e che vengono caratte– riuate l'una da un immobilismo conser– vatore e l'altra dallo sprigionarsi delle fone storiche vitalmente nuove e rinno– vatrici. E' chiaro che uno dei mezzi per curare la crisi della partecipazione, può essere l'allargare la sfera pubblica di attività, fa– cendo sì che essa offra beni più richiesti. Un altro fatto che allontana il cittadi– no dalla vita politica è che una parte no– tevole delle decisioni da prendere siano assunte non più da organi rappresentativi (soprattutto il parlamento), ma da orga– ni burocratico-amministrativi. Da questo consegue che \'amministrazione diventa per lo più indipendente nei confronti del cittadino, che è subordinato ad essa in quasi tutte le sfere della propria vita. Questo porta a contrabbandare alcu– ne scelte di natura politica come tecni– che, operando in questo modo una misti– ficazione. poiché, nei rapporti sociali, ogni procedimento tecnico non esiste separato da una valutazione politica, che caratte– rizza il sistema. Questo fatto d'altra parte crea in molti il mito che la partecipazio– ne sia legata a precise competenze tec– niche e che quindi sia un qualche cosa da riservarsi agli • addetti ai lavori •. La partecipazione alla vita politica non deve essere solo uno strumento, ma an– che uno degli obiettivi primari di una società autenticamente democratica e so– prattutto non deve realizzarsi per mezzo di progressive e limitate concessioni da parte del potere costituito, ma deve tro– vare autonomamente. dato il suo essere risultanza di una dinamica storica, il suo concretarsi in forme spontanee e nuove nella finalità di rinnovare dal basso tutto il modo di far politica. Rosa Elisa Giangoia

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