Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

so - pura scarica pulsionale; e anche l'ipotesi, più sottile, dell'«operatore musicale» di un impressionismo già versato in espressionismo. I reperti forniti dal testo vanno, io credo, in altra direzione. Nelle «Stanze» si riscontrano forme interiettive al loro minimum («ahi», «no», «ahimè»): «Ahi quale orchestra frange fresca il mare...»; «Ove il furgone/ duro s'inerpica ahimè, se una prima/ nube la copre...»; «Ma no! allo Zerbino...»; «Col suo lume la notte, ahi se compare...». Però è soprattutto nel «contesto» che si addensano gli episodi più significativi di tale uso: nelle «Biciclette», nei «Lamenti» e, recedendo appena un poco, in forma addirittura parossistica nei «Sonetti dell'anniversario». Si può dire che nella funzione già indicata di cerniera, le «Stanze della funicolare» facciano da spartiacque fra il Caproni «interiettivo» e il Caproni «epigrafico» o «epigrammatico», che comincia dopo Il passaggio di Enea - che s'impietrisce, si frantuma, o meglio si dirada nei suoi enunciati minimi ed enormi, in quella danza intellettuale fra parole e vuoti che Pound avrebbe chiamato «logopoeia». Un esame attento delle occorrenze mette in rilievo un carattere capitale. «Le carrette del latte ahi mentre il sole», «Ahi i nomi per l'eterno abbandonati», «Il vento ahi quale tenue sepoltura», «Nella luce agitata ahi la lettura», «Col suo lume la notte, ahi se compare»: nella maggioranza dei casi le interiezioni non solo si depositano sulla catena del verso senza integrarne il valore semantico, insomma senza «informare», sia pure a livello di connotazione emozionale; ma non sono indispensabili per completare il metro: le undici sillabe correrebbero in ogni caso. Ciò induce a qualche congettura sulla funzione diversa assegnata all'interiezione nella scrittura di Caproni. L'interiezione sarebbe un indice che marca il luogo dove qualcosa non è potuto venire ad espressione - per censura, per impossibilità del dire: falla, mancamento. 128

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