Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 70 - estate 1991

per tacitare semplicemente un interlocutore privo di tatto sarebbe piuttosto superficiale, così come sarebbe riduttivo vedere nell'affermazione di Weiss solo un modo elegante di aggirare l'ostacolo, rappresentato da una domanda imbarazzante. E perché mai Freud, che peraltro già conosceva i sentimenti filoitaliani dell'allievo triestino, aveva voluto quasi metterlo alla prova, interpellandolo sulle parti belligeranti? Anche se Freud, allo scoppio della guerra mondiale, aveva dimostrato di parteggiare con un certo entusiasmo per le Potenze centrali5 -entusiasmo destinato ben presto a scemare di fronte agli orrori della guerra e al conseguente imbarbarimento della società civile6 -rimase sempre indenne da ogni sorta di nazionalismo. Per questo è da escludere tanto che la domanda posta a Weiss sia stata dettata da uno spirito di parte, quanto che il compiacimento per la sua risposta abbia avuto alfa base dei sentimenti razziali. Perché Freud, pur riconoscendo sempre il suo profondo legame con l'ebraismo - come nel messaggio inviato nel 1926 ai membri dell'Associazione ebraica B'nai B'rith terrà a precisare - aveva sempre cercato di reprimere l'orgoglio nazionale ebraico quando ne sentiva l'inclinazione «come qualcosa di calamitoso e di ingiusto», spaventato dagli esempi ammonitori dei popoli in mezzo ai quali gli ebrei vivevano7 • Bisognerà dunque indagare che cosa implicava per Freud essere e professarsi ebreo, per capire perché abbia tanto apprezzato la risposta di Weiss. Prima però sarà opportuno soffermarsi sulle vicende, che portarono Freud ad acquistare una salda, orgogliosa coscienza della propria identità ebraica. Ebreo di nascita, uscito da un ambiente familiare ancora parecchio attaccato ai modi tradizionali di vita ebraica, con un padre di origine galiziana mai completamente 178

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