Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

con una nota provocatoria aggiungerò che brani come quello di Smith prefigurano un lettore la cui autorità è a sua volta limitata. Mi domando se la tendenza tra i critici letterari ad annullare la distanza tra la scrittura consapevolmente ideologica e la presa intenzionalmente oggettiva - a trattare ogni scrittura come non solo ugualmente ma anche similmente interpretativa cosicché tutti i testi, come la leggenda dei cannibali del Nuovo Mondo, sono totalmente soggetti ad interpretazione - mi domando se questa pratica non possa riflettere la riluttanza dei critici e constatare i limiti della propria autorità e insieme quella dei testi. E questo perché, se la storia prima del fatto è incerta e solo parzialmente modellata, così saranno anche i nostri resoconti di essa. Non possiamo realmente dire che l'incoronazione di Powhatan sia stata interamente una appropriazione, né che l'appropriazione sia fallita. Nel passo, infatti, l'evento più importante, non è affatto il risultato, ma l'intera azione. In relazione al XVII secolo, il vedere l'intera azione sul palcoscenico della costruzione dell'impero fa sì che essa sembri meno determinata e che i costruttori dell'impero abbiano meno diritti. Ma ciò che io sostengo è che, nella nostra interazione con il fatto ora compiuto dell'impero, il focalizzarsi sulle sue incertezze precedenti ha un effetto degradante anche su di noi che, sul palcoscenico della caduta dell'impero europeo, con questa caduta perdiamo a nostra volta qualcosa della nostra autorità e diventiamo soltanto i coautori delle nostre cronache dell'incertezza. Myra Iehlens Traduzione di Flaminia Nicora. 219

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