Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 70 - estate 1991

ma puntualizzazione della parola in questione, si legga il seguente brano (p. 735): [...] in gran parte quelle storielle erano vere. Non so più dire in quanta parte perché avendole raccontate a tante altre donne prima che alle figlie del Malfenti, esse, senza ch'io lo volessi, si alterarono per divenire più espressive. Erano vere dal momento che io non avrei più saputo raccontarle altrimenti. Oggidì non m'importa di provarne la verità. Non vorrei disingannare Augusta che ama crederle di mia invenzione. In quanto ad Ada io credo che ormai ella abbia cambiato di parere e le ritenga vere. È chiaro ormai che le posizioni contraddittorie, false ed equivoche di cui dà atto la parola del testo di Svevo, si dichiarano tali solo «faute de mieux»: giacché per l'assenza (la sospensione) dell'enunciazione di base, non si dà garanzia nemmeno della contraddizione, dell'equivoco e della menzogna. Provvedendo, anche per Svevo, a una definizione dell'enunciazione narrativa, potremo perciò concludere così: un caso di enunciazione derealizzante di tipo dialogico, a struttura comunicativa rientrata (autoriflessa) e destituita di fondamento. Stefano Agosti 144

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