Il piccolo Hans - anno XIX - n. 75/76 - aut./inv. 1992-1993

Il bambino che non è guardato, non è ascoltato, non gli è parlato, non è toccato, incorre in una metamorfosi: un'ala di pipistrello gli tappa le orecchie, la bocca gli è chiusa da un'armatura, gli occhi ridotti a uno solo, come nel malocchio, si rovesciano all'indietro, escono dalla testa e galleggiano nello spazio, la testa li segue staccata dal corpo. Redon trascorre l'infanzia, fino a undici anni, senza frequentare scuole, nella solitudine della tenuta paterna nel Médoc, a Peyrelebade, affidato a un vecchio zio. In quel paesaggio riassuntivo di tutta la natura, tra alberi secolari e paludi, lande desolate e vigneti, vicino al mare, si appassiona al disegno e continuerà a dedicarvisi in tutti i mesi della bella stagione per quasi tutta la vita. In occasione di uno di questi ritorni scrive a Emile Schuffenecker (ottobre 1892): "Bisogna conoscerla, questa Madre infinita, che è laggiù, nei campi, per sapere ciò che proviamo, noi, ritornando in città. Quale abbandono! È una vera morte. Bisogna cambiar pelle, riprendere la vita falsa che viene detta cerebrale, in cambio di ciò, che non si penserebbe nella solitudine! Ma come! non ci sentiamo triplicati nell'anima e nel cuore?" Si consideri, dall'album che Redon dedicò A Edgar Poe (1882), l'immagine dal titolo Z:oeil, camme un ballon bizarre se dirige vers l'infini (Mellerio, 38), Z:occhio, come un pallone bizzarro si dirige verso l'infinito. L'occhio stralunato, circonfuso da un'aureola di ciglia spinose, trascina in alto la testa, tagliata come la punta di un uovo sodo, elevandola al di sopra di un suolo paludoso da cui spunta un ciuffo di canne. Redon rifiutò sempre tenacemente, resistette a qualunque pressione, negò a ogni persona o personalità di "spiegare" i suoi "neri". E ogni volta spostò il discorso dal contenuto, dalle cause, dalla matrice, alla tecnica, forse perché in questo, come vedremo, sta effettivamente la risposta. Ma oltre a ciò, oltre a questo spostamento che ci ri170

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